Io volevo tanto vedere l’esotico pianeta MASSAGE-2(AB)b, il gioiello del sistema stellare binario Akycha. Io…io volevo incontrare una fauna interessante, stimolante, con una biosfera antichissima…e radere tutto al suolo. Volevo essere il primo ragazzo del mio quartiere a costruire un ascensore spaziale funzionante in mezzo a una brughiera di altrimenti inutile vegetazione aliena.
E grazie a Satisfactory, prodotto da Coffee Stain Games e attualmente in accesso anticipato su Epic Games Store, sono riuscito con successo a rendere operativa la mia prima catena di montaggio industriale. Laddove prima c’erano solo sterili praterie di lussureggianti arbusti sconosciuti e improduttivi cieli azzurri, ora sorge il seme del capitalismo industriale. Lo skyline si è riempito di cavi elettrici e ciminiere e la produzione è stata avviata efficientemente verso la metallurgia pesante.
Che chiedere di più?
Satisfactory è l’undicesimo titolo della software house svedese fondata da Anton Westbergh, Johannes Aspeby, Mikael Mård, Oscar Jilsén, Gustaf Tivander, Daniel Lundwall, Markus Rännare, Joakim Sjöö e Stefan Hanna; i nove membri di quell’improbabile Compagnia dell’Anello, nata nel 2010 a Skövde, che ci ha già regalato titoli eclettici e di insperato successo come i tower defense in prima persona Sanctum e Sanctum 2 e il leggendario e bizzarro Goat Simulator.
Comincia il gioco…
In quell’esotico ibrido tra un survival in prima persona e uno strategico gestionale che è Satisfactory impersoneremo un anonimo colonizzatore/minatore/capitalista in boccio della Ficsit, multinazionale interplanetaria esperta nell’estrazione di risorse minerarie e nella produzione di componenti industriali. Il nostro scopo, dopo un brevissimo briefing video durante l’atterraggio sul pianeta, sarà smantellare la nostra capsula e costruire una base operativa: per fare ciò dovremo trovare un terreno pianeggiante il più vicino possibile a fonti di minerale ferroso, in modo da avviare una produzione rapida e continua di semilavorati.
La nostra base, o H.U.B, è dotata inizialmente solo di un terminale d’accesso, da cui potremo controllare i progressi nell’evoluzione della nostra struttura, i piani di costruzione in nostro possesso e i materiali necessari all’evoluzione della base, un generatore a biomassa che produce energia elettrica dal consumo di elementi vegetali trovati in loco e un banco di lavoro dove poter trasformare i minerali grezzi (ferro, rame, calcare e in seguito bauxite, un minerale a base di alluminio) in lingotti e semilavorati. Man mano che forniremo abbastanza elementi al terminale, quali lamiere, tubi, filo di rame e così via, avremo accesso ad attrezzature sempre migliori e più complesse, nonché nuovi progetti di costruzione: l’H.U.B. si arricchirà di infrastrutture, tra cui un utilissimo deposito personale extra, e verrà attrezzato con un moderno laboratorio di ricerca M.A.M, progettato per analizzare gli elementi del nuovo pianeta e trarne risorse utili alla nostra sopravvivenza e alla produzione di massa (non è una gita di piacere questa, dopotutto: bisogna fatturare).
Con la crescita della base ne conseguiranno anche vantaggi strettamente personali come l’allargamento dell’inventario personale. Inoltre potremo accedere a nuovi oggetti da costruire all’interno dell’officina e nuovi edifici che possono velocizzare ulteriormente la produzione fuori dal banco di lavoro (attività che in Satisfactory, a lungo andare, può portare a ripetute lussazioni dell’indice destro o del pollice sinistro, a seconda del tasto da premere prescelto per creare i semilavorati). La base ha diversi livelli di sviluppo indipendenti, ognuno accessibile costruendo una particolare struttura, e ogni livello si compone di diversi obiettivi, ciascuno dei quali sbloccherà due o più particolari tipi di potenziamento (slot inventario, progetti di costruzione o produzione e così via).
Infine, in Satisfactory sarà possibile la connessione delle strutture industriali in una o più corsie multiple attraverso l’utilizzo dei nastri trasportatori, che connettono ogni slot di uscita di un macchinario con quello di entrata di quello immediatamente successivo nella catena produttiva. Per fare un esempio, l’estrazione del ferro, in fase avanzata, richiede l’uso di un’Unità Miner automatizzata, la quale può essere connessa a una fonderia che produrrà lingotti, i quali possono essere indirizzati verso un costruttore che li trasformerà in semilavorati, e così via. Con l’evoluzione della base, avremo accesso a strutture via via più complesse che permetteranno anche la fusione e la divisione dei nastri trasportatori in modo tale, ad esempio, da portare due tipi di risorse diverse verso il costruttore e creare un semilavorato complesso (come ad esempio le lamiere rinforzate, ottenibili grazie a 4 lamiere di ferro e 6 chiodi), o ancora a smistare i prodotti verso due o più strutture e/o magazzini di stoccaggio differenti.
Giungle d’asfalto e non
Non bisogna tuttavia ignorare la componente di esplorazione, presente soprattutto nelle parti iniziali della sessione di gioco di Satisfactory: in una mappa con un territorio esplorabile effettivo di 30 chilometri quadrati accumulare un buon numero di risorse assortite è il modo migliore per evitare di fare continuamente avanti e indietro dalla base ai punti d’interesse, e non bisogna disdegnare nemmeno la ricerca dei consumabili rinvenibili in giro per le mappe (principalmente noci argentate e bacche rosa). Bisogna però fare attenzione anche alla fauna locale: possiamo trovare creature innocue come l’amichevole e schiva lucertola cane o la falena manta gigante che svolazza pigramente nel cielo, o ancora l’utilissima lumaca verde energetica, indispensabile per produrre i nuclei di sovraccarico che aumentano la produttività delle macchine; ma possiamo trovare anche bestie sputafuoco o gli irascibili cinghiali dalla coda piumata, pronti a caricarci a vista. Non c’è da temere, però: oltre allo scanner per i giacimenti minerari, tra i tanti mezzi a nostra disposizione avremo un utile pungolatore elettrico a corto raggio che ci aiuta a difenderci da ogni minaccia ostile e che può essere prontamente riforgiato all’officina.
La necessità di riforgiarlo potrebbe dipendere da una grave eredità che il gioco mutua da un ispiratore insospettabile: in modo affine a quanto accade nella serie di Dark Souls con le anime, infatti, in Satisfactory ogni morte ci farà droppare l’intero contenuto dell’inventario, che sarà possibile recuperare seguendo l’icona sulla bussola nell’HUD. E quando questo avviene un paio di volte perché una bestia aliena ti carica e ti spedisce in un crepaccio diventa difficile poi poter esplorare la zona con la tranquillità richiesta.
Un altro aspetto negativo viene dal fatto che le tre mappe disponibili sono fisse, disponendo della medesima conformazione per ciascuno dei tre biomi disponibili: in altre parole, pur ricominciando la sessione di gioco in uno stesso tipo di bioma (prateria, deserto o giungla aliena che sia) non ci ritroveremo davanti una mappa generata randomicamente, ma sempre le stesse identiche disposizioni di elementi e alture; il che può inficiare abbastanza sulla giocabilità, ma quantomeno fornisce, sul medio e lungo termine, qualche certezza sui punti cardine della mappa stessa. La natura stessa di ogni scenario, inoltre, non è un indicatore diretto della difficoltà della stessa, ma semplicemente si differenzia per distribuzione degli elementi: se nella prateria avremo abbondanza di spazio ma scarsità di vegetazione, nella giungla ci sarà tutto il fogliame e la legna che ci serve, ma sarà arduo trovare terreni pianeggianti per costruire, costringendoci a un uso più massiccio delle piattaforme artificiali.
Inoltre, pur considerando la sua natura di accesso anticipato, ci sono punti in cui le pendenze e i rilievi mostrano una diffusa lacunosità nelle texture che ci spingerà in settori inferiori al suolo, o ancora ci ritroveremo con un salto troppo corto per un’altura o una china appena al di fuori della nostra portata, aumentando lievemente la frustrazione in un giocatore occasionale o che si approccia al genere per la prima volta.
Il verdetto
In definitiva, però, si parla di un prodotto molto buono, dotato di una grafica discreta e capace di intrattenere parecchio. Il problema delle grandi (a volte enormi) distanze che man mano si dovranno percorrere può essere ovviato nelle fasi più avanzate con la creazione dei veicoli esplorativi, e in generale anche solo ammirare il panorama, che possiamo immortalare con la nostra fidata macchina fotografica, può rappresentare uno svago durante le più pesanti e meno divertenti fasi di attesa nella preparazione dei semilavorati necessari agli upgrade. La componente di costruzione a più livelli si rivela efficiente e ottimizzata per gli shortcut da tastiera, sebbene l’incapacità di utilizzare armi e consumabili contemporaneamente possa metterci in situazioni spinose nel caso in cui fossimo assaliti dagli alieni indigeni.
Ma si può stare tranquilli che, una volta costruito il primo ascensore spaziale e assistito al primo aggancio del modulo in orbita, tutti quei piccoli difetti passeranno in secondo piano.