Come sicuramente saprai, del resto sarebbe impossibile il contrario anche vivendo su Marte, qualche giorno fa Google ha presentato il proprio sistema multimediale, Stadia.
L’eco mediatica attorno al momento più atteso della GDC 2019 non si è ancora attenuata che è già il momento di fare un primo bilancio e una prima riflessione di quello che potrebbe essere un momento importante per l’intero medium.
La domanda, la prima che mi ronza per la testa da qualche giorno è: Stadia funzionerà?
Ora come ora è difficile a dirsi; il servizio di streaming videoludico di Google ha a disposizione le infrastrutture e le capacita di ingegnerizzazione di una delle più grandi compagnie tecnologiche al mondo, il che è sicuramente un punto a favore del suo successo.
I primi test sul servizio e sul prototipo di Project Stream effettuati lo scorso anno sono incoraggianti; Google ha dichiarato di essere in condizioni di abbattere il muro dei 25Mbps attualmente richiesti per Project Stream da qui al momento del lancio di Stadia, nel corso di quest’anno.
Il che renderebbe il servizio accessibile anche in Italia, che sappiamo non essere esattamente un paese evoluto quanto ad infrastrutture. Tuttavia al momento è pura teoria, non potremo fare delle esatte previsioni finchè Stadia non arriverà nel mondo reale, entrerà dentro vere case con un vero utilizzo di internet.
Il che mi porta alla seconda, inevitabile, domanda: Stadia avrà successo?
Anche a questa domanda è alquanto difficile dare una risposta, almeno con le informazioni in nostro possesso. Non sappiamo quanto costerà il servizio o che modello di funzionamento avrà; sarà un abbonamento come Netflix? Funzionerà con singoli acquisti come iTunes? Avrà costi iniziali oltre al controller (ammesso che sia necessario)?
L’arrivo di Doom Eternal è al momento l’unico segnale che abbiamo di supporto dalle major, insieme ad un titolo misterioso di Q Games che è l’unica esclusiva di cui al momento siamo a conoscenza. Non molto, in verità, ma speriamo di saperne un po’ di più nel corso dell’estate, magari in concomitanza con l’E3.
Quello in cui Google è sicuramente riuscita è stato rendere elettrizzante l’ascesa inevitabile al cloud gaming.
Del resto cosa è Stadia se non una nuova visione del videogame, che stravolge la tecnologia disponibile e lo rende più accessibile di quanto non sia stato finora.
Quando si parla di streaming, la reazione dei giocatori è spesso di scettica; è come se si temesse di perdere qualcosa nel passaggio dall’hardware locale ad un server decentrato.
E’ un problema pratico, se parliamo di videogame: il lag può rendere un gioco lento o una partita in multiplayer poco competitiva. Ma esiste anche una componente emozionale; il concetto stesso di videogioco ha sempre risieduto nell’idea di un qualcosa di magico, una scintilla che innesca l’immaginazione, tramite un’interfaccia tra giocatore e macchina.
Il timore, con lo streaming, è che questa connessione immediata possa spezzarsi.
Il rischio è preoccuparsi talmente tanto di come il cloud gaming possa rivelarsi all’altezza dell’esperienza videoludica per come la conosciamo e amiamo da non chiederci cosa queste nuove circostanze potrebbero offrirci.
E’ qui che torna in gioco Stadia, dal momento che durante la sua presentazione il messaggio principale è stato che il cloud gaming sarà diverso da tutto quello che abbiamo visto finora.
Proviamo ad analizzarli partendo dai miglioramenti che potrebbero avere un profondo effetto sul tempo che dedichiamo a giocare: se in un certo senso può introdurre un ostacolo tra giocatori e gioco, d’altro canto abbatte delle barriere finora considerate tabù. Non ci sarà più da scaricare un gioco, una patch o un aggiornamento di sistema. Potremo stare lontani dai giochi non più di una manciata di secondi. I tempi di caricamento ridotti da server ultra veloci. Minor consumo di energia, durata delle batterie aumentata e via dicendo. Cosa ancora più importante, il tuo profilo e il tuo gioco disponibili dovunque, su qualunque device.
Sono tutti elementi importanti per il giocatore moderno e sono applicabili ad ogni piattaforma streaming.
Stadia, stando alle premesse, va oltre questi concetti. Diversamente da altre piattaforme streaming, incluse le dirette avversarie come xCloud di Microsoft, non avrà controparti in locale o scatole da porre sotto le TV, definendo quindi cosa possa o non possa fare il che ovviamente ha delle implicazioni molto importanti.
Google Stadia abbiamo appreso che non è una console; la memoria disponibile è realmente illimitata e la velocità un lampo. La capacità di computazione non sarà ristretta alla necessita di restringere il tutto in una scatola di plastica, efficiente fisicamente ed in termini economici.
Un altro aspetto importante sarà la possibilità di “scalare”; in teoria gli sviluppatori potrebbero accedere al potere di più unità (come siamo abitati a pensare con le console) se necessario.
Google sarà in grado di aumentare le specifiche della piattaforma a proprio piacimento, senza costi aggiuntivi o controindicazioni per l’utenza; vista da questa prospettiva, alcune delle limitazioni che gli sviluppatori devono affrontare nel loro lavoro diventerebbero inesistenti o poco significative.
Anche il segmento multiplayer potrebbe cambiare radicalmente, con server e client fianco a fianco nei data center e in grado di scambiarsi un’enorme mole di dati in maniera istantanea, eliminando i tradizionali colli di bottiglia e rendendo ipoteticamente possibili partite con un centinaio di giocatori tutti presenti in contemporanea.
Per questi motivi, vada come vada, Stadia è la prima piattaforma di gioco elettrizzante da qualche decade a questa parte; dall’ascesa delle grafiche poligonali e del gioco online sul finire degli anni ’90, ci siamo assuefatti alle migliorie che la tecnologia ha apportato su sistemi già disponibili, quindi diventa interessante avere a che fare con un sistema che ridefinisce l’intero comparto.
Quando è stata l’ultima volta che una nuova generazione ha cambiato il nostro approccio ai videogiochi?
Dopo alcune generazioni in cui le piattaforme in competizione si sono avvicinate moltissimo in termini di specifiche e design, con l’eccezione naturalmente di Nintendo, diventa interessante vedere due giganti proporre visioni differenti su come una piattaforma possa essere.
Microsoft, con il progetto xCloud basato su Xbox, vuole portare ovunque il sistema di gioco che già conosciamo; invece Google vuole rivoluzionare il gaming utilizzando il cloud computing per aprire nuove frontiere nel game design e nelle tecnologie, cancellando al tempo stesso le differenze tra videogame, streaming e più in generale internet.
Per certi versi la vision di Google è più interessante di quella di Microsoft, se non altro per la sua audacia e le possibilità che lascia intravedere.
Ma, ribadisco, non è una questione semplice.
Il campo di azione di Google è fondato sulla tecnologia, con l’assunto che ovunque vada la tecnologia i contenuti la seguano.
Ma questo non è detto, ricordo ancora la presentazione che John Carmack fece nel 2012 di un prototipo di Oculus o del primo Vive di Valve e HTC nel 2015: dopo tutto questo tempo il gioco in VR si è evoluto in una nicchia interessante, ma non ha fatto il salto di qualità e non ha risposto ad alcune delle domande generate dalla sua tecnologia.
Per realizzare i presupposti del cloud gaming, Google necessita innanzitutto di killer application disegnate specificatamente per Stadia; è vero, ha fondato un proprio studio ma sembra si trovi ancora in uno stato embrionale, con il gacpo Jade Raymond che ha appena iniziato a lavorarci su. Al momento non sono state fatte acquisizioni importanti o contratti in esclusiva, personalmente ritengo che esclusive in grado di definire la piattaforma ed attrarre i consumatori siano ancora lontane alcuni anni.
Paragonando il momento attuale con quello dell’ingresso di Microsoft nel mercato delle console nel lontano 2001,quando il colosso di Redmond venne guardato dai videogiocatori con sospetto, Xbox era ottimamente ingegnerizzata e dotata di buone specifiche ma alla Microsoft sapevano che tutto questo sarebbe stato inutile senza il giusto titolo da mostrare sul nuovo sistema, in grado di appassionare i fan.
Fu così che acquisirono Bungie, fecero di Halo un titolo della line-up al lancio ed il resto è ormai storia.
E’ironico che a capo del progetto Stadia ci sia Phil Harrison, un veterano dell’industria con numerosi risultati alle proprie spalle, il cui ultimo incarico di alto profilo fu proprio cambiare la rotta disastrosa intrapresa dal lancio di Xbox One nel 2013.
Intervistato oggi riguardo Stadia, Harrison è apparso sicuro e persuasivo come sempre, tuttavia sciorinando le iperboliche prestazioni del network di Google e la sinergia tra Stadia e YouTube è parso più un dirigente del colosso tecnologico che un esperto del settore alle prese con una nuova macchina da gioco.
In buona sostanza la sensazione che ho avuto, a dispetto dei proclami contrari fatti durante il GDC, è che Google non sia arrivata ai videogiochi attraverso la passione ma solo attraverso YouTube, che ha acquisito una grande mole di pubblico interessato ai videogiochi praticamente per caso.
Ed è attraverso YouTube, che Google ti vuole portare su Stadia. Sicuramente la possibilità di passare con un click da un video di YouTube al gioco vero e proprio è una importante leva di marketing e potrebbe preoccupare i competitori della grande G; d’altro canto apre un canale diretto tra la piattaforma e un nugolo di comunità tossiche e creatori amorali che già oggi YouTube controlla a fatica.
Non tutti gli sviluppatori sono entusiasti, come Google sembra pensare. Lo Share State, che dovrebbe consentire di condividere con un semplice link progressi di gioco e setup, è un’innovazione coraggiosa che potrebbe avere applicazioni interessanti ma ha anche il potere di distruggere il game design o mal rappresentare i contenuti di un gioco.
E’un atto responsabile mettere uno strumento così potente nelle mani di una community che Google stessa ha dimostrato più volte non essere in grado di controllare?
E’ questo il momento in cui arriva l’ultima domanda, su cosa Google sia e cosa voglia da noi. Non devi ascrivere motivi particolarmente sinistri a questo gigante della tecnologia per essere preoccupati dalla sua influenza, onnipresente nelle nostre vite, o focalizzarti su quanto inetta e disinteressata può essere nella gestione degli effetti delle proprie azioni.
Sembra che Google oggi voglia i videogiochi perché vuole tutto, semplicemente. Tuttavia la passione per i giochi può essere imparata, persa e re imparata. Chiedi a Microsoft.
Con Stadia, Google sta creando una piattaforma molto potente e flessibile in grado di trasformare il modo con cui giochiamo, facciamo e pensiamo i videogames; potrebbe tuttavia occorrere del tempo perché il mondo del gaming accolga la visione di Google.
La stessa Google necessita ancora di tempo per capire l’industria e dare forma ai propri piani per rivoluzionarla e molto più lavoro servirà loro affinchè questa rivoluzione sia positiva.