Avere la possibilità di tracciare la storia di un team come Bungie è per me un grandissimo onore. Lo sviluppatore statunitense, noto soprattutto per Halo e Destiny, festeggia in questi giorni il suo trentesimo anniversario. Un’età, quella dei 30 anni, che magari in molti può iniziare a regalare i sintomi della crisi del trentenne dei giorni nostri: nel caso di Bungie però, sento possa essere soltanto l’inizio di un nuovo percorso, tra un Destiny 2 perfettamente rilanciato e un futuro che ha le potenzialità di essere molto promettente.
Si fa in fretta a parlare di questo studio come di “quelli di Halo, dai” oppure allinearlo semplicemente al percorso di Destiny tracciato negli ultimi sette anni. In realtà c’è molto di più e gli albori di questo sviluppatore ci hanno regalato altri titoli che sono entrati nella storia dei videogiochi, come Marathon e Myth che, se sei videoludicamente anziano come il sottoscritto, ricorderai con piacere.
30 anni di Bungie: La nascita e i primi giochi
Facciamo un lunghissimo passo indietro nel tempo. Diciamo giusto di 30 anni, ecco. Alex Seropian, laureando in matematica all’Università di Chicago, sviluppa Gnop!, che altro non era che una versione scopiazzata del ben più celebre Pong. Un nuovo inizio comunque, in un’epoca ben diversa dalla nostra, che portò di fatto alla pubblicazione del gioco sotto l’etichetta di Bungie.
Bisogna aspettare però il maggio 1991 per l’incorporazione ufficiale dell’azienda, nata come Bungie Software Products Corporation, allo scopo di pubblicare un altro titolo: Operation Desert Storm, che vendette circa 2.500 copie.
L’incontro che di fatto ha cambiato la vita di Seropian, e di Bungie stessa, è quello con il programmatore Jason Jones, che a sua volta stava lavorando al porting di un gioco chiamato Minotaur, da Apple II a Macintosh. I due hanno lavorato insieme per lanciare il titolo nel 1992 dividendosi i compiti: Jones continuò ad occuparsi della parte relativa alla programmazione, mentre Seropian pensava al design e alla pubblicità. Anche qui le copie vendute furono circa 2.500.
Non fu dunque un successo clamoroso, tanto che la coppia non poteva permettersi di assumere personale e assemblava a mano le scatole delle copie del gioco destinate alla vendita. Peraltro, il piccolo team lavorava esclusivamente su piattaforma Macintosh, e non sul più popolare Windows, perché si trattava di un sistema aperto: oltre che l’unico conosciuto da Jones. In ogni caso, le vendite di Minotaur furono sufficienti per dar vita a un altro progetto.
Si chiamava Pathways into Darkness: lanciato nel 1993, il concept del motore grafico 3D era ispirato al ben più famoso Wolfenstein 3D, sparatutto che spadroneggiava all’epoca. In realtà Pathways era più un action adventure, che ebbe pure un clamoroso successo di critica e pubblico, tanto da ricevere numerosi premi da parte della stampa specializzata.
Si può dire, senza remore di smentita, che il titolo fu il primo vero grande successo commerciale di Bungie, che poté quindi ingrandirsi e spostarsi in uno studio dall’aspetto più professionale. Ma era solo l’inizio.
30 anni di Bungie: agli albori di Halo con Marathon
Per lo sviluppatore parte il momento che l’ha di fatto lanciato tra i principali studi di successo del settore. Quello che doveva essere il sequel di Pathway diventa presto uno sparatutto in prima persona con elementi sci-fi (vi ricorda qualcosa?) chiamato Marathon. A suo modo, fu un gioco rivoluzionario per l’epoca e il genere di appartenenza: introdusse la possibilità di saltare sfruttando un’esplosione nelle vicinanze e soprattutto l’utilizzo della visuale libera in verticale con il mouse.
Già con Marathon, cosa che Bungie ha dimostrato in futuro con Halo e Destiny, lo studio volle dare una particolare importanza alla storia. In giro per i livelli era possibile trovare dei terminali di computer che davano la possibilità di ricevere dettagli su quella che di fatto era la “lore” (prima non si chiamava così, lo sappiamo) del gioco.
Il successo, manco a dirlo, superò persino quello di Pathway e il lancio, avvenuto nel dicembre del 1994, costrinse il team ad affidarsi a una società di spedizioni esterna per gestire le decine di migliaia di ordini ricevuti. Marathon era di fatto per i Mac ciò che DOOM e Wolfenstein erano per i PC Windows: e credetemi, non è poco.
Nel novembre 1995 arriva l’inevitabile sequel, Marathon 2: Durandal, che introdusse la modalità cooperativa che ha fatto tanto la fortuna di Bungie con i suoi titoli successivi. Halo, ovviamente, su tutti. Il gioco fu anche più popolare del suo predecessore, tanto da spingere la compagnia al clamoroso porting su Windows 95, non senza qualche polemica da parte dei suoi fan. Forse anche per questo motivo, il suo successore, Marathon Infinity, rimase un’esclusiva per Macintosh.
In ogni caso, per Bungie era arrivato il momento di guardare oltre il suo passato e cambia nuovamente genere: nasce Myth, una serie di strategici che era più concentrata sulla gestione delle proprie unità tattiche, piuttosto che sulla raccolta delle risorse, come poteva accadere con giochi simili del calibro di Age of Empires. Anche in questo caso il successo di critica e pubblica fu unanime: la decisione di lanciare il gioco in contemporanea su Windows e Mac contribuì alla sua rapida diffusione.
Bungie cresce, si espande, si permette anche di aprire una filiale californiana che diventerà famosa per aver prodotto soltanto un titolo: Oni, lanciato per PC, Mac e…PlayStation 2! Nel frattempo però sorgeva la leggenda: nel 1999 venne annunciato un certo Halo Combat Evolved.
30 anni di Bungie: il successo di Halo, il matrimonio e il divorzio con Microsoft
Forse in pochi sanno che la prima presentazione pubblica di Halo risale al Macworld Expo 1999 e venne fatta addirittura da Steve Jobs in persona. Il gioco, nella sua forma originale, era uno sparatutto in terza persona per Windows e Mac. Le sue potenzialità attirano però le attenzioni di Microsoft, che era in cerca di un valido esponente per promuovere la sua prima console per videogiochi: Xbox.
Il 19 giugno 2000, infatti, il colosso di Redmond annunciò l’acquisizione di Bungie. Lo studio era stato corteggiato da diverse compagnie, Activision compresa, ma infine decise di accettare l’offerta di Microsoft per diverse ragioni. La prima, quella più importante, fu il fascino di poter lavorare con un ruolo di primo piano a un gioco per la nuova rivale di PlayStation e Nintendo. La seconda era prettamente tecnica: il supporto di un colosso come Microsoft poteva tamponare eventuali problematiche ai suoi giochi, che in passato erano anche costate care a Bungie. In ogni caso, Seropian e Jones pretesero che tutti all’interno della compagnia fossero d’accordo con l’acquisizione. Così è stato.
All’E3 2001 di Los Angeles avvenne la prima presentazione di Halo come sparatutto in prima persona per console Xbox. Volete la verità? Fu un vero disastro. La demo mostrata al pubblico, al di là delle sue potenzialità, era zeppa di problemi e sembrava raccontare di un gioco che sarebbe stato incapace di avere un ruolo di peso su un mercato difficile come quello dei videogiochi per console. Il lancio della macchina era però fissato e non si poteva più tardare.
Non so se sia corretto usare il termine “sorpresa”: sta di fatto che la brutta demo dell’E3 fu un lontano ricordo e Halo divenne rapidamente il simbolo di Xbox e il più grosso successo commerciale nella storia di Bungie. Il gioco, acclamato dalla critica, vendette oltre 6.5 milioni di copie, dando vita ad un sequel, Halo 2, che nel 2004 stabilì un nuovo record per l’industria dell’intrattenimento generando guadagni superiori ai 125 milioni di dollari.
Halo 2 ebbe peraltro un altro merito fondamentale: diffondere in maniera decisa l’online su console tramite una piattaforma fresca di lancio chiamata Xbox LIVE. Il multiplayer del secondo capitolo della serie di Master Chief è stato il precursore di molte cose che oggi diamo per scontate nei titoli online. Un successo clamoroso che rese poi Halo 3 il titolo più atteso per la seconda console di casa Microsoft: Xbox 360.
Il terzo episodio fece addirittura meglio: lanciato nel settembre 2007, nel giro di 24 ore generò guadagni pari a 170 milioni di dollari, collezionando oltre 3.3 milioni di copie vendute in 3 giorni solo negli Stati Uniti. Un ritmo impressionante che all’epoca fece scalpore, nonostante la consapevolezza della grande attesa. Intanto però nubi scure offuscarono il rapporto tra Microsoft e Bungie e soprattutto il futuro della serie.
Neanche un mese dopo il lancio di Halo 3, le due compagnie annunciano la loro separazione. Bungie ha scelto di prendere una strada indipendente, formandosi come Bungie LLC, una società privata a responsabilità limitata. L’accordo prevedeva il mantenimento di una quota di minoranza da parte di Microsoft, che avrebbe preso anche i diritti di sfruttamento di Halo. D’altro canto, la collaborazione con Bungie per nuovi capitoli della serie sarebbe comunque andata avanti.
Era chiaro in ogni caso che le cose non potessero funzionare in maniera liscia come una volta. Bungie aveva previsto di presentare un nuovo gioco in occasione dell’E3 2008, ma la presentazione venne annullata, pare da Microsoft stessa. Il titolo venne annunciato qualche mese dopo come Halo 3 Recon, espansione prequel del gioco, quella che sarebbe poi diventata un’esperienza standalone: Halo 3 ODST.
La chiusura definitiva del rapporto tra Bungie e Microsoft arrivò con Halo Reach: prequel dell’intera serie presentato all’E3 2009 e lanciato nel 2010. Un altro successo di critica e pubblico, ma le strade delle due società adesso si separano definitivamente.
Halo venne ereditato da 343 Industries, un nuovo studio formato da Microsoft con diversi ex-esponenti di Bungie, mentre il team cominciò ad occuparsi di un nuovo ambizioso progetto su scala decennale in collaborazione con, guarda un po’, Activision. Nacque così Destiny.
30 anni di Bungie: lancio, successo, caduta e rinascita di Destiny
Il progetto Destiny, inizialmente noto come “Project Tiger”, aveva un solo requisito fondamentale: Bungie doveva essere l’unica detentrice dei diritti di sfruttamento. Venne proposto a Microsoft stessa e persino a Sony, la storica “rivale” di Xbox: entrambe le compagnie però puntarono i piedi circa la proprietà del marchio. Per il team era una condizione non negoziabile, che infine venne accettata da Activision Blizzard, a patto che il gioco avesse mantenuto certe performance finanziarie.
Il publisher fece sapere che i costi complessivi di sviluppo, inclusi quelli del marketing, furono pari a circa 500 milioni di dollari. Bungie ci tenne più volte a sottolineare come il peso maggiore fosse relativo proprio alle spese sulla pubblicità, su cui non aveva il controllo.
In ogni caso, dopo una prima presentazione in casa PlayStation avvenuta all’E3 2013, Destiny venne lanciato nel settembre 2014 per PlayStation 3, PlayStation 4, Xbox 360 e Xbox One. Era il debutto assoluto di Bungie su una console diversa da Xbox, ma soprattutto l’inizio di un nuovo viaggio. Destiny era stato concepito, appunto, come un progetto decennale e fu un vero successo.
Il team di sviluppo è stato molto bravo a gestire anche il post-lancio, che di fatto ha veramente creato la community che oggi ruota attorno alla serie. Espansioni del calibro di “L’Oscurità dal Profondo” e il “Casato dei Lupi” furono un innesto importante, ma fu con “Il Re dei Corrotti” che il gioco conobbe una crescita di popolarità pari soltanto forse a quella del lancio. Gli obiettivi erano insomma stati raggiunti, era il momento di pensare al sequel.
E qui iniziò paradossalmente il periodo più complicato nella storia di Bungie. Arrivò il divorzio con Martin O’Donnell, storico compositore dei suoi giochi, ma anche varie vicissitudini e diatribe interne, legate proprio allo sviluppo di Destiny 2. Frenato dai limiti tecnici di PlayStation 3 e Xbox 360, il gioco passò unicamente a quelle che allora erano le console di nuova generazione, PlayStation 4 e Xbox One, con lancio nel 2017.
Dopo un momento difficile, dovuto anche a una comunicazione non sempre chiara circa la natura della produzione, il titolo riuscì a replicare e confermare il successo del predecessore. Nel 2019 lo si rese addirittura un free-to-play, lasciando alle espansioni ed altri contenuti l’onere del pagamento. Ancora oggi si tratta di uno dei titoli più giocati su PC e console, con una folta community in trepidante attesa de “La Regina dei Sussurri”, il quinto DLC del gioco atteso a febbraio 2022.
30 anni di Bungie: il divorzio da Activision e il futuro di Destiny
Bungie e Activision chiusero il loro rapporto nel 2019, con due anni di anticipo rispetto quanto pianificato. Come previsto, lo studio ha mantenuto tutti i diritti di pubblicazione e sfruttamento sul marchio, preoccupandosi autonomamente di qualsiasi espansione o episodio inedito futuro.
Bungie tenne a precisare che non si trattò di una separazione burrascosa, ma semplicemente di un divorzio amichevole legato a diverse idee su dove avrebbe dovuto dirigersi il franchise di Destiny.
Adesso, la compagnia guarda al futuro con ottimismo. Nel 2021 è stata annunciata un’importante espansione che ha portato al raddoppiamento dei suoi spazi nella sede centrale in Washington e che nel 2022 culminerà con l’apertura di un nuovo studio ad Amsterdam.
Questo permetterà di continuare a sviluppare il futuro di Destiny, mentre sta sorgendo quella che sarà la prossima proprietà intellettuale della compagnia: il target di lancio è al momento fissato entro il 2025. Comunque vada, non può che esserci curiosità per il prossimo viaggio di uno studio che ci ha regalato mondi, storie e personaggi indimenticabili.
Per aspera ad astra, Bungie.