I videogiochi attuali puntano nella quasi totalità dei casi alla spettacolarizzazione totale sfruttando oltremodo la potenza computazionale degli hardware delle macchine da gioco in modo tale da assuefare i videogiocatori che, appagati da una grafica spacca mascella ed effetti particellari oltre il realistico, non si avvedono che molto spesso difettano di una trama degna di questo nome, messa lì come misero pretesto per giustificare le azioni di gioco. Invero, si possono contare sulle punte delle dita i titoli che possono vantare coevamente un comparto tecnico di tutto rispetto e una degna scenneggiatura.
Non fa eccezione l’ultimo titolo indie dal titolo Drowning, sviluppato da Polygonalwolfe e prodotto da Sometimes You che punta ad emozionare il videogiocatore senza però preoccuparsi altrettanto del relativo comparto tecnico. Ma procediamo con ordine.
Storia
Già il nome del gioco Drowning (in italiano “annegamento”) rimanda a sensazioni non proprio positive. Tutti noi siamo stati adolescenti e questa età rappresenta una fase cruciale dell’esistenza di ciascuno atteso che rappresenta la cosidetta transizione dall’età della fanciullezza a quella dell’età adulta. Molto spesso il passaggio non è indolore, ma anzi è costellatto di sofferenze psicologiche e talvolta anche fisiche. Ebbene di questa fase transitoria parla il gioco ed è destinato a chi quell’età l’ha superata da un pezzo giacché punta a rievocare i ricordi e le emozioni proprie di quella fase di vita: se non ci si lascia coinvolgere a livello emotivo, il gioco ha ben poco altro da aggiungere.
In particolare, il titolo racconta le disavventure di un liceale qualunque – che potrebbe essere ognuno di noi – in lotta con il suo stato depressivo causato dalla sua non accettazione, dalla mancanza di valide amicizie, dalle vessazioni che quotidianamente riceve e dal bullismo di cui è ahimè vittima. Ed ecco che l’incipit di gioco si rifà ai tristemente noti episodi che vedono le matricole oggetto di scherno e di crudeli scherzi al limite dell’illecito penale che sovente portano l’adolescente di turno, incapace di reagire, a provare quella sensazione di soffocamento cui rimanda il titolo dell’opera.
Grafica e gameplay
La storia del gioco è tutta qui. Non resta che passare alla disamina del gameplay: tengo subito a precisare che non si tratta di una rivisitazione in salsa indie di Bully, il titolo Rockstar che in un certo qual modo ha affrontato la stessa tematica dalla parte dei cattivi. A dirla tutta il titolo per come è stato concepito esula anche dai canoni del videogioco classico: non ci sono azioni da compiere o decisioni rilevanti da prendere, non c’è una grafica ad alta definizione nè esplosioni o sparatorie, non cè nessun altro ulteriore elemento che lo faccia rientrare nell’alveo dei titoli videoludici.
L’unica azione da compiere in questo titolo è quella di muovere lo stick per far avanzare il personaggio (con visuale in prima persona) che avanza in scenari di gioco a bassa definizione. Durante la passeggiata compaiono in sovraimpressione dei messaggi che descrivono lo stato emotivo del personaggio, sottolineato da una musica a tema che sottolinea i “momenti cruciali” di gioco a cui corrisponde un cambiamento di scenario. Ed è così che scopriamo lo stato depressivo del protagonista, delle sue insicurezze e delle sue paure che cominciano con il primo anno di liceo e lo accompagneranno negli anni successivi.
Durante la storia il gioco affronta le tematiche più comuni: gli inizi della infelicità, il divorzio, le amicizie che tali non erano, il senso di inadeguatezza per se stessi.
Benchè le meccaniche di gioco siano alquanto semplicistiche, lo stesso non può dirsi per i testi e la sceneggiatura che risulta assai curata e che riesce nell’intento degli sviluppatori di gioco di rievocare (o far provare) efficacemente nel videogiocatore lo stato d’animo del protagonista. I pensieri esplicitati dal personaggio durante la passeggiata appaiono tutti veri e coinvolgenti, tant’è che sono dell’idea che siano stati ideati da qualcuno che abbia vissuto in prima persona le esperienze raccontate.
Ed è così che il titolo riesce nel suo intento: durante la lenta avanzata può risvegliare in ciascuno di noi sentimenti ormai superati, farci rivivere esperienze dimenticate, riscoprire nella memoria persone che non fanno più parte della nostra vita e quant’altro abbia fatto parte della nostra età adolescienziale. A dettare i tempi di gioco è sempre l’utente che decide il ritmo della passeggiata che può essere finita tutta d’un fiato oppure può essere cadenzata al ritmo ritenuto opportuno assecondando l’impatto emotivo sortito.
Come anticipato l’ambiente di gioco è scarno ed a bassa risoluzione, ma mai uguale a se stesso. L’avventura comincia con uno scenario boschivo dai colori sgarcianti salvo poi diventare sempre più cupo e sinistro, man mano che il protagonista affonda sempre più nella depressione. Ad intervallare i vari anni in cui si svolge la narrazione del gioco, compare una improvvisa videata nera che segna la fine del capitolo corrente e l’inizio del nuovo
La passeggiata, della durata complessiva di 40-45 minuti, si svolge perlopiù nel silenzio più totale ma la musica subentra nel momento in cui viene descritta un’esperienza dal rilevante potenziale emotivo conferendo così al videogiocatore la sensazione tangibile di quanto sofferente possa essere lo stato depressivo adolescienziale.
In conclusione…
Tirando le somme, sicuramente il titolo non è per tutti ma solo per coloro i quali amano le avventure grafiche e testualie che abbiano una buona dose introspettiva. Diversamente l’opera di Polygonalwolfe lascerà indifferenti complice una realizzazione tecnica scarna e l’assenza di qualsivoglia meccanica di gioco che invogli il videogiocatore a prendere il pad in mano. Per coloro i quali invece hanno voglia di vivere (o rivivere) sulla propria pelle le emozioni che hanno contraddistinto la difficile età adolescenziale, troveranno in quest’opera un titolo molto valido. Anzi devo preavvertirvi che il titolo è talmente ben scritturato che sarà capace di indurre le stesse sensazioni di tristezza, di sconforto e di inadeguatezza vissute dal protagonista di gioco che, proprio perchè non caratterizzato, potrebbe essere ciascuno di noi.