L’uscita di Resident Evil 2 Remake è ormai alle porte (25 gennaio) e, come dicevo nell’articolo sul video di confronto fra l’originale e la demo del remake, profonde differenze colpiscono l’occhio e l’orecchio del giocatore analizzando entrambe le versioni. In particolar modo, un argomento che trovo assolutamente importante non solo per la saga di Resident Evil ma anche per il modo con cui si esperisce l’horror videoludico tutto, è quello del Sublime.
Il Sublime fra etimologia ed Estetica
Etimologicamente il sublime deriva dal latino sub (sopra) e limes (soglia o confine) e indica quindi il raggiungere il punto più alto, il confine inteso non solo in modo fisico ma anche spirituale, morale e filosofico.
In campo Estetico il sublime ha svolto un ruolo molto importante fin dall’antica grecia ma, per quello che interessa a noi, è d’uopo introdurre il concetto per come viene pensato nel Settecento. Alexander Baumgarten conia il termine “estetica” riferendosi al greco “aesthesis”, “sensazione” o ancora meglio “conoscenza tramite i sensi”. La definizione che egli dà alla sua opera “aesthetica” è la seguente:
L’estetica (teoria delle arti liberali, gnoseologia inferiore, arte del pensare in modo bello, arte dell’analogo della ragione) è scienza della conoscenza sensibile
In questo modo l’estetica si configura come una vera è propria forma di conoscenza che si occupa però di ciò che concerne le sensazioni, gli stati emotivi. Senza dilungarci troppo sul significato profondo di una visione di questo tipo e sul suo collegamento con la logica (tramite la quale la ragione realizza la conoscenza del mondo), è importante per noi che questo concetto ci introduca al ruolo della percezione nella fruizione e comprensione dell’opera d’arte. Chiaramente intendiamo il videogioco una forma d’Arte al pari delle altre, del cinema e della letteratura.
Seguendo Edmund Burke, che nel 1757 pubblica uno studio sull’argomento, si evince uno stretto legame con il genere dell’horror e del thriller che qui ci interessa:
Il sublime è tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore
Dobbiamo attendere ancora qualche anno, il 1790, per arrivare alla formulazione che ritengo più utile al nostro scopo: quella di Immanuel Kant. Nella sua Critica della facoltà di giudizio, egli rappresenta il concetto di Sublime così:
Sublime è il senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla natura sia nell’aspetto pacifico, sia ancora di più, nel momento della terribile rappresentazione, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza ma, al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi.
Non è difficile comprendere queste parole la prima volta che si entra nella Stazione di polizia in Resident Evil 2. Tutto in quella struttura è sovradimensionato. Sembra di stare in una cattedrale gotica (non a caso il sublime è tema portante del Romanticismo che riprende il Gotico) tanto è alto il soffitto che si staglia sopra la testa del nostro giovane Leon S. Kennedy. Lui stesso alza lo sguardo fino al tetto e con lui la telecamera del gioco e lo sguardo del giocatore che comprende subito quanto è piccolo rispetto alla struttura di quell’edificio. La statua posta di fronte a noi non è troppo grande ma appare distante come se fosse dotata di una qualità superiore (se vi ricordate, bisogna mettere un medaglione per far sì che si avvicini e lasci cadere la chiave). Il rumore dei passi, ritmico e rimbombante scandisce perfettamente le sensazioni provate dal giocatore e la musica, lirica e onirica come quella di un organo da cattedrale ci proietta in un luogo lontano nello spazio e nel tempo. I colori degli sfondi prerealizzati non sono mai caldi, toni freddi si abbinano perfettamente ad un luogo la cui vastità produce certamente sensazioni di gelo, non solo dovute al terrore che verrà provato più avanti.
La colonna sonora del gioco in questo modo, riesce a dare una caratterizzazione fortissima all’atmosfera del gioco, un po’ come è avvenuto anche per Metal Gear Solid con temi che riuscivano a ricreare perfettamente la sensazione di freddo che Solid Snake ha provato a Shadow Moses. L’attenzione all’aspetto musicale e atmosferico della colonna sonora è un aspetto che si è un po’ perso nei videogiochi odierni sebbene in grado di campionare dettagli sonori precisissimi. È vero che questo è sempre stato un aspetto primario per la cultura del videogame giapponese e che in mancanza di una grafica realistica si può veicolare l’atmosfera soprattutto con le musiche, tuttavia per alcune produzioni mi sembra che una deriva occidentale abbia spento quella capacità che creare veri e propri mondi che il giocatore possa abitare.
Resident Evil 2 Remake
È innegabile che una volta avviata la 1-shot demo di Resident Evil 2, il colpo d’occhio grafico permette di comprendere cosa sia successo nell’industria videoludica negli ultimi 21 anni (lasso di tempo fra le uscite dei due giochi), ma il feeling che restituisce è diverso. Non sto dicendo che sia brutto, al contrario, le sensazioni pad alla mano sono ottime è l’atmosfera di “quel” Resident Evil 2 a mancare e si sente. La visuale posizionata dietro le spalla schiaccia la prospettiva molto più stretta verso gli oggetti dello scenario rispetto alle inquadrature cinematografica, anche dall’alto, del capitolo del 1998. Inoltre, sembra proprio che tutta la struttura della Stazione di Polizia sia stata ripensata per renderla a misura d’uomo. Certamente è molto più realistica della precedente, ma, ripetiamolo, si perde quella dimensione spirituale e onirica che aveva il predecessore.
Tralasciando il valore di questo remake, che appare comunque altissimo, è importante soffermarci sulla deriva che il videogioco ha preso occidentalizzandosi, soprattutto per quanto riguarda il genere del survival horror. Bisogna fare una premessa, io non sono il tipo che si spaventa facilmente, anzi possiamo dire che nessun gioco riesce a spaventarmi nel senso puro del termine, mi piacciono le sensazioni che alcuni titoli riescono a lasciare e certamente P.T. e Resident Evil 7 con il VR sono esperienze toste da affrontare. Per questo motivo nel corso della mia vita ho esperito tantissimi videogiochi horror e ne citerò alcuni proprio per metterli a confronto con il concetto di sublime e con Resident Evil 2.
Non solo i primi Resident Evil, ma anche Silent Hill, Project Zero e il più recente Forbidden Siren hanno fatto della sensazione del sublime come percezione, il proprio punto di forza. E appare evidente che negli ultimi anni non siano usciti capitoli rilevanti né di Silent Hill né di Forbidden Siren, mentre la saga di Project Zero è rimasta un’esclusiva Nintendo, perdendo il potenziale che aveva da multipiattaforma.
Uno fra i titoli horror più riusciti, Outlast ha puntato tutto in un’altra direzione: c’è ancora la sensazione di essere inerme e impotente ma questa è veicolata da una visuale in prima persona che provoca jump scares e sensazione di oppressione più che terrore dato dalle dimensioni del gigante e del sovrannaturale.
L’arrivo di The Evil Within 2
A mio modo di vedere, per trovare qualcosa di simile alle atmosfere dei primi Resident Evil, bisogna guardare in un’unica direzione, verso l’unico titolo che è riuscito a trasportarmi in quella stessa atmosfera, o quasi: The Evil Within 2. Non è un caso che la saga sia stata ideata dallo stesso creatore di Resident Evil, Shinji Mikami, sebbene abbia diretto solo il primo capitolo della saga Bethesda e non questo secondo per il quale ha mantenuto il ruolo di Executive Producer.
La sua filosofia, ad ogni modo, si vede tutta. The Evil Within 2 ti proietta in una città non troppo grande ma liberamente esplorabile. La sua architettura a piani sfalsati è realmente sovrannaturale e la sensazione di pericolo è dietro ad ogni angolo, ogni porta, ogni casa, ogni passo, con situazioni sempre diverse alle quali il giocatore non si abitua mai fino in fondo. Le grande mole di possibilità di generare terrore non permettono di sentirsi mai al sicuro e le implicazioni psicologiche delle vicende (che si verificano come incubi che accadono realmente) lasciano all’interno del fruitore tutta una serie di sensazioni di impotenza e di terrore che per lungo tempo non avevo visto e provato in un gioco.
Il compianto Dead Space
Un altro titolo che ha fatto della deriva action/occidentale negli horror la sua rovina è stato Dead Space. Il capostipite, ambientato su una nave gigantesca alla deriva nello spazio era riuscito a restituire alcune di quelle sensazioni che affrontavamo in precedenza a proposito dell’infinitamente grande e della sensazione di piccolezza e impotenza che lascia. Peccato che, paradossalmente trasformato il gioco in un action per favorire l’avvento del grande pubblico, l’appeal del titolo abbia perso parecchio facendolo finire fra i progetti accantonati di Electronic Arts.
Il concetto di Sublime è importantissimo soprattutto nei videogiochi, i quali, grazie al senso di immersione che suscitano nel giocatore, riescono a creare atmosfera in maniera più densa e profonda rispetto ad un film. Quello che tutti noi ricordiamo di Resident Evil 2 e dei giochi del passato sono proprio le sensazioni lasciate dall’atmosfera. Le musiche coinvolgenti e ripetitive e la grafica mai troppo dettagliata da non lasciare spazio all’immaginazione (altro concetto fin troppo sottovalutato nelle produzione attuali), sono state per noi le prime fonti di qualcosa di “altro” rispetto alla realtà e sono quelle alle quali siamo più legati.
Il Sublime è nel passato del videogioco?
In conclusione, provando la 1-shot demo di Resident Evil 2 ho provato un buon feeling ma non ho percepito quelle sensazioni di Sublime che pure si potevano dare anche in un gioco del 2019. Le musiche originali sono appena accennate, riarrangiate, quasi in maniera irrisoria, per ricordare solo vagamente ciò che era l’atmosfera originale. Fateci caso: i passi non rimbombano più come nella marmorea stazione del capitolo originale, il menu degli oggetti non ha sonoro così come le porte e quello delle armi è flebile. Certo, la conversazione con Marvin è più profonda e intelligente ma questo rappresenta esattamente il gusto dei giochi occidentali, i cui creatori non hanno mai saputo sfruttare appieno musiche e atmosfera nei videogiochi e non nel modo con cui viene effettuato in Giappone. Vi lascio con una piccola domanda: chi è il regista più orientale fra gli occidentali? Se sapete la risposta e avete letto queste righe, avete anche un’idea del perché?