9 Years of Shadows, l’oggetto di questa recensione, potrebbe essere uno dei perfetti esempi di come ormai il mercato videoludico, e soprattutto alcune sue “nicchie” siano ormai sature e non tutte le produzioni riescono al giorno d’oggi ad avere l’attenzione che meriterebbero: ho amato alla follia questo titolo che probabilmente ha una sola, grande, colpa, ovvero il suo essere troppo derivativo.
E il suo strizzare l’occhio a colleghi illustri non è nemmeno un problema in questo caso, ma probabilmente, con un pizzico di comunicazione in più da parte dell’editore Freedom Games avrebbe giovato non poco all’opera di Halberd Studios. Come vedremo in seguito, c’è davvero di tutto in 9 Years of Shadows, sia a livello videoludico che letterario e storico e, incredibilmente, a parte qualche piccola eccezione, elementi molto diversi tra loro non stonano!
Prima di addentrarci nella recensione, sappi che 9 Years of Shadows è attualmente disponibile su PC tramite Steam, come spesso accade per questo tipo di produzioni la primissima schermata di gioco ci informa che è consigliato l’utilizzo del gamepad, un particolare che ci fa intuire che potrebbe adattarsi meglio alle console.
In effetti dopo un’oretta di gameplay circa mi sono ritrovato a pensare a quanto lo avrei giocato volentieri su Nintendo Switch, console sul quale il lancio è previsto per il terzo trimestre del 2023 e ti consiglierei di pazientare un po’ e viverti l’esperienza sull’ibrida della grande N, sperando in una versione priva di qualche stortura tecnica che vada a rovinare questo gioiellino.
Dove sono i colori?
L’incipit del gioco, per quanto ci faccia addentrare in una trama non particolarmente rivoluzionaria, è comunque alquanto suggestivo: nove anni prima degli eventi narrati (arco temporale che dà anche il titolo alla nostra avventura) il mondo di gioco è stato avvolto dalle tenebre. Fin qui nulla di nuovo, anzi, il tutto sembra (ed è a tutti gli effetti) anche abbastanza banale, se non fosse che questo concetto di “mondo avvolto dall’oscurità” è preso alla lettera!
Muovendo i primi passi in questi mondo ormai in rovina infatti ci ritroveremo davanti ad ambienti completamente in bianco e nero, e perfino la protagonista e le creature che ci verranno incontro aderiranno a questa palette cromatica. Almeno fino al nostro sconto con un potentissimo demone (di cui scopriremo l’identità in seguito) e alla nostra sconfitta, che ci porterà a conoscere un fidato compagno di viaggio e a tornare a vedere i colori!
Probabilmente, nel mare di contaminazioni e suggestioni da cui il gioco attinge, ho trovato proprio la nostra fidata spalla una nota stonata: Apino sarà infatti un piccolo orsetto di pezza che indossa un pigiamino, e con tutte le scelte stilistiche che si potevano intraprendere, non sono davvero riuscito a dare una spiegazione alla sua caratterizzazione così sconnessa dal resto.
Dopo questi primissimi minuti, la lore del gioco inizierà pian piano ad aprirsi al giocatore: impersoniamo la bella Europa, una coraggiosa guerriera che si è allenata per anni per entrare nel misterioso palazzo in cui si svolgerà il gioco per espugnarlo e riportare i colori nel mondo. La nostra protagonista, dopo la sua prima sconfitta, dovrà però necessariamente venire a patti col fatto che, nonostante il suo impegno e allenamento, non è ancora pronta per questa grande sfida.
Partiremo quindi per il più classico dei viaggi dell’eroe nel quale Europa acquisirà sempre più abilità fino a diventare una guerriera imbattibile, ma soprattutto farà la conoscenza di interessanti personaggi, come lei intrappolati all’interno del misterioso palazzo; ed è proprio qui che entra in gioco il ricco complesso di citazioni alle più disparate culture e forme d’arte che 9 Years of Shadows porta con sé!
Prima di tutto, il nome di Europa non vuole essere un omaggio al nostro continente (anche perché culturalmente avrebbe ancora meno senso se consideriamo che Halberd Studios è un team messicano) quanto piuttosto una citazione ad alcune figure omonime della mitologia greca; se questo collegamento sembra campato per aria, sappi che in realtà i collegamenti con questa letteratura classica si fanno via via più consistenti, ti basti pensare che la nostra bella guerriera riceverà proprio i poteri e i favori delle divinità greche nel corso della sua avventura.
Quindi il gioco è ambientato nell’antica Grecia? Assolutamente no, come anticipavo in apertura, 9 Years of Shadows propone un incredibile mix di culture e influenze diversissime tra loro, che funzionano incredibilmente bene senza “pestarsi i piedi” l’un l’altra. I colori a tratti lisergici e le architetture barocche del mondo di gioco arrivano a ricordare perfino Godfall nella loro unicità e stranezza, mentre i personaggi secondari spazieranno da rivisitazioni di figure della mitologia greca fino a jazzisti afroamericani in puro stile anni ’70.
9 Years of Shadows infatti, in maniera quasi del tutto inaspettata, è un grande viaggio che omaggia arte, colori e musica e ne esalta l’importanza nel mondo moderno travestendosi allo stesso tempo da metroidvania che fonde nel suo gameplay tradizione e innovazione, ma parliamo proprio di questo aspetto adesso!
Questo gameplay l’ho già visto…
Come anticipato poco fa, il gameplay di 9 Years of Shadows è sostanzialmente quello di un metroidvania, a metà strada però tra i capostipite del genere, tra cui proprio i primi Metroid, e le incarnazioni più recenti dello stesso come Blasphemous. E proprio qui troviamo lo scoglio che non permette al gioco di spiccare: fa bene tutto, ma non eccelle in nulla.
In un periodo in cui titoli dello stesso genere come Blasphemous, o ancora di più Hollow Knight, vengono esaltati per l’esperienza e per il tasso di sfida che regalano al giocatore, 9 Years of Shadows, che rimane un titolo estremamente valido, ma che non richiede particolare impegno al giocatore, come può sperare di emergere? Semplice, non può, soprattutto non al prezzo di 19,99 € a cui viene proposto, fosse costato anche solo cinque euro in meno sarebbe rimasto al di sotto di una certa soglia psicologica e avrebbe sicuramente trovato molto più mercato.
Come in ogni metroidvania 2D che si rispetti, il gioco propone un’intricata mappa su più livelli, ovviamente man mano che sbloccheremo nuove abilità ci sarà richiesto di tornare in sezioni del mondo di gioco già visitate per sbloccare con interazioni inedite nuovi percorsi. Le zone in cui potremo avventurarci sono studiate in maniera discreta, ma soffrono della mancanza di segreti rilevanti, per quanto essi non manchino, ma sono sempre alquanto semplici da individuare.
Per quanto riguarda il combat system invece, esso si farà sempre più variegato man mano che proseguiremo con l’avventura: inizialmente la nostra Europa potrà contare sulle combo della sua alabarda e sui proiettili scagliati a distanza del fidato Apino, questi consumeranno una barra in comune con quella della salute di Europa, che inizialmente potrà essere rigenerata colpendo i nemici o, quando sarà completamente esaurita, abbracciando Apino per qualche secondo; in seguito però sbloccheremo anche la possibilità di ricaricarla all’istante tramite un semplice quick time event.
Andando avanti noteremo che i nemici avranno diverse colorazioni sul loro equipaggiamento, se inizialmente questi particolari scudi e armature li renderanno invulnerabili, in seguito, sbloccando i poteri delle varie divinità, potremo far breccia nelle difese nemiche, questo contribuirà a creare un combat system vario e sempre dinamico e divertente, sebbene molto classico e che trova il suo limite specialmente nelle boss fight, che dovrebbero essere in teoria scontri dal carattere epico, ma che rivelano in realtà alquanto scialbe e piatte.
9 Years of Shadows, stile unico, ma già visto…
Sembra una contraddizione, e in effetti lo è, ma come già anticipato a più riprese, 9 Years of Shadows raccoglie al suo interno le ispirazioni più disparate e le unisce alla perfezione, tuttavia, pur non rimanendo particolarmente oscurato da nessuno dei titoli da cui trae ispirazione, non riesce comunque a raggiungere quell’identità forte e riconoscibile che è la prerogativa essenziale per la sopravvivenza di una produzione indie.
Dal punto di vista grafico, il gioco propone uno stile retrò ricco di colori e con animazioni dinamiche e fluidissime, le forme longilinee della protagonista e i suoi attacchi veloci inoltre ricordano non poco il Penitente del già citato Blasphemous. Per il resto invece, ci troviamo davanti ad ambientazioni che sanno a tratti di già visto, ma che allo stesso tempo riescono a catturare e affascinare il giocatore grazie ai loro colori accesissimi.
Il comparto sonoro è probabilmente l’aspetto più sorprendente, in positivo, dell’intera produzione: ci ritroviamo davanti a una colonna sonora estremante accattivante che, anche in questo caso, riesce a mescolare alla perfezione le sonorità più disparate, arrivando a toccare perfino generi dalla forte identità come rock e metal, senza però disdegnare anche sonorità più pop. Una cosa è sicura: non stanca mai e riesce ad accontentare davvero tutti gli ascoltatori!
In definitiva, 9 Years of Shadows è un’indie che vale assolutamente la pena provare, e diventa una produzione imperdibile per i fan sfegatati dei metroidvania che si divertiranno a beccare tutte le citazioni che il gioco fa ai colleghi più illustri. Il titolo può vantare anche un ottimo accompagnamento sonoro e una grafica piacevole, che si mescolano a un gameplay ben rodato e divertente. Il suo unico difetto? Ha personalità, ma non abbastanza per spiccare e diventare il nuovo metroidvania del momento.