Kotodama: The 7 Mysteries of Fujisawa è un gioco che mi ha davvero sorpreso. Sarò molto schietto, ma quando ho saputo di doverlo recensire, subito dopo aver visto il trailer per cominciare a capire di cosa si trattasse, ho davvero creduto che mi sarei trovato davanti all’ennesimo gioco dal gusto prettamente orientale con un gameplay da puzzle game messo lì giusto per darti un piccolo senso di gratificazione nel farti “guadagnare” delle scene fanservice. A dispetto delle mie aspettative iniziali però, ho trovato invece un gioco ben riuscito, con un fanservice presente ma a suo modo giustificato all’interno della narrativa e che tutto è tranne il nocciolo centrale del titolo.
Una storia sorprendente
Parlare della trama di Kotodama:The 7 Mysteries of Fujisawa senza fare spoiler non è assolutamente facile: la trama infatti è composta da sette capitoli anche piuttosto brevi, ma sarà solo dal quinto che la storia prenderà una piega piuttosto particolare e inaspettata. Ogni volta che faremo delle scelte sbagliate e che imboccheremo delle strade che non ci porteranno a scoprire tutta la verità che sta dietro alla nostra accademia, torneremo al primo giorno del nostro arrivo all’istituto. La storia si snoda partendo dal più classico dei cliché giapponesi, dove impersoneremo uno studente appena trasferitosi all’accademia Fujisawa e potremo scegliere sia il nostro sesso che il nostro nome. Ci accompagna Mon-chan, una piccola demone volpe che potremo vedere solo noi e ci fornisce il potere del Kotodama, ovvero la possibilità di influenzare le persone attorno a noi e di estorcergli la verità anche contro la loro stessa volontà.
Subito dopo il nostro arrivo conosceremo Nanami Kagura, la classica ragazza iperattiva, mal interpretata e fraintesa dai suoi coetanei e sempre pronta a raccogliere membri per il club scolastico dell’occulto. Con la scusa di farci da guida all’interno del complesso scolastico, come facilmente prevedibile, alla fine ci uniremo alla causa di Nanami e della presidentessa del club, Wakaba, nell’ardua impresa di risolvere i 7 misteri dell’accademia Fujisawa.
Come già anticipato dal quinto capitolo le cose si stravolgeranno e acquisiremo indirettamente la capacità di tornare indietro nel tempo e ricominciare dal primo capitolo ogni volta che ci troveremo davanti a un vicolo cieco della trama, fra l’altro con una piccola rottura della quarta parete che rende il gioco ancora più particolare.
La trama, che sembrerà inizialmente banale e incentrata su sette leggende metropolitane della scuola, prenderà man mano tinte sempre più dark lasciando a quelle leggende scolastiche un ruolo sempre più marginale. Questo concept di gioco del dover ripercorrere la storia più e più volte presenta inevitabilmente un problema: il gioco è altamente ripetitivo, e sebbene alcuni eventi vengano affrontati con il senno del poi e possano essere superati in maniere differenti da come fatto precedentemente, una maggiore varietà nei dialoghi non avrebbe di certo guastato. La parte più scricchiolante del gioco però è il completismo necessario a “grattare la superficie delle verità“, ovvero dovremo assistere ad ogni evento possibile per avere una visione globale e completa di tutto: un piccolo indirizzamento, piuttosto che ricorrere a dei trigger casuali dei nuovi eventi, avrebbe giovato allo scorrimento del titolo che sarebbe risultato meno frustrante e non avrebbe costretto il giocatore a dover rigiocare allo sfinimento. Se mai dovessi mancare qualche parola del potere avrai due opzioni: smanettare con i salvataggi, nella speranza di far partire l’evento che ti fornisca ciò che cerchi e nel caso di fallimento ricaricare il salvataggio, oppure, nello sfortunato caso in cui ti dovessi dimenticare di salvare persino arrivare a “finire” il gioco e dover ricominciare da capo, anche qualora ti manchi una parola soltanto. Ritengo questa casualità nel far partire nuovi eventi, l’unico vero difetto del titolo; i cliché, che potrebbero sembrare i classici stilemi di una narrazione “scolastica” giapponese molto pigra, non sono un difetto, ma un punto di forza del titolo, che nasconde volutamente dietro a personaggi apparentemente stereotipati qualcosa di insospettabile. Questo contrappasso però si risolve in troppe partite e se non giocato tutto d’un fiato questa sfumatura diventa parecchio sottile.
Il potere del Kotodama
Quando Kotodama: The 7 Mysteries of Fujisawa non è impegnato ad essere una visual novel rivela il suo gameplay, un puzzle game non troppo originale, sicuramente ben strutturato e totalmente legato a doppio filo alla trama e coerente con essa, un ottima scelta di game design che non suddivide storia e gameplay ma crea una sinergia unica fra le due componenti, donando una contestualizzazione efficace alla componente del fanservice: per venire a capo di ogni capitolo avremo la necessità di ricorrere al potere del Kotodama, un potere donatoci dal nostro demone famiglio che dovremo coltivare e potenziare tramite le “parole del potere“, ovvero delle parole sbloccabili tramite l’attivazione di determinati eventi che consistono nello scegliere le varie destinazioni in un determinato ordine durante le indagini dei misteri o scegliere determinate risposte piuttosto che altre. Queste parole andranno a potenziare i 4 globi che useremo nel tabellone e verranno registrate sul nostro “libro delle parole” un artefatto arcano che evocheremo per utilizzare il nostro potere.
Con il puzzle game arriva anche la componente fanservice: infatti per vedere oltre il velo della verità dovremo rimuovere anche un altro genere di velo; per andare in fondo all’anima delle persone e estrarne le verità nascoste dovremo spogliarle di tutti i vestiti cosa che vale tanto per le ragazze quanto per i ragazzi che incroceremo nel nostro cammino. Per svestire i personaggi dovremo riempire gradualmente la barra di felicità dei personaggi alla quale contribuirà maggiormente il tipo di globo più affine al personaggio, segnalato da un’apposita aura arcobaleno. Ad ogni quarto riempito del cerchio, riceveremo mosse aggiuntive e toglieremo una parte dei vestiti fino ad arrivare all’intimo. Quando l’indicatore sarà totalmente riempito verranno rimossi anche quelli donandoci la vittoria e un immagine ben poco gratificante delle grazie delle signorine. Il funzionamento dei puzzle è piuttosto elementare: bisognerà allineare 3 o più globi per farli scoppiare e per farlo basterà cliccare su i globi che una scelti andranno a posizionarsi nella parte alta del tabellone 8×8. Un buon numero di combo darà accesso a 4 powerup, dal funzionamento molto classico, che ci saranno di enorme aiuto. Nel caso stessimo per finire le mosse a nostra disposizione potremo ricorrere agli oggetti. Questi oggetti ci forniranno mosse aggiuntive, ma più saranno le mosse in palio, minori saranno le probabilità di riuscita. Se si fallisce l’utilizzo dell’oggetto il personaggio si arrabbierà e bloccherà alcuni globi. I globi si potenzieranno via via che acquisiremo le varie parole del potere e vedremo anche cambiare il loro aspetto nel tabellone al raggiungimento del secondo e del terzo livello di quest’ultimi: questo meccanismo è pensato per velocizzare le molteplici partite che ti verranno sottoposte e vi è un quarto tipo di globo proprio funzionale a questo, la parola SP che è un globo speciale ottenibile tramite eventi particolari. Se ne potrà ottenere uno a personaggio e sebbene molto raro sul tabellone, farlo scoppiare garantirà quasi 1/4 del cerchio della felicità.
Una buona cura per il dettaglio
In conclusione vediamo l’aspetto tecnico del titolo. Graficamente il titolo è quasi ineccepibile, vi è un gran numero di ambienti ben disegnati e che rendono la scuola un posto ben riconoscibile e familiare, con un character design davvero molto curato e ben strutturato.
C’è ovviamente qualche sbavatura ma niente che comprometta la qualità generale del titolo. Anche la colonna sonora e l’audio sono di buona qualità, con forse un numero troppo esiguo di tracce disponibili e ripetitive ma che sono davvero caratterizzanti e che non stonano mai con l’atmosfera creata, sempre azzeccate rispetto ai momenti in cui vengono proposte. Vi è anche un doppiaggio parziale in giapponese che però è davvero molto frequente, con tonalità che caratterizzano bene i personaggi e i loro stati d’animo. Anche da questo punto di vista il gioco è promosso.