Con Apex Legends, anche Respawn (i creatori di Titanfall, per intenderci) si aggiunge da ieri alla già lunga lista di chi ha sviluppato un titolo incentrato sulla modalità del Battle Royale. E se molti hanno inserito questa modalità all’interno di titoli più ampi, Respawn ha deciso invece di creare un gioco free-to-play con microtransazioni all’interno interamente basato sul sistema che ha fatto la fortuna di Fortnite. E non dimentichiamoci di Fear The Wolves, che farà la sua comparsa tra pochi giorni.
Sicuramente molti ricorderanno Candy Crush. Candy Crush è un giochino per mobile in cui viene semplicemente richiesto di impilare caramelle uguali per farle scomparire dalla schermata, una sorta di Tetris semplificato. All’uscita, forse perché appunto richiamava una meccanica poco impegnativa e vagamente familiare, ebbe un successo clamoroso, tanto che per un certo periodo è stato impossibile aprire Facebook senza essere travolti da un’onda anomala di notifiche nelle quali i nostri amici ci chiedevano fantomatiche “vite” per poter continuare a far esplodere caramelle. Altri sviluppatori furono attratti dal successo di Candy Crush. In fondo non era molto complicato da realizzare, e se aveva avuto successo Candy Crush potevano avere successo anche loro. In poco tempo saltarono fuori una valanga di giochi-clone in cui bisognava impilare mattonelle, spade, scudi, lontre e quant’altro. Ancora adesso, se utilizzate app con pubblicità all’interno, è facile imbattersi in filmati dove tizie ammiccanti e mezze nude massacrano dragoni arrabbiati supportate da una grafica mozzafiato, salvo poi scoprire alla fine dell’inserzione che si tratta dell’ennesimo gioco”Puzzle Qualcosa”.
La sensazione è che la stessa cosa stia accadendo con la modalità Battle Royale. I punti in comune sono molti, in fondo: qualcuno ha rispolverato e rivisitato qualcosa, ha avuto successo e di conseguenza molte altre api vogliono mangiare dallo stesso fiore. Peccato che il fiore sia uno e che il polline non sia infinito…
Battle Royale era l’opposto di ciò che è adesso
Battle Royale, in origine, è il titolo di un romanzo. Scritto nel ’96 e pubblicato nel ’99 dal giapponese Koushun Takami come denuncia verso la società ultra-competitiva attuale, narra le vicende di una classe delle scuole medie che viene rapita e portata su un’isola. Là i ragazzi dovranno uccidersi a vicenda finché non ne resterà uno solo, il tutto organizzato e filmato dal governo e trasmesso in televisione come una sorta di macabro reality show. Se all’inizio l’accoglienza fu un po’ fredda, per via della tematica e della crudezza con la quale veniva trattata, non ci volle molto perché il libro scalasse le classifiche.
Il romanzo ha avuto un grande successo, tanto che di lì a poco ne sono stati tratti un manga e un film. Sarebbe più giusto dire “diversi film”, in realtà, dato che tutta la saga di Hunger Games pesca a mani basse dall’idea di Takami, sebbene edulcorando molto la componente splatter (in Battle Royale i ragazzi muoiono spesso in maniere davvero truculente). Per essere un’opera di soli vent’anni fa ha avuto un numero davvero ampio di emuli e ha ispirato numerosissimi altri lavori; fino ad arrivare ad oggi, che spopola come modalità videoludica. A pensarci, è abbastanza ironico che sia diventato un gioco: ciò che nel romanzo veniva usato come metafora negativa è diventato un passatempo che in qualche modo esalta ciò che si voleva denunciare, ovvero la competitività e la scarsa considerazione della vita umana.
Raccogli, uccidi, muori, ripeti
Se non vogliamo fare un processo alle intenzioni, è però giustificabile un minimo di perplessità di fronte al proliferare di tanti giochi simili tra loro. È vero che la parola magica “gratis” è sempre un’ottima leva, ma viene da chiedersi se da sola basti a giustificare l’aspettativa di coinvolgere milioni di utenti, magari addirittura disposti a sborsare qualche dollaro per un costumino.
Secondo Drew McCoy, producer di Apex Legends, i Battle Royale non sono una moda passeggera ma sono un genere destinato a durare. Il punto di vista è sicuramente condivisibile, ma non è molto convincente la modalità con la quale ci si sta aprendo a questo mercato. Titoli quasi senza struttura, basati solo e unicamente sulla loro gratuità e su meccaniche tutto sommato abbastanza basilari, sono una strategia già tentata negli anni (specialmente su mobile) che però ha portato a illustri meteore e niente più.
Insomma, tutto sarà da vedere da qui a poco tempo, quando il mercato sarà saturo di prodotti identici tra loro e allora qualcuno dovrà distinguersi per poter sopravvivere, tornando di fatto al punto di partenza.