35mm è un titolo che risponde al genere survival in prima persona con tratti da walking simulator. In questa recensione andremo ad analizzare la versione in uscita per PlayStation 4 del titolo sviluppato solo ed esclusivamente da Sergey Noskov nel 2016 ed è forse questo uno dei problemi principali che nel corso di queste righe andremo ad approfondire. Seppur con una narrazione dai tratti forti che ha l’intento di mettere all’attenzione del giocatore una storia dai toni crudi e senza mezzi termini, il gioco soffre un comparto tecnico già obsoleto nell’anno della sua prima uscita, figlio anche del suo “unico” padre.
Andiamo ad analizzare assieme se le terribili vicende di 35mm riescono a far sorvolare sulle evidenti carenze tecniche.
Ciò che resta del mondo, visto dall’obiettivo di una 35mm
Per chi non lo sapesse una 35mm è un particolare tipo di pellicola fotografica sviluppata da Kodak intorno agli anni 30 del secolo scorso. Ed è proprio con una macchina fotografica, illuminata da un raggio di luce attraverso una finestra, che si apre il menù del titolo al primo avvio. Da subito è chiara l’ispirazione dell’autore ad altri titoli cult del genere primo fra tutti il capolavoro di Naughty Dog, The Last of Us. Non solo visivamente questa sezione iniziale a tratti riprende anche il sound design del bestseller.
Partiamo subito dal punto che maggiormente mi ha colpito dell’opera di Noskov, ossia la narrazione. 35mm ci chiamerà a vestire i panni di Petrovich uno dei pochissimi sopravvissuti di una terribile pandemia globale, causata da un patogeno simile all’Ebola, che ha ridotto il mondo sull’orlo del collasso totale.
Assieme ad un compagno, incontrato dopo la catastrofe ci troveremo ad affrontare un viaggio attraverso una Russia fatta di paesaggi desolati, villaggi deserti all’interno dei quali si muovono uomini che faticano a mantenere la loro umanità. Il nostro scopo sarà quello di riuscire a tornare a casa dalla nostra famiglia.
Ed è in tutto questo che la fotografia assume un ruolo centrale o meglio cerca di assumerlo, infatti durante il corso della nostra avventura troveremo sparse numerose immagini che immortalano per lo più scene di vita quotidiana di quelli che un tempo erano gli abitanti di quei luoghi.
Avremo anche a nostra disposizione una macchina con la quale potremo scattare foto ogni qualvolta ne sentiremo il bisogno. Purtroppo però questa funzione non ha uno scopo attivo nel gameplay e nella progressione di gioco, finendo per dare l’idea fin da subito di un qualcosa che sottrae tempo alla proseguo stesso della storia.
Un altro aspetto a favore di 35mm è il sound design. Durante il nostro viaggio infatti saremo sempre accompagnati da suoni e rumori ambientali che non mancheranno di farci percepire l’ansia e la pesantezza di vivere in un mondo al collasso, dove qualsiasi nostra paura è amplificata dall’ambiente circostante. Per un’opera sviluppata da una singola persona è opportuno dire che il risultato è davvero suggestivo. Alcune volte però, queste “atmosfere“, finiscono per “suonare” eccessive in alcuni punti con il risultato di rovinare l’immersività del momento.
Un esempio lampante di quanto appena detto è la sequenza dell’ospedale. Dopo esserci addormentati ad un certo punto della nostra avventura, ci troveremo a rivivere un ricordo del protagonista che si troverà catapultato all’interno di un ospedale allo scoppio della pandemia. Qui nell’atmosfera terrificante di un’edificio pieni di corpi privi di vita e devastati dalla malattia, il silenzio viene rotto dai rantoli di un uomo oramai prossimo alla morte. Questo suono però risulta essere ripetitivo e di volume troppo elevato per provenire da qualcuno che è in realtà situato in lontananza, scadendo quasi immediatamente nel grottesco, rovinando l’immersività.
La storia narrata quindi, seppure al netto di numerosi limiti tecnici rimane l’arma più efficace nell’arsenale a disposizione del titolo di Sergey Noskov. Sotto questo aspetto l’opera è caratterizzata da una buona longevità, anche grazie ai diversi finali che il giocatore potrà ottenere. 35mm infatti ci chiama a dover fare delle scelte nelle circa 3/4 ore che richiede per essere portato a termine, le quali influenzeranno in modo irreversibile ciò a cui assisteremo al termine della nostra avventura.
Il mio percorso di recensione mi ha portato a poter vedere soltanto una di queste conclusioni ma posso dire senza fare spoiler che seppur semplice è stata piacevolmente inaspettata. In ogni caso ogni possibile diramazione della trama ci porterà a scoprire aspetti differenti del mondo e dei personaggi che lo abitano, un buon espediente per portare a rigiocare il titolo.
Il comparto (non troppo) tecnico di 35mm
Se da una parte la narrazione cerca di mantenere vivo l’interesse del giocatore tramite dialoghi, atmosfere cupe e filmati ricorrenti, purtroppo il vero nemico di 35mm risulta essere il suo comparto tecnico, insufficiente sotto diversi aspetti. Questa problematica è probabilmente figlia del suo unico padre. In effetti l’essere sviluppato da una singola persona potrebbe essere sia il punto di forza più grande di un titolo quanto il suo limite più grande. Ma andiamo a vedere insieme che cosa voglio intendere.
Partiamo in primis dal comparto grafico di 35mm. Seppure gli ambienti esterni risultano avere un buon colpo d’occhio è inevitabile non notare la tremenda arretratezza del titolo che si palesa ancor di più negli spazi chiusi e nei modelli dei personaggi. L’insieme degli elementi sviluppati in Unity dà l’impressione di un prodotto dalla qualità insufficiente già nella sua uscita per PC nel 2016 e che non sembra essere stata particolarmente ritoccata in questa nuova versione.
A questo discorso è strettamente collegata la visuale di gioco, che per larga parte dell’avventura sarà in terza persona. Questa scelta è stata fatta dall’autore molto probabilmente per aumentare l’immersività, ma a volte non ottiene l’effetto sperato. Infatti, specialmente nelle scene di stampo action, ci troveremo ad avvertire una sorta di “motion sickness” per via delle inquadrature traballanti.
La stessa cosa vale per il movimento e l’interazione con l’ambiente, legati anche ai limiti di Unity, a volte infatti mi sono ritrovato bloccato in strettoie create dall’impropria interazione tra porte e corridoi. A lungo andare questo può risultare disorientante visto che la componente esplorativa è una parte fondamentale del titolo (o perlomeno così è stata concepita per esserlo). Molto spesso infatti ci verrà chiesto di trovare oggetti o risolvere enigmi ambientali necessari all’avanzamento della trama. Per via della legnosità dei meccanismi esplorativi questi momenti possono finire talvolta per interrompere la narrazione per lunghi periodi.
Infine anche il tanto elogiato comparto sonoro presenta una pecca da segnalare che risiede nei dialoghi. Seppur provvisti di un doppiaggio in russo che aiuta di gran lunga l’immedesimazione nell’ambientazione di gioco, talvolta le interazioni tra i personaggi presentano delle pause di una durata eccessiva che non contribuiscono ad aumentare il pathos.