Venture Kid è il gioco di debutto dello studio norvegese Snikkabo ed è stato pubblicato da FDG Entertainment. Rende omaggio a giochi come Mega Man con la sua formula di action platformer 8-bit in due dimensioni. Uscito originariamente nel 2016 per Android e iOS, negli anni è approdato anche su Steam e ora è disponibile su Nintendo Switch al prezzo di €10,00.
Un tuffo nel passato
Adesso ti racconto la storia del gioco e vediamo se ti fa pensare a qualcosa. Sei un ragazzo vestito di blu e gli eventi della trama ti forzeranno ad affrontare uno scienziato pazzo che vuole conquistare il mondo. Hai una figura familiare, più avanti di te con gli anni a farti da mentore e da supporto nella lotta. Dovrai completare otto livelli più una fortezza volante, dentro cui risiede la tua nemesi. La tua pistola ha proiettili infiniti e alla fine di ogni scontro coi boss, a eccezione di quello finale, otterrai un’arma con utilizzi limitati. Inoltre, l’opening del gioco vede l’inquadratura della telecamera focalizzarsi su una struttura geografica altissima e salire fino in cima a inquadrare il protagonista, il quale guarda eroicamente davanti a sé.
Se hai pensato “Ehi, ma stai descrivendo Mega Man 2“, ti sei fatto un’idea di quanto il platform Capcom abbia influenzato Venture Kid. Il protagonista non è il robot Mega Man ma l’umano Andy, il dr. Wily è Teklov, il dr. Light è… Zio Nome-Non-Pervenuto, hai una sorella altrettanto innominata che fa le veci di Roll e il grattacielo dell’introduzione è una rupe. La storia non ha particolarmente senso (per esempio, non esiste alcuna relazione tra Andy e Teklov come invece viene spiegata, pur brevemente, nella serie Capcom, quindi le motivazioni del protagonista sono insensate) e gli elementi di essa segregati al gameplay ancora meno, ma andiamo con ordine.
Struttura, progressione e gameplay
Nel menu opzioni possiamo cambiare i livelli audio, ascoltare le 28 tracce musicali e riassegnare i comandi scegliendo tra 5 diverse configurazioni predefinite. Il gioco supporta lo Switch Pro Controller e lo schema di controllo è semplicissimo: nell’impostazione di default con B e A si salta, con Y e X si spara e i pulsanti dorsali servono per selezionare gli oggetti ottenuti dopo i boss (non vengono assorbiti come in Mega Man, ma è lo zio a darceli). Questi ultimi non sono solo armi, quindi non sempre li si usa col comando di attacco: quello che consente il doppio salto richiede di essere equipaggiato nello slot apposito e, semplicemente, saltare due volte; quello con cui camminare sugli spuntoni da morte istantanea basta che sia selezionato per garantire tale abilità passivamente, e così via. La pistola di Andy e tutti gli oggetti ottenuti sono invenzioni dello zio, ma il nostro protagonista non è un robot: trovarsi ad avere proiettili infiniti nell’arma di base ma munizioni limitate per utilizzare un boomerang non ha alcun senso… ci si può passare sopra, tuttavia.
Venture Kid è stato tradotto in italiano, inglese, giapponese, francese, tedesco, spagnolo, coreano, russo, cinese e portoghese. Inoltre la versione su Nintendo Switch è stata non solo ricostruita da capo in C++, ma ha anche vari elementi esclusivi: tra essi figurano due modalità di gioco, Boss Rush e Sopravvivenza (nella prima si affrontano i boss uno dopo l’altro, nella seconda si ha una sola vita per giocare quanto più a lungo possibile tra ambientazioni scelte a caso). Le altre due normali modalità sono Avventura e Classica. Entrambe raccontano la storia, ma, mentre la prima permette di progredire nel gioco nell’ordine che vogliamo, la seconda stabilisce una progressione obbligatoria. Nei livelli si possono trovare cuori per curarsi, vite extra, oggetti segreti (il cui ruolo è legato al boss finale) e sfere gialle. Queste ultime sono una valuta finalizzata all’acquisto di vari potenziamenti nel negozio, visitabile sulla mappa concludendo o abbandonando uno stage.
Il gameplay è la vera nota dolente: Venture Kid ha del potenziale ma non lo sfrutta.
Gli oggetti speciali? Quasi potrebbero non esserci. A differenza di titoli come quelli dedicati al Bomber Blu, non hanno un’utilità specifica: non fanno più danno ai boss di altri stage e non sono essenziali ai fini dell’esplorazione, come accade ad esempio in Shovel Knight. Non li ho mai usati salvo un paio di volte durante l’ultimo livello quando, per liberarmi di ostacoli posizionati per essere inevitabili, ho fatto affidamento su una sfera congelante e un cannone che distrugge anche i nemici normalmente indistruttibili.
L’esplorazione? Non è incoraggiata e il gameplay è tristemente tutto uguale. Salvo alcuni salti quasi impossibili per cui bisogna trovarsi sull’ultimo pixel della piattaforma di partenza, il platforming non presenta sfide di sorta e i livelli non sono neanche belli da guardare.
La progressione della difficoltà? Inesistente, salvo un picco improvviso nell’ultimo livello, di cui parlerò a breve. Nell’intera partita, durata un’oretta, ho visto la schermata di game over esattamente una volta e la morte è irrilevante perché continuando si riparte comunque dall’ultimo checkpoint invece di ricominciare tutto lo stage, come accade in Mega Man (e titoli a esso ispirati). Ho facilmente ignorato o ucciso tutto con l’arma predefinita poiché i nemici non inseguono attivamente il giocatore, spesso si scordano cosa stanno facendo e smettono di essere una minaccia. Le loro hitbox sono dei giganteschi quadrati ed è impossibile evitarli in certe condizioni. La difficoltà, oltre a essere statica, è persino inconsistente: per esempio è possibile camminare sugli spuntoni senza protezione quando sono rivolti in orizzontale (cosa impossibile in altri giochi del genere). Inoltre, i boss sono di una facilità imbarazzante e ho scoperto con disappunto che soffrono della stessa demenza dei nemici normali.
Anche gli otto stage da visitare non hanno senso. Andy non lotta con scagnozzi del nemico finale e i boss non vi sono legati: semplicemente va in giro a picchiare cose e poi, concluso l’ultimo livello, si ricorda della fortezza volante dove risiede l’unico nemico che gli interessa.
Beh, qui il gioco decide che se non riesce ad essere difficile in maniera intelligente, lo diventerà mettendo trappole di morte istantanea dappertutto. La componente trial and error si impenna vergognosamente e il boss finale non è da meno: non solo concludere lo scontro è impossibile se non si trovano tutti i tesori segreti del gioco (non impedendo l’accesso allo stage ma troncando la battaglia, costringendo il giocatore a ricominciare tutto) ma è anche una lotta lunghissima, divisa in un totale di ben otto segmenti ininterrotti. Essi si dividono in combattimento e volo nello spazio, dove lo schermo avanza automaticamente. Questi ultimi sono stracolmi di spunzoni mortali e strade inquadrate volutamente male, al fine di ingannare il giocatore e aggiungere difficoltà artificiale. Tornando mio malgrado a Mega Man, basta ricordare come in esso la telecamera scorra verticalmente o orizzontalmente da una schermata all’altra: ciò permette agli occhi del giocatore di inquadrare gli ostacoli con quel microsecondo in più per non morire ingiustamente. Qui invece tale meccanica è volutamente evitata. Mi spiace aver dovuto rivelare, sebbene solo in parte, come si struttura l’ultima parte di Venture Kid, ma è importante perchè è l’unico momento in cui la difficoltà passa da assurdamente bassa ad assurdamente alta in maniera ingiusta ed è necessario saperlo per contestualizzare il voto finale.
Musica, grafica e tecnicismi
Qui arriva un’altra nota di merito: la colonna sonora chiptune di Venture Kid, composta da Matt Creamer (famoso per il suo lavoro su Blossom Tales e Retro City Rampage), sebbene non faccia gridare al miracolo, è gradevole da ascoltare. Gli effetti sonori invece sono piuttosto standard.
La grafica è funzionale, ma poco altro. L’estetica 8-bit fa il suo lavoro ma le ambientazioni sono poco ispirate e per nulla memorabili. Mentre a uno sguardo potrei, ad esempio, riconoscere una stanza o un’ambientazione di Shovel Knight grazie alla sua enorme personalità e quantità di dettagli, di questo gioco non ricordo niente di niente. Questo mi ha portato, tra le altre cose, a non aver minimamente voglia di esplorare.
I modelli sono dimenticabili e ci sono fin troppi palette swap di nemici e persino di boss. Inoltre l’ispirazione ai nemici di Mega Man è così palese, sia nei movimenti sia nelle animazioni d’attacco, da essere imbarazzante. Nemmeno usare gli oggetti speciali dà soddisfazione o coinvolgimento, poiché le animazioni sono lente e legnose in tutti i comparti, incluso quello.
In conclusione
Venture Kid è, a mio avviso, un titolo per cui si poteva fare molto di più. Gli sviluppatori hanno curato il prodotto ed è evidente l’impegno messo nella versione Switch, ma la mia impressione finale è che ci si sia globalmente accontentati della sufficienza. Poiché esistono platform gratuiti ed eccellenti come Iji, Cave Story e You Have to Win the Game, trovo assolutamente ingiustificabile i ben €10,00 richiesti per questo titolo. La sua quasi totale mancanza di originalità mi porta a concludere con un semplice consiglio: piuttosto giocati Mega Man.