Il primo impatto mi ha infatti riportato a ricordare alcuni giochi che ho adorato con tutto me stesso: lo stile esuberante e colorato di Jet Set Radio stava incontrando la frenesia dell’azione di Mirror’s Edge. A schermo correva una fluida e vibrante città futuristica piena di led e cartelloni mentre degli intrepidi runner erano intenti a rincorrersi in gare rocambolesche. Fra un graffito, un grind su un cornicione e una sfida ad una stramba versione futuristica del basket ho veramente creduto stesse accadendo il miracolo.
Sarà riuscito questo singolare videogioco a base di parkour e graffiti a mescolare il meglio dei videogiochi del passato o Hover è solo uno fra i tanti tributi dell’era Dreamcast creato da appassionati esclusivamente per altri appassionati?
Open-World MMO? Davvero?
Il primo impatto con Hover, Switch in mano, mi ha veramente spiazzato: l’infrastruttura generale del gioco è molto più simile a quella di un MMO piuttosto che a quella di un gioco tradizionale. La grande città che potremo esplorare, piena di missioni e di cose da fare, non è altro che un immenso Hub per poter incontrare altri giocatori e partecipare insieme a loro, o contro, alle varie sfide che propone il gioco.
La componente narrativa di Hover di conseguenza è un mero pretesto per buttarvi nella mischia e vi verrà raccontata dai vari comprimari tramite delle lunghe e tediose finestre di dialogo. Per farla breve nel mondo di Hover tutti i videogiochi sono stati banditi da un regime totalitario e starà quindi ai Gamers, organizzazione di runner acrobatici e videogiocatori incalliti, rompere le catene dell’oppressione e riportare l’intrattenimento digitale a tutti i suoi fan.
La natura di Hover quindi si pone nel mezzo fra un’esperienza per giocatore singolo e una multiplayer: il gioco è affrontabile in entrambe le modalità ma è ovviamente pensato, e quindi suggerito, per essere affrontato con degli altri giocatori online. L’esperienza infatti diventa molto più appagante e caotica in gruppo e, quando in un folto gruppo salterete tra i vari palazzi concatenando trick stellari, riuscirà veramente a trasmettervi un pizzico di magia.
Salta, griffa e corri come il vento
Entrati nel gioco potremo creare una squadra e un personaggio scegliendo fra vari modelli che verranno sbloccati proseguendo nel gioco e modificandoli con palette cromatiche a nostra scelta. Terminata l’esperienza con l’editor, che risulta piuttosto scarno, il gioco ci butta in un breve quanto fondamentale tutorial che ci farà muovere i primi passi nel mondo di Hover. Correre, saltare, dipingere graffiti e eseguire acrobazie sono le azioni necessarie per affrontare le varie missioni proposte dal gioco che non si discostano mai troppo da un binario ben tracciato.
Le varie sfide infatti ci chiederanno di andare dal punto A al punto B nel minor tempo possibile, di eseguire una combo di acrobazie per raggiungere un determinato punteggio o di vincere delle partite ad una sorta di basket misto rugby attraversando dei checkpoint sparsi per la mappa con una palla in mano. L’offerta ludica di Hover mostra il fianco alla ripetitività dopo poche ore di gioco, la natura della produzione si sposa però molto bene con la portabilità di Nintendo Swich favorendo sessioni rapide e senza troppi pensieri. Per chi invece si aspettava maggiore trasporto narrativo e più varietà vi dico subito che qui non ci siamo proprio: Hover sembra essere composto di una grande sequela di missioni secondarie affrontabili in gruppo e nient’altro.
Per fortuna in soccorso dei giocatori arrivano le partite dello strambo sport sopra descritto e un editor che permette di creare nuove sfide a tempo. Più in generale la mole di contenuti presente in Hover non è scarsa, anzi, ma troppo ripetitiva e alla lunga poco appagante. Ovvio che se affronterete il gioco con altri runner, magari vostri amici, la situazione potrebbe risollevarsi e non poco.
Ok, è Arcade, ma quanto Arcade? Molto Arcade.
Il sistema di movimento di Hover è piuttosto difficile da giudicare: da una parte, salendo coi livelli e accumulando potenziamenti, la sensazione di velocità che riesce a donare risulta veramente encomiabile, dall’altra invece la risposta del personaggio ai nostri comandi non è sempre come ce la aspettiamo e, troppe volte, soprattutto in spazi ristretti e per compiere piccoli movimenti precisi, il sistema collassa su se stesso risultando troppo poco preciso.
Per venirci incontro in queste evenienze è stato implementata la possibilità di tornare indietro nel tempo così da poter provare più volte lo stesso salto. Questa meccanica rende il gioco molto meno frustrante soprattutto perché il design dell’ambientazione, a volte sconclusionato e che sviluppa di molto in altezza, avrebbe potuto portarvi a delle cadute infinite verso il suolo e, di conseguenza, a delle tediosissime fasi di scalata per poter tornare al punto di partenza.
Come dicevo prima, compiendo missioni e trovando gli innumerevoli collezionabili sparsi per la città, il nostro alter ego salirà di livello e potrà equipaggiare dei nuovi modificatori che andranno a modificare le nostre statistiche. Accumulati un po’ di modificatori scorrazzare per la città diventerà molto più divertente e appagante portando la ricerca dei collezionabili, attività di secondo piano per eccellenza, ad essere il vero motivo per accendere la console e avviare Hover.
Bello, ma mi sembra di averlo già visto da qualche parte
Per quanto riguarda la direzione artistica di Hover siamo davanti ad un tributo molto riuscito ai videogiochi di fine anni ’90. Il vero problema qui è il paragone con Jet Set Radio che risulta praticamente obbligatorio e, rispetto a questo pezzo da 90, Hover ne esce pesantemente sconfitto. Partendo dall’ HUD fino alla colonna sonora, passando per i personaggi e per il design estetico della città Hover mostra il fianco ad un “vorrei ma non posso” certamente lodabile ma comunque non superlativo.
Insomma gli sviluppatori di Hover si sono dimostrati dei veri appassionati e degli esperti conoscitori dell’era Dreamcast ma, vuoi per un budget ristretto, vuoi per scelte di design non perfettamente centrate, il loro gioco risulta più un timido tributo che un vero concorrente per i giochi dell’era.
Per quanto riguarda il lato tecnico invece il gioco si difende piuttosto bene grazie alla grafica in stile cartoon e al suo appeal fresco e divertente. Peccato solo per i diversi rallentamenti che si riscontrano durante le sessioni di gioco in modalità tablet che non inficiano il gioco ma fanno comunque storcere il naso.