Fino agli inizi degli anni 2000 le console erano tutte più o meno simili: parallelepipedi grigi o neri senza troppa fantasia, del resto era più importante quello che c’era all’interno o che girava sulle console.
Poi, ad un certo punto, e siamo nel 2001 e più precisamente il 14 settembre, solo 3 giorni dopo il terribile attentato al World Trade Center di New York, i negozi giapponesi vengono invasi da un simpatico cubo color indaco nato dall’inventiva del colosso di Kyoto che tutti conosciamo come Nintendo.
Il GameCube, così si chiamava (e si chiama ancora oggi) la sesta generazione di console della casa di Super Mario non sarebbe giunta in Europa prima di un intero altro anno, uscendo nel mese di maggio proprio in concomitanza con i Mondiali di calcio 2002 che quell’anno si tennero in Giappone e Corea del Sud.
Personalmente sono sempre stato un appassionato Nintendo, fin dal mio primo incontro con il primo e indimenticabile Super Mario; tuttavia, non avendo grandi possibilità economiche e non potendo decidere in autonomia ero stato costretto a saltare la generazione Nintendo 64 e anche in quell’occasione ricevetti una PlayStation 2.
Tutta colpa di Mario…
Il richiamo di Mario, per l’occasione in versione Sunshine era troppo forte per cui alla prima occasione utile con alcuni euro risparmiati da un viaggio d’istruzione, riuscii a portare a casa un cubetto usato.
In realtà il primo gioco con cui avviai la console non fu uno dei grandi classici di casa Nintendo, bensì Rocky; ci tengo a precisare che era in regalo con la console, e che comunque la saga di Rocky Balboarimane una delle mie preferite.
Nonostante dopo pochi giorni riuscii ad accaparrarmi anche il tanto desiderato Super Mario Sunshine, fu proprio il titolo dedicato allo Stallone Italiano a farmi riflettere: nonostante le dimensioni compatte, di certo inferiori alla concorrenza offerta da PlayStation e soprattutto dalla gigantesca Xbox, la qualità grafica non era per niente al ribasso e quell’adesivo che indicava la presenza di una scheda video ATI lasciava ben sperare.
Mi sono quindi trovato di tanto in tanto a riflettere su quelle magie nascoste che la console compiva per far girare tutti i suoi capolavori e i vari multipiattaforma che all’epoca non soffrivano i competitor. Quasi tendevo a pensare che parte del merito fosse di quella forma particolare: non un semplice cubo, ma una scatola portagioie, uno scrigno del tesoro, se paragonato al grattacielo futuristico cui somigliava la PlayStation 2 o al videoregistratore per cui poteva essere scambiata la nuova contendente nell’arena, ovvero Xbox.
Difficilmente una console è stata così bella a vedersi, e con dimensioni così ridotte. Oggi solo Xbox Series S appare così aggraziata, ma non ha la maniglia.
Già, la maniglia. Per me è una delle idee vincenti del GameCube, che così era sempre pronto per essere portato in viaggio o a casa di un amico. E’ vero, aveva anche una porta ethernet per i collegamenti tramite modem a 56k ed esistevano già alcuni titoli giocabili online, con risultati alterni.
Ci stavamo avvicinando all’era di internet anche con le console; Nintendo tuttavia vedeva il multiplayer ancora come una sfida da divano tra amici, al massimo con un paio di GameBoy Advance connessi con un cavo speciale. Quindi l’estrema portabilità della console ne faceva un match winner senza appello o quasi e rendeva GameCube l’ultima grande console offline, l’ultima con confini ben definiti.
Detto così sembra che voglia quasi sminuire il cubetto, con dei limiti che in realtà non aveva. Ma quando ripenso al GameCube penso ad una sorta di età dell’innocenza ormai persa nel seguirsi delle generazioni in cui i videogiochi trasudavano la stessa magia di cui erano fatte le console.
Li giocavi sulla tv, è vero, ma vivevano solo e soltanto dentro la console e quando li acquistavi ti davano un’esperienza completa e definita: nessuna patch, nessun DLC, nessun aggiornamento da scaricare al Day One e tutto quello a cui ormai ci siamo abituati. Tristemente, per certi versi.
GameCube, non una console portatile, ma quasi!
Se volevi condividere tutto questo bastava afferrare il GameCube per la sua maniglia e portarlo fisicamente dalle persone con cui volevi giocare.
Il gioco che più di ogni altro ricreava questo feeling è stato Animal Crossing con il suo essere un mondo in una palla di vetro o in una bottiglia. Un semplice villaggio, inquadrato dall’alto, in cui la vita scorre tranquilla seguendo dei rituali e il tempo è scandito dall’orologio interno del GameCube.
Un gioco così piccolo che si diceva potesse girare anche senza il disco, basato sul concetto di comunità ma in cui per visitare una cittadina era necessario inserire fisicamente la memory card nella console.
I visitatori si presentavano quindi davvero con un bagaglio in mano.
All’epoca non era uno dei miei giochi preferiti come lo è oggi, difficilmente un liceale ha una vita movimentata al punto da doversi rilassare con una vita virtuale. Tuttavia mi sono trovato spesso a giocarci e rimane, insieme a Mario Sunshine, The Legend of Zelda: The Wind Waker e Metroid Prime, uno dei ricordi più nitidi e piacevoli legati al cubetto.
The Wind Waker appunto: il primo gioco della saga a cui abbia mai giocato e il primo che abbia mai finito. Una meraviglia all’epoca, come da tradizione della saga di Zelda, in cui ogni capitolo sembra toccare vette insuperabili (e inarrivabili per altri titoli) salvo poi compier un ulteriore passo avanti con il capitolo successivo.
In questo caso quell’enorme oceano blu con una mappa ricca di isole era per l’epoca davvero emozionante: un tuffo sotto l’acqua, in quel blu profondo e imperscrutabile ed ecco Hyrule sprofondata ma identica a come l’avevamo lasciata in Ocarina of time. Anche qui, un castello con i suoi tesori racchiuso in uno scrigno viola, anzi indaco.
The Wind Waker fu il mio primo Zelda, poi ho recuperato quasi tutta la serie, e rimane parte del fascino di GameCube; 20 anni fa, dopo alcuni anni di lontananza rientrai nel mondo Nintendo e scoprii che era molto cambiato.
C’erano giochi horror come il celebre Eternal Darkness, strani ma ricchi di cultura letteraria e sviluppati con passione. Anche gli FPS, la gran moda del momento, entravano nella libreria di titoli della grande N con Metroid Prime che nonostante tutto rimaneva un’avventura solida e appassionante.
Tra i titoli che rimpiango di non aver mai giocato c’è P.N.03, una perla di Shinji Mikami che è riuscito a rendere appassionante un gioco con una palette quasi monocromatica e un gameplay che tanti limiti imponeva ai giocatori.
Non è un best of…
A questo punto, messo così, questo articolo potrebbe sembrare il classico listone con il best of di una console ma in realtà non è così: pur essendo tutti titoli appartenenti alla stessa console, ognuno di loro è riuscito a spingersi fino ai limiti del proprio genere, migliorandolo e gettando le basi per le generazioni future, come quando dei colori si mescolano su una tela e insieme formano nuove e brillanti tonalità inattese.
Quello che voglio dire, e che può risultare anche complesso da capire per chi non ha mai vissuto quella generazione, è che GameCube aveva una sua precisa cifra stilistica che è riconoscibile a prima vista e accomuna tutti questi titoli.
A loro volta, nonostante le varie remastered e collection, tutti questi titoli rimangono strettamente legati al tempo e alla console per cui sono usciti in origine.
Prendiamo Luigi’s Mansion, titolo di lancio della console di cui è uscito qualche anno fa il porting su 3DS; magari non sarà un titolo fondamentale per la storia del videogioco come Mario 64 e lo strano controller con cui si giocava, non sarà neppure una sorta di demo delle capacità dell’hardware come Yoshi’s Touch ‘n’ Go ma con tutta quella chincaglieria impolverata e tutti gli specchi della villa è tipicamente GameCube. In una maniera forse inspiegabile a parole.
Dopo essere stato protagonista negli anni ’90 di Mario is Missing!, Luigi si avvicina con la sua mano guantata ad una porta e prova a girare la maniglia. Una sequenza abbastanza inconsueta per una serie come questa, ed entra in una nuova stanza,piena di fantasmi e segreti.
E se Luigi’s Mansion 2 è stato uno dei best seller su Switch, ancora una volta tutto è nato con GameCube, vero e proprio scrigno di tesori che per certi versi non abbiamo più raggiunto a 20 anni di distanza.