L’Avenger Bird del titolo non è un nuovo eroe Marvel dai mille poteri e no, non potrebbe mai sfilare il guanto a Thanos.
Semmai potrebbe passargli sulla testa e beccargli almeno eventuali residui di mangime, anche se non credo che il Titano Pazzo non curi il suo igiene.
Un uccello rosa all’avventura
L’uccello del titolo è un tipico volatile sferico di colore rosa beccomunito che dovrà fare di tutto per salvare i propri piccoli rapiti da un piratesco (in senso negativo) rapace grigio, in un quanto più classico platform a scorrimento orizzontale in 2d.
Ovviamente, come ogni buon padre/madre di famiglia, il pennuto dovrà girare il mondo provando a recuperare il proprio amore/onore perduto.
Per farlo dovrà raccogliere tutte le monete/ciambelle/cosetonde presenti nei livelli: solo dopo averli presi tutti, si aprirà una non meglio giustificata porta di legno da cui potremo gioiosamente uscire per raggiungere la mappa. Da questa poi abbiamo la possibilità di scegliere quale altro livello completare.
Ogni livello nella mappa è rappresentato da un pallino rosso ed avvicinandoci possiamo intuirne la difficoltà tramite una serie di piccoli teschi: più teschi, più difficile.
Fine della trama, il gioco non ne ha bisogno evidentemente, un pò come un Frogger o un Pitfall. Ovviamente lo sto scrivendo già pentendomi di aver scomodato due mostri sacri.
Come si sviluppa il gameplay
I livelli da completare sono 32 divisi in 4 mondi, senza contare il Boss finale. Il gioco ricorda un mario like platform old school ma è fortemente condizionato da Flappy Bird, troppo condizionato.
Per iniziare bisogna scegliere o creare lo slot di salvataggio utilizzando i vecchi floppy disk inseriti nei classici lettori predisposti. Anche lo stile è estrememante old school, pixelloso all’inverosimile e con gli stessi scorretti caratteri dell’epoca.
In quanto esseri alati abbiamo la possibilità di esplorare i livelli volando, ma forse a causa del rapporto sbagliato tra peso e dimensioni alari, non possiamo volare per più di 2 secondi: una barra di colpi d’ala si svuota quasi subito e non possiamo raggiungere punti sopra una certa altezza dal punto in cui ci troviamo. Per fortuna i voli più lunghi in linea orizzontale sono più permessi, grazie alla planata la cui barra si svuota meno velocemente.
La combinazione tra volo e planata è la base del gioco oltre a lunghe passeggiate e tanti piccoli salti,anche perchè non possiamo attaccare o difenderci in nessun modo. L’importante è non farsi colpire dai nemici (vari tipi di animali) e dalle trappole (compresi omaggi ai vecchi Super Mario).
In ogni livello abbiamo 3 vite e nessuna energia, quindi ad ogni collisione con i nemici o le trappole corrisponderà una “morte” del nostro eroe.
Oltre a vari checkpoint a forma di casetta degli uccelli potremo trovare degli scrigni con le vite, utili per avere più possibilità di trovare tutte gli oggetti.
Se qualche volta trovate difficoltà a capire dove siano gli ultimi cosi tondi da prendere o che strada seguire, una freccia gialla vicino all’uccello vendicatore indica la direzione corretta.
Su Switch è semplice districarsi tra i pericoli (in termini di giocabilità), infatti con lo stick sinistro ci muoviamo e con due pulsanti possiamo o saltare (volare) o planare. È presente, in maniera sicuramente eccessiva, la vibrazione come feedback ed è possibile giocare anche in modalità touch.
Il gioco è completamente in inglese, ma non credo che ci siano grosse difficoltà per chiunque ad utilizzare Avenger Bird appieno.
Grafica e sonoro di Avenger Bird
Dal gioco non possiamo e non vogliamo aspettarci molto dal punto di vista tecnico, e sicuramente non possiamo essere delusi sotto questo aspetto.
La grafica è ridotta all’osso e seppur tecnologicamente povera, a primo impatto ti proietta, almeno visivamente, nelle atmosfere di quegli anni dove per 16 bit si intendeva l’8k oggi per noi.
Pochi colori, una palette essenziale, nessun gioco di luce, solo qualche ombra qua e là.
La cosa andrebbe anche bene, volendo, ma già allora si tentava di dare varietà agli ambienti. Tutto ciò non accade qui e, per esempio, non c’è molta differenza tra il camminare sotto terra o in un albero o in qualsiasi cosa marrone chiaro.
I personaggi sono volutamente poveri in termini di pixel e texture e ok anche su questo, ma non può essere tollerata un’assenza totale di gestione delle collisioni o, per me peggio, se il nemico è un serpente o un bue non cambia nulla: stessa velocità, stessi movimenti, stesso pericolo. E spesso anche stesse dimensioni tra animali di specie distanti anni luce tra loro.
Ecco, ora mi viene alla mente il pensiero di sintesi: la grafica di Avenger Bird vince se non ci stai giocando, gli screenshot rendono molto più del gioco stesso. Come se ci fosse un downgrade emozionale mentre lo usi.
Dal lato sonoro non c’è nulla da segnalare, non che ci fosse una varietà di suoni e musiche varie. Solo che qui dopo un pò togli le cuffie e l’audio.
Tecnicamente parlando, l’aspetto più negativo di tutto resta comunque l’uso delle vibrazioni sui pad: ogni battito d’ali vibra in maniera monotona ed ossessiva. Non credo ci sia qualcuno sulla Terra che abbia giocato per più di 10 minuti con la vibrazione attiva. Se ci riesci, scrivilo sotto nei commenti.
Per fortuna la scarsa fame di risorse hardware, permette ad Avenger Bird di girare sempre fluidamente su Nintendo Switch, anche se ancora oggi non ho capito se alcuni bad clipping sono dovuti al codice di programmazione o voluti dai programmatori per aumentare la sensazione di retrogaming.
La mia domanda è però in fondo questa: ma si può realizzare un gioco così senza aver mai vissuto davvero quegli anni? Almeno in Old But Gold, la nostra rubrica sul retrogaming, c’è sia chi c’era davvero negli anni ’80-’90 sia chi, nonostante l’età, ha capito davvero come fosse prima.