Una settimana fa era l’8 marzo. In molti abbiamo portato una mimosa alle donne che popolano la nostra vita, che si tratti di amiche, di madri, di vicine o di relazioni d’amore. Ti ci sei ritrovato anche tu, vero? E allora com’è che, se nel giorno dedicato ci mostriamo in pratiche galanti di rispetto e di valorizzazione della donna, poi ci dimentichiamo che magari non compriamo un determinato gioco proprio perché è donna la protagonista che emerge in copertina? O magari non è così? La donna in copertina paga o è una rimessa per le software house?
Premettendo che non sto dibattendo in termini morali la questione, voglio solo portare ai tuoi occhi uno studio svolto nel 2012 da Near C.E., il quale si è chiesto, pochi anni fa, se la limitata presenza della figura femminile come elemento centrale di una copertina fosse una scelta oculata di marketing o meno.
Dopo aver analizzato 399 videogames, PEGI +12 e PEGI +18, usciti tra il 2005 e il 2010, lo scenario che si presenta è questo: nel 42% dei casi si ha un’esclusiva maschile nei personaggi rappresentati in copertina; il 7% sono le raffigurazioni solo femminili, mentre il 27% miste e il 24% personaggi alieni o comunque non prettamente umani.
Le ipotesi di partenza, fatte considerando i giochi destinati ad un pubblico adolescente o adulto, sono quattro: 1) le vendite sono minori se sulla custodia è presente una figura femminile senza uomini; 2) se la donna ha un ruolo centrale, anche se ci sono uomini comporta comunque un calo delle vendite; 3) se la donna è presente, ma marginale, lasciando all’uomo il ruolo di protagonista, allora il prodotto andrà incontro a dati di vendita maggiori; 4) se la donna è rappresentata non solo marginalmente, ma anche fortemente sessualizzata, allora venderà di più.
L’idea di base è quindi che per vendere il ruolo centrale deve essere comunque mascolinizzato, non sessualizzato, mentre viceversa se la donna è in una posizione marginale della raffigurazione. Questa visione da confermare o confutare, può trovare una sua concretezza se pensiamo che, nonostante Cassandra sia un personaggio molto apprezzato, Assassin’s Creed Odyssey si presenta nelle memorie di tutti sotto questa forma:
Con Alexios, non Cassandra.
Senza addentrarci in peripezie immaginarie ed elucubrazioni speculative senza fondamento, facciamo un passo oltre e vediamo dove la ricerca è arrivata.
I risultati
Per semplicità, vediamo come i risultati vanno a smentire o a validare le ipotesi di partenza.
In primo luogo, emerge l’evidenza che c’è una differenza marcata tra quanto vendono i videogames con solo uomini in copertina rispetto a quelli con solo donne, riportando anche che quelle con personaggi non umani non si discostano da quelle a dominio maschile. Seconda di poi, sembra che davvero la centralità del ruolo nell’immagine riporti differenze tra maschi e femmine, specificando che le seconde sono associate ad una minore vendita effettiva dell’articolo. Quest’ultima è maggiore, lo dicono i dati della ricerca, se la donna è in posizione marginale, che sia essa sessualizzata o meno. Infine, se è al centro del palco, vende di meno, sia con forte accentuazione sulla componente sessuale, sia senza.
In soldoni, quel che viene fuori è che le donne vengono rappresentate secondo gli stereotipi di genere perché altrimenti non comparirebbero proprio, non denotando un incremento degli incassi (anzi) da parte delle case produttrici, oltre ad essere un inconscio riflesso della società a cui i videogiochi vengono offerti.
Ma presto per infuriarsi per quanto emerge, è presto per dire “No, non è vero perché io ho tutti i Tomb Raider in edizione fisica”, o “Io non faccio differenza, il gioco mi piace comunque”, perché lo stesso autore di questa analisi sottolinea dei limiti di questa analisi che invece vanno considerate. In ogni caso, caro lettore, ti invito, insieme a questo studioso, a metterti una mano sulla coscienza, prima di trovare una giustificazione in quel che sto per dirti.
Infatti, se questi risultati possono essere preoccupanti e mettere a disagio ogni singolo giocatore, è altrettanto vero che Near non ha considerato che un gioco non viene reso noto al pubblico per la sola copertina, ma vi è tutta una complessa strategia di marketing che passa per molti altri canali, per cui probabilmente si arriva, in taluni casi, a vedere la confezione del gioco solo dopo esser stati abbondantemente bombardati dalle pressioni sui social, in TV, dai trailer e via dicendo. In più la fetta di mercato delle copie digitali, più difficile da inserire in statistiche del tipo di questo studio, va a rappresentare quell’alternativa che potrebbe effettivamente cambiare le carte in tavola, in parte persino vanificare i risultati di cui sopra.