A meno che non abbia vissuto nella natura come Bear Grylls nell’arco degli ultimi mesi, chiunque abbia un minimo interesse verso l’industria dell’intrattenimento ha sicuramente sentito parlare di Fortnite. Non parliamo solo dei videogiocatori, ma anche di coloro esterni a questo medium. Di fatto, Fortnite è diventato un vero e proprio fenomeno sociale, andando ben oltre il mondo videoludico.
Anche sapendo ciò, le recenti dichiarazioni di Netflix lasciano spaesati. Sembra che il concorrente più pericoloso di quest’ultimo sia proprio il Battle Royale di Epic Games. Non, per esempio, altri servizi streaming che hanno acquistato i diritti di serie famose, ma Fortnite.
Questo sembra apparentemente insensato, eppure dietro queste dichiarazioni possiamo vedere un fenomeno incredibile, che ha lanciato i videogiochi verso il pubblico di massa come mai prima d’ora. In altre parole, che ci piaccia o meno, Fortnite ha fatto storia e verrà ricordato. Viene spontaneo chiedersi come questo sia accaduto e, soprattutto, che cosa sia diventato Fortnite adesso.
Per rendersi conto di cosa stiamo parlando, basti vedere alcune cifre pazzesche macinate dal gioco. Epic Games è stata valutata 15 Miliardi di dollari e Tim Sweeney è divenuto miliardario. La fama dell’azienda è cresciuta a tal punto da consentire l’apertura di un nuovo store online, che ha addirittura ottenuto l’esclusiva di The Division 2.
In poche parole, parliamo di un successo che definire “clamoroso” è riduttivo. Per questo va ripetuto: Fortnite ha già fatto storia. Può non piacerci e possiamo non apprezzare il genere, sia chiaro; ma la sua importanza mediatica non può essere negata quando diviene così evidente da rendere il gioco un fenomeno culturale vero e proprio, in grado di trascendere persino la sua natura di gioco.
Si ma, come ha fatto?
Come può un videogioco fare concorrenza ad un’azienda appartenente ad un altro medium? Peraltro, una grande come Netflix. Assurdo? Eppure sta accadendo proprio ora.
Questo è possibile perchè Fortnite in fondo è un prodotto di intrattenimento. Spieghiamo meglio: in economia due aziende dello stesso settore sono “concorrenti” quando i loro prodotti possono soddisfare la stessa esigenza: auto diverse, servizi streaming differenti o persino due pizzerie vicine. Questi sono concorrenti diretti, dato che i prodotti delle aziende si sostituiscono a vicenda.
A ciò si aggiunge la concorrenza indiretta, in cui due prodotti appartenenti a settori diversi possono comunque divenire dei sostituti alla stessa esigenza: un bus economico può essere preferibile ad un pieno di benzina; oppure, Fortnite può essere preferibile ad una serie TV per intrattenersi con gli amici un freddo pomeriggio d’inverno. In questo caso, un consumatore non hardcore che cerca intrattenimento puro e semplice per passare il tempo non fa distinzione tra i due settori, ma cerca solo di divertirsi.
Sapendo questo, ha molto più senso vero?
Diventa anche più sensato quando ci si rende conto che Fortnite è un vero e proprio fenomeno culturale di massa. Tantissime personalità esterne al settore hanno citato il titolo in diverse occasioni, mimando più volte le sue emote o manifestandone aperta simpatia. A questo si aggiungono tutte le persone esterne al mondo videoludico, le quali vedono ormai Fortnite come una sorta di simbolo di tutto il medium.
Contro Netflix, grazie a YouTube…
Come detto all’inizio, però, Fortnite non è solo un gioco. Il battle royale Epic Games non fa concorrenza a Netflix soltanto per le partite giocate dagli utenti ma anche per quelle guardate. Che sia su YouTube o su Twitch non importa: molti utenti “guardano” Fortnite (e si intrattengono nel farlo) per vedere le performance di giocatori più bravi di loro; in modo simile a molte competizioni sportive attualmente esistenti.
In altre parole, anche guardare le partite diventa parte della cultura generata dal titolo. Ogni giorno milioni di utenti scelgono di passare il loro tempo con Fortnite inseriti in una cultura a tutto tondo simile a quella calcistica; fatta di citazioni, giocate con gli amici, partite guardate in streaming (magari facendo il tifo) o discorsi sulla performance della partita appena conclusa.
In tutto questo, il videogioco diventa “soltanto” il fulcro intorno a cui ruota una vastissima esperienza di consumo, capace di coinvolgere gli utenti emotivamente e di appassionarli. Ciò che Epic Games ha creato (Senza neanche saperlo, probabilmente), non è un semplice prodotto fine a se stesso, ma un vero e proprio stile di vita per molti ragazzi, presi da un fenomeno culturale che coinvolge più media e settori divenendo memorabile.
E sia chiaro, qui non stiamo parlando della fantomatica dipendenza, ma di giocatori che scelgono di inserirsi nella “cultura di Fortnite“, vivendo un’esperienza completa, composta da stimoli emotivi provenienti da più media. In tutto questo, i giocatori più famosi diventano dei veri protagonisti, in grado di farsi vedere grazie alle loro imprese; le quali alimentano a loro volta la notorietà delle piattaforme di streaming su cui vengono guardate, che poi chiudono il cerchio alimentando nuovamente la cultura creata da Fortnite.
Quindi, non parliamo di una macchina cattiva che fagocita le persone per farle scomparire dal mondo reale. Tutt’altro. Parliamo di un fenomeno “socializzante”, che spinge i giocatori a giocare con i compagni e gli amici, per divertirsi e per parlare insieme delle proprie imprese. Parliamo di un punto fisso nella vita di molti ragazzi, i quali sanno di trovare Fortnite dopo essere tornati da scuola, proprio come noi trovavamo Dragon Ball tanti anni fa. Ovviamente, ai giocatori hardcore può non piacere, ma l’evento in sè non è negativo.
Che piaccia o meno, Fortnite è un fenomeno
Qui non si tratta di apprezzare o meno il titolo Epic Games, ma di riconoscerne la sua importanza e la sua diffusione. Il battle royale è divenuto un fenomeno in grado di influenzare la vita di una generazione intera, entrando prepotentemente nella cultura di massa e facendo tremare i colossi dell’intrattenimento di altri settori apparentemente distanti. In tutto questo ha fatturato guadagni pazzeschi.
Come ho accennato, è comprensibile che i giocatori hardcore siano frustrati dal fatto che titoli più completi ed emozionanti restino nell’ombra. Io stesso apprezzo maggiormente i giochi story-driven.
Tutto questo fenomeno culturale, tuttavia, ha mostrato al mondo in modo inequivocabile che il mercato dei videogiochi è vasto e dirompente; quindi è auspicabile pensare che tra tutti i gamer neofiti portati da Fortnite almeno qualcuno potrà appassionarsi a questo mondo che amiamo così tanto, per poi provare anche altri tipi di videogiochi.
Dopotutto, il mio primo gioco è stato “Pippo Acropazzie sullo Skate”, che non era certamente il massimo della profondità.