The Midnight Sanctuary è una visual novel, genere videoludico che nasce in Giappone con il preciso scopo di raccontare una storia, come fosse un romanzo, però animata dai tratti tipici dei disegni orientali. Creato da due membri di Cavihouse e doppiato da professionisti in Giappone, il gioco è un’avventura testuale dalla forte componente narrativa, condita da un’atmosfera onirica e spirituale e da una colonna sonora, come spesso ascoltiamo nelle produzioni orientali, evocativa e intensa. Addentriamoci insieme nei fitti misteri che coinvolgono il villaggio di Daiusu allo scopo di scorgere trame nascoste e complesse sonorità evocative.
Trame nascoste
Impossibile iniziare questa recensione senza citare il notevole lavoro effettuato dal punto di vista della direzione artistica. Seppur graficamente minimali, le immagini che si susseguono su schermo sono caratterizzate da tratti vaghi e da colori intensi in modo da far scorgere solo i contorni dei luoghi, tutti ben amalgamati fra loro in una commistione di forme sicuramente affascinante.
La tematica spirituale e divina della narrazione è espressa in maniera originale ed efficace dalla presenza traslucida di mosaici a sfondo religioso fra le trame delle vesti degli abitanti del villaggio e fra i tratti delle case e dei luoghi. Durante il movimento dei personaggi e della visuale, vediamo questi mosaici variare e modificarsi mostrando intrecci complessi e dettagli sempre nuovi.
Tutto questo per coinvolgere il nostro sguardo e la nostra attenzione e spingerci a osservare più in profondità ciò che è mostrato ad un primo sguardo. Anche la trama va in questa direzione fornendo un racconto interessante e complesso che riesce ad unire spiritualità cristiana al folklore giapponese.
La storia vede Hamomoru Tachibana, un’esperta di storia e religione, raggiungere il villaggio cristiano di Daiusu in Giappone per studiare la cultura e le tradizioni locali allo scopo di modernizzarlo. Affiancata da una guida locale – di cui parleremo nel prossimo paragrafo – farà la conoscenza di strani abitanti che non tutti riescono a vedere e comprenderà quali misteri si nascondono fra le tradizioni di questo popolo. Senza aggiungere altro per evitare spoiler (che in questo caso distruggerebbero il gioco), quello che si può dire è che la narrazione tiene per tutte le circa 4 ore che servono al suo disvelamento in un’atmosfera onirica, dai vaghi tratti horror, perfettamente calibrata.
L’osservatore
Pur seguendo le vicende della già citata Tachibana, il vero nostro alter ego è la sua guida autoctona del villaggio, una figura sempre silenziosa, riconoscibile dalla sua bandana nera, con la quale siamo sempre in contatto e che ci permette di osservare tutto ciò che vede. Questo è il personaggio più simbolico e originale del gioco: non esprimendo nulla se non la sua presenza fisica rappresenta in pieno il giocatore/spettatore stesso, intento a seguire le attività dei protagonisti senza poter intervenire in nessun modo.
Inoltre, fondamentale per la fruizione del titolo, è la possibilità di godere del gioco interamente con un visore per la realtà virtuale. In questo modo possiamo seguire tutto l’intreccio dagli occhi della guida, come già detto, il nostro alter ego. Gli sviluppatori hanno giocato sapientemente con questo, fornendo al nostro personaggio anche interessanti risvolti di trama.
La modalità VR funziona in maniera quasi perfetta. L’immersione fornita dalla realtà virtuale rende il gioco, già di per sé interessante ma dalla difficile fruizione, un’esperienza totalmente nuova, appagante e che ci trasporta – anima e corpo – nel misterioso villaggio di Daisou.
Complesse sonorità evocative
Totalmente immersi nelle vie del piccolo villaggio giapponese, siamo accompagnati da musiche di assoluto pregio e sonorità spirituali che molto richiamano la tradizione cristiana ma al contempo mostrano una forza espressiva tipicamente orientale. Questo è l’aspetto decisamente più riuscito, in quanto aumenta notevolmente l’atmosfera e quindi al contempo la volontà di sapere di più sulla storia e sui suoi risvolti.
Inni sacri e temi che puntano a suscitare terrore e ansietà sono presenti ma non solo: ogni personaggio principale ha un suo tema musicale dedicato e questo non fa altro che aumentare la forza della sua presenza in scena. Questa, va fatto notare attentamente, è una caratteristica tipica delle forme espressive giapponesi e che apprezzo enormemente per la sostanza che riesce a conferire a luoghi e personaggi.
Fratture nel tempo
Se gli elogi espressi finora per il gioco fanno pensare che sia tutto perfetto, le cose non stanno esattamente così.
Il problema principale del titolo è proprio nel suo genere: non essendoci gameplay, se non la possibilità di scegliere quale luogo visitare per primo, la fruizione ne risente tantissimo. È vero che con il VR la pesantezza data dal continuo scorrere dei testi su schermo viene mitigata, tuttavia ciò non basta a cancellare l‘impressione che si stia assistendo ad un film lento e ripetitivo. Fruire di questa esperienza per più di venti o trenta minuti risulta quindi difficile e già dopo qualche sequenza l’attenzione viene ridotta notevolmente.
Inoltre, dopo lo spiazzante impatto iniziale dato dalla particolare direzione artistica, la grafica scarna e la ripetizione di scenari e tipologie di dialogo annullano l’effetto wow e rendono inevitabile l’insorgere di un po’ di noia.
Anche la storia, interessante e ben raccontata, non brilla per profondità e ritmo dei dialoghi, pur essendo un punto di forza del gioco.
In definitiva, The Midnight Sanctuary narra un racconto intrigante e ben scritto con sequenze esteticamente di pregio, non riuscendo però ad intrattenere e a divertire fino in fondo. L’opera spinge l’ago della bilancia del videogioco troppo verso l’aspetto “video” e, con una lentezza di fondo intrinseca per il genere, rende la fruizione a tratti molto difficoltosa.