Jim Blascovich, professore di psicologia alla University of Carolina a Santa Barbara, ha pronunciato queste parole:
“Consiglio vivamente agli sviluppatori di permettere ai giocatori di personalizzare e progettare il proprio avatar come preferiscono”
Ma come mai?
Se ci pensiamo bene, ogni mattina ci troviamo a pensare a come vestirci, e in base al nostro umore, ai vestiti a disposizione, alla voglia di pettinarsi, al tempo che abbiamo e a tanti altri fattori anche caratteriali, personalizziamo il nostro aspetto in modo da trasmettere chi siamo o chi vogliamo essere a chi ci guarda.
Nel mondo videoludico, in linea con l’affermazione di Jim Blascovich, è sempre più diffusa la possibilità di personalizzare l’outfit del proprio avatar di gioco godendo di un repertorio di dettagli sempre più ampio, e scegliamo la razza o la classe, quando possibile, per la stessa ragione per la quale diamo un certo aspetto al nostro personaggio.
Sì, ma qual è la ragione?
Ebbene, se pensavate di scegliere, per esempio, un orco per godere di un bonus sulla forza, vi sbagliate di grosso: non è questo il motivo. Infatti, sempre più ricerche affermano che scegliamo come personalizzare l’avatar non per dei vantaggi in gioco, ma affinché rispecchi una versione migliore di noi stessi.
La psicologia dell’avatar: mettere se stessi nei videogiochi
Secondo Nick Yee, ricercatore ora nell’organico Ubisoft, il giocatore crea l’avatar a propria immagine e somiglianza, o meglio, come vorrebbe essere. In soldoni, il nostro avatar non sarà altro che lo specchio di come vorremmo essere, portando con sé una serie di curiose conseguenze.
Prima fra tutte il fatto che, sempre secondo il parere della scienza, più l’avatar viene costruito secondo l’immagine del Sé ideale del giocatore, più quest’ultimo si sentirà coinvolto nel gioco, immergendosi nell’esperienza e identificandosi con l’avatar; lo giocherà, insomma, come se l’avatar fosse lui, un po’ perché vorrebbe essere lui!
E risulta quindi ovvio come, dopo tanti anni, c’è chi frequenti ancora le piazze di WoW nonostante magari la dinamica di gioco non sia cambiata granché; qualcun altro invece è andato in cerca di proprio figlio in Fallout 4 sentendosi privato realmente di qualcosa di prezioso, proprio per quel che stiamo dicendo.
Ma quindi in base a come sono determino il mio aspetto in gioco?
Sì, ma c’è di più. Infatti, sempre secondo la scienza psicologica, sembra che sia vero anche il contrario: in base a come è il nostro avatar, deduciamo, secondo Daryl Bem, come siamo noi stessi. Se dunque vede che i suoi movimenti sono energici, le spalle dritte e il suo carattere bello carismatico, il giocatore sentirà di essere, o almeno lo deduce, nello stesso modo, in una sorta di fusione col proprio avatar.
E l’effetto non rimane solo quando siamo davanti allo schermo, ma può diventare una parte di noi.
Infine, se su WoW sono un orco, e gli altri mi vedono quindi come tale, sarò allo stesso tempo portato a comportarmi da orco, secondo come me lo immagino, permettendo quindi all’avatar di “dar forma” al giocatore.
In questo speciale abbiamo voluto approfondire la psicologia del videogame per provare a dare un’idea del come mai, a volte, ci sentiamo trasportati da alcuni titoli senza sapersi spiegare il perché, o il motivo per cui un mio personaggio mi è rimasto tanto a cuore.
Se vuoi leggere qualcosa di più al riguardo, oltre che negli scritti di Nick Yee, puoi trovare qualche spunto sul sito dedicato alla psicologia dei videogiochi.