Bad Dream: Fever è un titolo particolare da recensire. Questo perchè rientra in quei giochi il cui voto oggettivo scende a causa di qualche svista di troppo, ma che riescono ad emozionare grazie ad una grande storia ed alcune idee molto originali, impossibili da ignorare. Per questo motivo, Bad Dream: Fever non è un capolavoro, ma penso sia consigliabile giocarlo almeno una volta nella vita, se si apprezza il genere di riferimento, dato che si pone come un esponente unico e memorabile dello stesso.
La storia nella storia
La trama di Bad Dream: Fever inizia con un pretesto insolito: il mondo è stato completamente annientato da una malattia, che cosparge di inchiostro persone ed edifici, fino a farli deteriorare. Starà a noi, con l’aiuto di una misteriosa ragazza, risolvere la situazione e capire l’origine del virus. Fin qui sembra qualcosa di “già visto”; tuttavia questo è solo il preambolo delle vicende, che si evolveranno in qualcosa di molto originale e, per certi versi, filosofico. La storia, infatti, presenterà ben presto un colpo di scena inaspettato, il quale metterà tutti i fatti vissuti sotto una prospettiva completamente diversa, divenendo la base per enigmi insoliti e rendendo lo stile visivo del titolo improvvisamente coerente con la trama narrata.
A questo punto, infatti, abbiamo una storia che parla di ossessione, follia e sacrificio; in cui vediamo che la troppa dedizione, a volte, può portare a gravi conseguenze. Un tema completamente diverso da quello iniziale, il quale mostra al giocatore un messaggio molto chiaro ed inaspettato, diventando quasi “personale”, rendendo tutto accattivante e memorabile.
Dire dei dettagli aggiuntivi sarebbe davvero un peccato, dato che rovinerei la sorpresa, ma posso assicurare che i risvolti delle vicende saranno davvero inaspettati ed imprevedibili, rendendo tutto molto interessante. C’è da dire che nelle prime fasi ci sono alcune parti fin troppo lunghe, ma una volta superate quelle siamo di fronte ad una trama interessante, in grado di intrattenere fino alla fine e di giustificare tutti i nostri viaggi in questo particolare “incubo”.
Tanti, tanti click…
La parte puramente ludica del gioco rientra nel classico genere del “punta e clicca”, simile a titoli come il classico Monkey Island. Come da tradizione, quindi, occorre muoversi in diverse location, rappresentate da schermate statiche, all’interno delle quali possiamo cliccare per muoverci verso altri luoghi oppure per raccogliere ed utilizzare oggetti. Anche in questo caso gli oggetti possono essere combinati per risolvere gli enigmi ambientali necessari a proseguire nell’avventura, oppure vanno usati in modo specifico per interagire con punti dell’ambiente.
Fin qui, tutto molto classico. La parte bella arriva proprio dopo quel colpo di scena di cui ho parlato poco fa. Prima di quel momento il gameplay risulta abbastanza statico, tuttavia dopo quel punto particolare, gli enigmi si fanno originali ed intriganti, chiedendo al giocatore di pensare in modo insolito, rompendo la quarta parete, oppure utilizzando le classiche caratteristiche che solo un videogioco potrebbe avere, per far capire come risolvere un certo problema. Ancora una volta, sono costretto a mantenermi vago, dato che descrivere qualcosa significherebbe rovinare la sorpresa di scoprirla. Posso solo aggiungere che alcuni indovinelli chiedono di “uscire” dall’ambiente di gioco, considerando la natura stessa di quell’ambientazione.
Il bello di tutto questo risiede nella coerenza concettuale ed estetica delle schermate di gioco, che acquisiscono un rinnovato significato ed un “senso” completamente nuovo nella seconda parte dell’avventura. In altre parole, lo stile unico del titolo non è fine a se stesso, ma è inserito nella storia e nel gameplay in maniera magistrale ed originale; giustificando alcune schermate particolarmente insolite ed alcune battute della ragazza che ci accompagna, nonchè alcuni ragionamenti logici di determinati enigmi.
Proprio nella logica, tuttavia, arriva il punto debole del titolo. Gli enigmi hanno una qualità altalenante per tutta la durata del gioco. Alcuni di essi rispecchiano i classici del genere e richiedono di osservare l’ambiente e ricordarne gli elementi potenzialmente utili, dato che spesso serviranno più avanti. In altri casi occorre osservare i componenti in una stanza per capire cosa combinare per risolvere un determinato problema ed, invece, in alcune situazioni andiamo alla cieca.
Ci sono diversi casi in cui, purtroppo, non si capisce bene cosa fare e bisogna girare per tutte le schermate sperando di trovare quello che occorre. Questo accade perchè a volte i dialoghi danno indicazioni vaghe sul da farsi, oppure per una logica troppo forzata di alcuni rompicapo. Questo porta a muoversi per i luoghi e cliccare tutto a caso, finchè non si riesce ad ottenere qualcosa di utile. In questo, peraltro, non aiuta per niente il fatto che alcuni oggetti chiave siano “mimetizzati” nell’ambiente, sembrando parte di esso e non qualcosa da raccogliere.
In questi casi, viene in aiuto un’ottima scelta dello sviluppatore, la quale vede il cursore cambiare con l’oggetto necessario alla risoluzione di un enigma, quando lo passiamo sulla parte di scenario con cui serve interagire: dobbiamo riparare dei cavi? Se abbiamo il filo elettrico nell’inventario, allora il cursore diventerà l’oggetto in questione quando lo trasciniamo sopra. Questo, perlomento, elimina la parte in cui si cliccano a caso anche gli oggetti, riuscendo a snellire il gameplay ed a renderlo meno noioso in questi frangenti.
Purtroppo questo problema si manifesta più volte andando avanti e nononostante il gioco renda inaccessibili alcuni luoghi per ridurre il campo di ricerca, resta comunque molto fastidioso per chi non adora il genere alla follia. Tutto questo, peraltro, raggiunge il culmine in un punto specifico della storia, in cui serve premere un tasto che il gioco non indica e che non si è mai usato prima d’ora (il tasto destro del mouse, in caso tu voglia giocarlo). Questo caso è particolarmente fastidioso perchè il titolo rompe spesso la quarta parete, riferendosi direttamente al giocatore, ai click o al cursore; quindi, sarebbe stato utile farlo anche in questo caso, per indicare quel pulsante.
In ultimo, si può dire che alcuni punti nelle prime fasi dell’avventura sono dei riempitivi evidenti. Vediamo enigmi totalmente non necessari e piccoli momenti che allungano il gioco complessivo, ma non aggiungono nulla a livello di trama. Sono casi rari, ma purtroppo sono presenti e vanno segnalati. In questi casi, pensio sia sempre meglio un gioco più corto ma più intenso.
Molto belle, invece, le interazioni con gli oggetti cliccati. Questi ultimi faranno un rumore unico, in base al materiale od alla natura dell’oggetto stesso. Inoltre, Ella, la ragazza che ci aiuta, farà spesso battute e commenti ironici, che aiutano a delineare il suo carattere ed a darle un carisma capace di renderla un ottimo accompagnatore per tutta l’avventura, senza mai farci sentire la necessità di interagire con altri personaggi.
In parole povere, il gameplay di Bad Dream: Fever presenta dei picchi alti ed originali, alternati ad altri dimenticabili ed illogici. Per questo motivo il gioco non è pessimo, ma riesce ad offrire una buona esperienza di gameplay. Ma allo stesso modo, non è eccellente come sarebbe potuto essere, “limitandosi” ad offrire un buon gameplay.
Bello da vedere
Come accennato, Bad Dream: Fever è davvero curato sotto il comparto artistico e tecnico. La grafica, in generale, è composta da disegni statici, senza vere e proprie animazioni. Gli scenari a volte sono abbozzati ed in alcuni casi si vedono le linee di preparazione degli schizzi. L’inchiostro stesso che intacca il mondo è palesemente uno scarabocchio in penna. Ma qui arriva il bello: tutto questo è un pregio. Questo perchè è estremamente coerente con la trama narrata. Lo sviluppatore non ha presentato uno stile fine a se stesso, ma è riuscito ad inserirlo nella storia, motivando la natura stessa del mondo e dei disegni. Per questo va premiato. Non solo perchè è “originale” e basta. Ma perchè è originale ed inoltre inserito anche nel contesto che il titolo propone. Chiaramente non posso spiegare questo piccolo dettaglio, dato che rovinerei la sorpresa di scoprirlo.
Per questo motivo, penso che la grafica statica ed, a tratti, approssimata, sia voluta; ottenendo un’estetica finale molto bella e piacevole; peraltro accompagnata dal comparto sonoro di buon livello, che presenta delle musiche sempre adatte alla situazione e degli effetti sonori nella norma.
Per concludere
Vale la pena acquistare Bad Dream: Fever? Dipende. Il gioco offre una storia originale e piacevole, che sicuramente è il suo punto di forza maggiore. Allo stesso modo, molti enigmi sono originali ed appaganti, rendendo il titolo divertente. In ultimo, la realizzazione tecnica presenta uno stile unico, coerente con la storia narrata ed accattivante. Tuttavia, non è possibile ignorare alcuni elementi che fanno inevitabilmente scendere il giudizio finale, dato che sarebbero potuti essere più curati e far arrivare il titolo ad un voto più alto. Consigliato agli amanti del genere, che ritroveranno qui in esponente valido. A tutti gli altri, un pò meno, dati i difetti che affliggono il gameplay.
Lo potete trovare su Steam.