Quando ero un videogiocatore alla prime armi, in epoca di Nes e famicloni vari, una delle tipologie più diffuse di cartucce era quella che prometteva un numero esorbitante di titoli in un unico involucro.
Per noi minori squattrinati era l’eldorado, spendere le nostre sudate paghette e portarci tutto il meglio sul mercato in un colpo solo; parecchi anni dopo un venditore, l’ormai arcinoto Roberto Artigiani, salì agli onori delle cronache di internet per una sua televendita in cui imboniva gli sventurati spettatori con la stessa tecnica, quantità più che qualità.
Tutto questo preambolo per arrivare ad un’unica conclusione, per dirla con gli inglesi: less is more. Sempre.
Nessuna di quelle cartucce manteneva le promesse, infarcite come erano di versioni tarocche dei soliti 3 o 4 classici, insegnandomi quindi a diffidare chi punta solo ed esclusivamente sul numero di giochi.
Nonostante il passare degli anni queste premesse sono sempre valide, motivo per cui mi sono approcciato a 30 in 1 Game Collection: Volume 2 (d’ora in poi 30 in 1, per comodità) con molto scetticismo, senza in effetti essere smentito.
Il titolo in questione propone una struttura leggermente diversa da altre collection, per certi versi più simile a quella di alcuni titoli mobile. I 30 giochi sono suddivisi all’interno di 6 isole, ciascuna delle quali diversamente tematizzata secondo i generi più classici (horror, fantasy, fantascienza..), sbloccabili solo ed esclusivamente dopo avere giocato almeno una volta a tutti i 5 titoli presenti in quella precedente. Oltre a provare ogni minigioco, dovremo raccogliere delle stelle, che andranno accumulate per consentirci il passaggio alla successiva miniraccolta.
Giocando con ogni gioco, dai nomi talvolta improbabili o tradotti approssimativamente, potremo ottenere da 1 a 3 stelle; durante la partita abbiamo sempre a disposizione una comoda barra che tiene traccia del punteggio e del nostro progresso nella strada per la ricompensa più importante.
Ogni isola comprende principalmente puzzle game, dal design abbastanza povero e poco ispirato, spesso cloni di giochi più famosi (come Zuma), cui si aggiungono dei minigame che dovrebbero spezzare la monotonia; tuttavia sono generalmente poco avvincenti, in un continuo rimando a vecchi classici anche un po’ fuori moda (qualcuno conosce Joust) o a generi, tipo shooter a scorrimento, di cui il mercato è già saturo.
Nota positiva è come ogni titolo abbia un gameplay differente, che ci viene illustrato con una mini guida all’avvio di ogni partita. Purtroppo il tutto è scritto con caratteri talmente piccoli, specie utilizzando la modalità handheld (per cui il gioco si presume sia stato pensato), e con descrizioni talmente lunghe e approssimative, che diventa quasi più divertente scoprire come giocare che il gioco stesso.
A completare la sensazione di noia imperante contribuisce il fatto che, una volta raggiunte le 3 fatidiche stelle, non ci sia altro che spinga a continuare a giocare con un gioco che semplicemente non ha alcuna fine e continuerebbe probabilmente all’infinito. Inoltre spesso si tratta di giochi già presenti nella prima collection, cui sono state semplicemente applicate nuove skin.
Inoltre non è previsto alcun multiplayer online, solo locale.
Un altro elemento mal calibrato dagli sviluppatori è la difficoltà: si passa da titoli con un livello di sfida elementare a giochi complessi e che richiedono molta attenzione per essere portati avanti.
Trattandosi di un titolo non particolarmente pesante, con i suoi 1,5 GB di peso, neppure dal punto grafico ci si può aspettare miracoli: gli ambienti sono essenziali ed i personaggi, spesso in un 3D che ricorda vagamente il pongo, sono molto stilizzati con la visuale che è o tipicamente a volo d’uccello o laterale all’azione.