Soul Calibur VI è un gioco che molti appassionati di picchiaduro hanno aspettato con impaziente trepidazione. Infatti, dopo i tecnicismi del quinto capitolo, questo seguito sembra pronto per fare faville, grazie ad un sistema di combattimento rifinito ed a nuove modalità single player, che arricchiscono ulteriormente l’offerta del titolo. Ci sarà riuscito?
Un leggenda di anime e spade
Come di consueto, iniziamo la nostra recensione parlando della storia del gioco. Come ben sapete, spesso le trame nei picchiaduro sono un contorno ad una lunga serie di scontri, più che una modalità centrale. Soul Calibur VI si allontana da questa spiacevole tradizione, proponendo ben due modalità single player ed approfondendo i diversi personaggi che incontreremo durante le avventure.
- La prima modalità, Cronache dell’anima, propone le storie dei personaggi coinvolti nel delicato equilibrio formatosi dalla lotta tra le due spade.
Tra queste, la trama “principale” narra delle leggendarie avventure di Kilik alla ricerca della Soul Calibur. Infatti, il suo monastero viene attaccato all’inizio dell’intreccio da creature infestate dalla spada. Durante la battaglia, Kilik stesso diviene un Malfestato, salvandosi dalla corruzione solo per miracolo. A questo punto inizierà la ricerca verso l’origine del seme maligno, per salvare il mondo e la sua anima.
Durante il viaggio il protagonista incontrerà altre persone che lo aiuteranno. Queste ultime saranno approfondite da brevi scene di intermezzo narrate attraverso schermate statiche, con i ritratti degli interlocutori presenti nel dialogo. Oltre a farci conoscere i personaggi, questi momenti servono per mandare avanti gli avvenimenti della storia in questione, fino alla sua conclusione.
Oltre alle vicissitudini di Kilik, come accennato, il gioco propone altre storie parallere, appartenenti ad altri personaggi. In alcuni casi parliamo di trame che si incrociano con quella principale, altre volte, invece, permettono semplicemente di approfondire il carattere o la Backstory dei vari combattenti.
Non possiamo dire che tutte siano dello stesso livello, dato che alcune sono “qualitativamente inferiori”, ma in ogni caso restano una piacevole caratteristica, perfetta per conoscere meglio i lottatori, la lore del gioco ed in generale per fare pratica con tutti gli stili di combattimento, prima di scegliere quello che più ci aggrada per le competizioni più grandi.
- Alle cronache dell’anima si aggiunge una modalità meno classica: la Bilancia dell’Anima.
In questo caso la storia segue le vicende di un personaggio creato da noi utilizzando il completo editor del gioco. Dopo averlo fatto, veniamo subito introdotti alle vicende narrate: siamo una delle persone infettate del seme maligno, diventando dei malfestati. A questo punto starà a noi cercare di resistere alla corruzione del male o abbandonarci ad essa, abbracciando una strada malvagia.
La parte interessante di questa modalità risiede nel modo in cui si incastra con quella precedente. Infatti, andando avanti nella storia incontriamo, anche in questo caso, i diversi personaggi del gioco. Questi incontri avvengono prima o dopo alcuni avvenimenti narrati durante le Cronache dell’anima. In questo modo, abbiamo la possibilità di vedere dei retroscena inediti sulla storia “canon” del gioco, che si incastra perfettamente con la nuova trama pensata dagli sviluppatori.
Bello vero? La perte migliore deve ancora arrivare: Bilancia dell’anima è un vero e proprio ibrido tra picchiaduro e GDR. Questo significa che abbiamo missioni secondarie, perfette per esplorare ancora più a fondo la lore di gioco.
Queste due modalità delineano un’offerta single player di tutto rispetto, capace di garantire una buona longevità e di presentare una storia degna di questo nome. Va detto che ci sono alcune “forzature” di sceneggiatura per giustificare alcuni scontri ed alcuni dialoghi risultano banali; ma ciò non toglie che la qualità complessiva della narrazione riesce ad intrattenere per tutta la sua durata.
Il viaggio di un guerriero
Come ho accennato poco fa, Bilancia dell’anima è un originale ibrido tra picchiaduro e GDR. Ma cosa significa?
Il giocatore viene inserito in una mappa di gioco disegnata a mano e su di essa appaiono diverse icone che indicano i posti in cui è possibile muoversi. Questi posti saranno, inizialmente, piuttosto limitati, tuttavia progredendo nell’avventura ne vedremo un aumento sostanziale. Per muoverci tra le diverse location ci basta selezionarle, per poi confermare. A questo punto apparirà il nostro percorso, durante il quale potremmo imbatterci in alcuni incontri casuali (in modo simile al leggendario The Legend of Dragoon).
L’esplorazione del mondo di gioco ci permette di affrontare le divese missioni secondarie offerte da alcuni NPC nei diversi luoghi. Alcune tra essere avranno delle sottotrame interessanti, mentre altre corrispondono al classico “uccidi i predoni”. Inoltre, in base all’orientamento buono o malvagio della nostra anima, potremmo sbloccare alcuni incarichi al posto di altri.
Infatti, in questa modalità abbiamo effettivamente una bilancia su schermo, che serve ad indicare l’inclinazione del nostro personaggio: verso l’equilibrio o verso la corruzione. Ciò che decreta il nostro orientamento spirituale sono alcune scelte che ci ritroviamo ad affrontare; più o meno positive per noi.
In ultimo, la componente puramente ruolistica è visibile nell’aumento di livello progressivo delle missioni, da confrontare con quello del nostro personaggio, che dovrà essere simile, per non subire un ammontare eccessivo di danni. Inoltre, le missioni stesse serviranno a farci ottenere cibo (in grado di donare bonus passivi) ed equipaggiamento. Quest’ultimo possiede un livello più o meno alto, che corrisponde ad una potenza d’attacco superiore o maggiore. Ogni arma che riceveremo corrisponde ad uno stile di combattimento proprio dei personaggi canonici del titolo e per questo motivo si utilizzerà nello stesso modo e con le stesse combo. Un ottimo modo per provare tutti gli stili e scegliere il personaggio che più ci piace.
Di fatto, nonostante questo gustoso contorno, la modalità resta una serie di scontri. Eppure non annoia mai. Sia per la già citata narrazione tra ogni combattimento, sia per i modificatori che aggiungono varietà: ogni scontro ha delle caratteristiche peculiari, divenendo unico. Potremmo iniziare con meno vita per un’imboscata, oppure affrontare dei nemici con il rubavita, dato che sono vampiri, o magari combattere sul pavimento scivoloso (vi assicuro che in questo caso, la prima volta volerete giù dal ring più volte).
Tutto questo riesce a creare un senso di scoperta costante, che rende ogni momento abbasta diverso da spingere a continuare senza annoiarsi. Chiaramente le situazioni dopo un pò tendono a ripetersi e la modalità in generale è “macchiata” da una certa ripetitività; ma l’alternarsi continuo dei modificatori riesce comunque a divertire fino alla fine. Inoltre, parliamo pur sempre di una campagna single player molto più corposa delle altre produzioni in circolazione.
Un piccolo appunto che, purtroppo, contraddistingue entrambe le campagne risiede nella difficoltà generale degli scontri, che tende in modo fin troppo marcato al ribasso, con una curva di apprendimento davvero permissiva, persino per i neofiti del genere.
Ma queste due modalità non sono le uniche offerte dal gioco.
Sempre per il single player, vediamo la modalità arcade e duello. La prima permette di affrontare fino ad 8 scontri di difficoltà crescende contro la CPU; mentre la seconda serve per iniziare uno scontro singolo. Oltre a queste, abbiamo la modalità allenamento, imprescindibile per affinare le proprie abilità con le combo. Nonostante la presenza delle due corpose modalità single player, pesa l’assenza di una modalità per giocatore singolo con una sfida più elevata, che possa permettere ai nuovi giocatori di mettersi alla prova prima del fatidico online.
L’arte del combattimento
Ed eccoci arrivati al punto centrale della recensione: il sistema di combattimento.
Soul Calibur VI riprende il classico ed apprezzato combat sistem della saga, dove la conoscenza di moveset e combo la fanno da padrone. Questo vuol dire che abbiamo un tasto per gli attacchi orizzontali ed uno per gli attacchi verticali. In aggiunta abbiamo un pulsante per i calci veloci ed uno per la parata. Come al solito, c’è la possibilità di premere due tasti contemporaneamente per eseguire una presa od un attacco speciale imparabile.
Queste, chiaramente, sono solo le basi. Infatti, il gameplay propone anche la canonica barra per la “super” (la classica abilità potente, ma facile da evitare), qui rinominata “lama critica” ed un nuovo tasto per il “reversal edge”. Andiamo con ordine.
Innanzitutto la lama critica qui ha due modalità distinte. La prima permette di attivare la classica mossa spettacolare, per infliggere un pesante danno al nemico; mentre la seconda potenzia temporaneamente il nostro lottatore, consentendo di andare molto più veloce e di infliggere più danni o di attaccare con combo più lunghe e devastanti. Entrambe le attivazioni consumano una carica della barra corrispondente.
Una scelta riuscitissima, che aggiunge ulteriore profondità tattica, consentendo di scegliere in quale modo usare la preziosa energia ottenuta. La decisione può potenzialmente cambiare le sorti di uno scontro, pertanto occorre capire quando e come usare le due varianti per arrivare ai livelli alti.
Il reversal edge, invece, è l’estremo opposto di questa componente tattica. In pratica, uno dei tasti è assegnato ad una parata particolare, alla quale segue un attacco rosso. Quest’ultimo inizia una modalità in cui i due combatteti ripristinano la loro distanza e si “confrontano”: durante dei brevi momenti al rallentatore ogni lottatore sceglie un attacco o un’azione come parata o schivata. Questo porta ad un duello in cui le azioni scelte interagiscono tra loro in modo simile alla morra cinese, dove i diversi tipi di attacchi si contrastano vicendevolmente.
Un’aggiunta sicuramente spettacolare, ma probabilmente rivolta ad un pubblico troppo casual. Di fatto, durante i momenti al rallentatore, occorre scegliere in modo fortuito l’attacco da attivare, sperando che l’avversario non abbia scelto casualmente quello che si oppone al nostro. Questo elemento di casualità potrebbe far storcere il naso ai giocatori di vecchia data od ai veterani più tradizionali; senza contare che contrasta con lo spirito tattico e ragionato che caratterizza gli scontri.
A tal proposito, c’è da dire che tutto il sistema di combattimento è stato rifinito e snellito, divenendo molto più immediato ed accessibile. In questo caso, tuttavia, occorre specificare che è stato fatto un lavoro certosino, consentendo a Soul Calibur VI di mantenere la profondità propria della saga. In altre parole, è stato abbassato lo “skill floor”, rendendo il gioco immediato, senza “casualizzarlo” o banalizzarlo; ma rendendo semplicemente più immediata l’esecuzione di alcune mosse. Un’ottima scelta, che amplia il pubblico di riferimento, senza abbandonare i veterani e senza modificare troppo il gameplay.
Infatti, nonostante sia facile capire le meccaniche di base e comprendere subito come combattere (anche grazie all’ottimo tutorial), diventare dei veri esperti è tutt’altra cosa. Ogni personaggio possiede dei moveset unici ed ogni attacco può essere evitato in modo diverso. Addirittura, è possibile contrastare un attacco alto con uno basso (e vicerversa), per contrattaccare senza nemmeno utilizzare la parata.
Inoltre, le combo si basano totalmente sulla nostra conoscenza dei moveset del lottatore, dato che è necessario sapere come e dove verrà sbalzato l’avversario per continuare a danneggiarlo con altri attacchi, colpendo proprio nella posizione in cui finivano i precedenti. Per esempio: sapendo che la combo base di Sophitia getta il nemico a terra, possiamo colpire subito dopo con degli attacchi bassi, in modo da sfruttare l’occasione e danneggiare ulteriormente il lottatore nemico. Questo è solo un esempio, dato che il principio si applica con tutte le combo di tutti i personaggi, che sono volutamente brevi e richiedono una conoscenza profonda per essere combinate, impedendo lo spamming di un solo tasto.
Proprio per la necessità di avere questo tipo di consapevolezza, il gioco rimane profondo e tecnico, pur risultando aperto ai neofiti grazie allo snellimento delle mosse ed alle semplici modalità per giocatore singolo. A questo aggiungiamo, poi, tante piccole caratteristiche (c0me la possibilità di respingere l’avversario iniziando un attacco nel momento esatto in cui lui inizia la combo; oppure sapere come fare attacchi imparabili e quando usare le prese; o ancora, la possibilità di modificare gli attacchi grazie a pose diverse da quella base) che rendono il sistema di combattimento stratificato, consentendo di migliorarsi continuamente e di raggiungere uno “skill cealing” elevato.
In ultimo, troviamo tutti gli elementi classici dei picchiaduro 3D, come le parate alte o basse a seconda degli attacchi; oppure i passi laterali, perfetti per schivare gli attacchi verticali e contrattaccare subito dopo; senza contare il classico “ring out” (questa volta caratteristico di soul calibur), che permette di concludere immediatamente uno scontro gettando l’avversario fuori dall’arena. Anche in questo caso, perlatro, la conoscenza dei moveset e dei loro effetti può fare di nuovo la differenza, dimostrando ancora una volta che i combattimenti di questo capitolo restano tecnici, pur rivolgendosi ai neofiti del genere.
Nulla da dire, inoltre, sui personaggi, (Geralt compreso, dato che è stato perfettamente adattato al gameplay) che risultano perfettamente bilanciati, presentando debolezze e qualità che possono essere imparate e sfruttate a dovere, ancora una volta, delineando un combat system encomiabile.
Tutto questo ecosistema va, infine, inserito nel contesto competitivo online. Va detto, purtroppo, che l’online del gioco è abbastanza limitato. Infatti, è possibile combattere 1v1 contro un avversario selezionato casualmente dal matchmaking, come al solito. I criteri di ricerca di quest’ultimo sono modificabili parzialmente dal giocatore, attraverso un pratico menù che permette di restringere la ricerca complessiva, allungando i tempi.
Il problema arriva proprio ora. Impostando qualsiasi criterio i tempi si allungano così tanto trovare un avversario rasenta l’impossibile. Per questo motivo, alla fine ci si riduce sempre ad impostare tutto su “qualsiasi”.
Inoltre, il matchmaking fa cilecca anche nella ricerca standard, dato che spesso e volentieri ci ritroveremo ad affrontare giocatori molto più abili di noi, con un rank visibilmente più alto. Questo, ovviamente, propone un impatto traumatico a chi si approccia al mondo competitivo del titolo. Questa particolare mancanza, poi, risulta particolarmente evidente per l’assenza di modalità single player “hardcore“, che permettano di allenarsi come si deve prima di avversari così sbilanciati.
Sarebbe bastato aggiungere la scalata dei 100 o ampliare l’arcade per renderla più lunga ed impegnativa, in modo tale da colmare il gap tra la facilità del giocatore singolo e l’estrema difficoltà dell’online, delineata da un matchmaking decisamente migliorabile. In questo modo, invece, dopo aver finito le modalità offline ci si ritrova a dover scalare un gradino altissimo, che potrebbe scoraggiare la maggior parte dei giocatori. Nulla che possa allontanare i veterani della saga, tuttavia, per un gioco che si rivolge anche ai neofiti oltre che agli utenti hardcore, un gradino così alto è un difetto non da poco.
L’esperienza per giocatore singolo resta certamente varia e divertente, e forse potremmo dire che per alcuni può valere il prezzo del biglietto, ma una volta esaurite tutte le cartucce, sarebbe stato bello potersi approcciare alle competizioni online con un matchmaking che permettesse di farlo in modo graduale.
Divertente da giocare e bello da vedere?
Parlando della realizzazione tecnica del gioco il discorso si complica leggermente, dato che in alcuni aspetti risulta encomiabile ed in altri migliorabile. Partiamo dalla parte migliore.
Soul Calibur VI è ottimizzato divinamente. Il gioco riesce a girare senza intoppi o cali di frame persino su PC di fascia media, anche con alcuni componenti leggermente al di sotto dei requisiti minimi. Inoltre, i dettagli dei lottatori sono davvero belli da vedere. In ultimo, le animazioni di tutti i personaggi sono, come da tradizione, differenziate tra loro, risultando in moveset sempre chiari ed attacchi eseguiti a velocità e dinamiche diverse. Chiaramente quest’ultimo aspetto si incastra perfettamente con il gameplay, dato che delle animazioni “leggibili” ed evidenti sono alla base del genere.
Quindi dov’è l’inghippo? Sostanzialmente, nel doppiaggio e nelle arene. Queste ultime, infatti, sono poco dettagliate, specialmente parlando dei fondali. Un difetto da poco, a dirla tutta, dato che la caratteristica più importante risiede nei lottatori davanti allo schermo.
Ancora una volta secondario, ma certamente da segnalare, è il movimento del labiale fuori sincrono nei “teatrini” a fine battaglia. Infatti, accade spesso che si senta prima la frase di vittoria del personaggio, per poi vedere le labbra che si muovono senza in suono, in ritardo.
Parliamo di difetti grafici che ovviamente vanno riportati in fase di recensione, ma che non inficiano il gameplay (cuore di questo genere) per i puristi.
In ultimo, il comparto sonoro è ineccepibile. Le musiche sono belle da sentire e danno la giusta carica agli scontri ed atmosfera ai dialoghi. Inoltre, gli effetti sonori sfoggiati dal gioco sono perfetti; sia durante i combattimenti, sia durante la narrazione delle schermate statiche, durante le quali hanno il difficile (ma riuscito) compito di far capire alcune dinamiche del dialogo steso (per esempio se un personaggio estrae l’arma o viene colpito).
Per concludere
Soul Calibur VI è un ottimo titolo. Riesce nel difficile compito di restare profondo e stratificato, pur divenendo immediato anche per un pubblico di neofiti del genere. Infatti, l’esecuzione semplice delle combo e l’ottimo tutorial rendono immediato imparare le basi del combattimento. Tuttavia, per diventare dei veri esperti occorre conoscere le combo, i moveset dei personaggi e quando e come attaccare.
In questo delicato equilibrio, tuttavia, si inserisce la discutibile scelta del reversal edge, che aggiunge un non necessario elemento di fortuna e casualità agli scontri. Sicuramente una mossa contrastabile sul nascere con un passo laterale o indietro, ma comunque presente.
Le modalità per giocatore singolo, inoltre sono ricche e variegate, nonchè estremamente divertenti. In questo frangente, pesa soltanto l’assenza di combattimenti più difficili, che possano preparare all’online. Quest’ultimo, infatti, è macchiato da un matchmaking troppo permissivo, che spesso ci allinea con giocatori molto più abili; rendendo enorme il gap tra single player e multyplayer.
Per queste piccolezze, il gioco non raggiunge l’eccellenza, pur restando un valido esponente del genere, perfetto per i veterani come per le nuove leve.