Da quando THQ Nordic è nata, dalle ceneri dell’omonimo colosso statunitense, buona parte della sua attività è stata incentrata sul riproporre titoli storici dell’omonima THQ; laddove possibile, lo studio austriaco si è adoperato per riportare questi grandi titoli del passato su Switch, scelta giudiziosa considerato il successo della console ibrida di Nintendo.
Dopo avere, quindi, (ri)giocato con i vari Darksiders, The Raven e Titan Quest, stavolta è il turno di mettere le mani sul porting di Red Faction: Guerrilla che, attraverso un gioco di parole, è stato ribattezzato Re-Mars-tered Edition.
All’epoca della sua uscita originaria, datata giugno 2009, il terzo capitolo della saga Red Faction riscosse un discreto successo, con all’attivo più di un milione di copie vendute e ottime recensioni.
Questa remastered, nonostante gli sforzi encomiabili messi in atto dal team per farla arrivare su Switch, anziché ricordarci quanto fosse amato il titolo originale, ci fa notare come i titoli open world invecchino male.
Pur non essendo uno dei primissimi titoli open world, Guerrilla soffre di un problema molto comune all’epoca, risolto dalle software house solo in epoca più recente: il mondo del gioco non è sempre interessante da esplorare.
E’ vero, il gioco è ambientato su Marte, quindi il rosso polveroso e i paesaggi brulli sono appropriati e prevedibili; tuttavia gli spostamenti da un obiettivo all’altro avvengono attraversando ambienti anonimi, in un esercizio di monotonia.
Fortunatamente a mitigare il tutto contribuisce il mondo stesso che è relativamente piccolo e circoscritto, anche se non avremo mai la sensazione di viverci, come avviene ad esempio in un qualsiasi GTA. Tutto ciò che ci viene richiesto è di andare da un punto all’altro della mappa, seguendo delle frecce attraverso spazi vuoti e poco interessanti.
La trama, direttamente collegata ai capitoli precedenti di Red Faction, ci vede nei panni di Alec Mason (nome che non gode di originialità), un semplice minatore che poche ore dopo il suo arrivo su Marte si mette nei guai finendo per diventare un ricercato.
Il pianeta rosso è in mano alla Earth Defence Federation che, intervenuta 50 anni prima a difesa dei minatori, si è trasformata in forza di occupazione spietata e repressiva contrastata soltanto dai ribelli della Red Faction: il fratello di Alec è uno di loro e verrà ucciso durante una missione di recupero materiali.
Lo stesso Alec, inizialmente, verrà creduto morto dalla EDF, ma, in realtà, viene salvato dai ribelli e a questo punto non ha altra scelta se non quella di entrare a fare parte della resistenza, nonostante non sia animato da una particolare sete di libertà.
Le circostanze, unite al suo spirito di vendetta, lo renderanno l’eroe della liberazione marziana.
Le missioni che Alec dovrà compiere, nel percorso all’interno della fazione della ribellione, sono molto generiche e seguono questo schema: “raggiungi l’obiettivo, uccidi tutti”, “vai in quel punto e fai saltare in aria l’obiettivo”, con qualche piccola variante, talvolta dovremo proteggere degli alleati o salvare prigionieri, ma tutto si risolve con l’eliminazione di alcuni cattivi o qualche edificio da fare saltare in aria prima di sparire.
Se si fosse conferito maggior intrigo alla storia, se il protagonista fosse stato maggiormente carismatico, avremmo potuto avere una sensazione di incredulità e la struttura del gioco sarebbe stata, di certo, più interessante. Del resto non è così dissimile da quella dei vari Yakuza o The Witcher 3, eppure in questi titoli le cose funzionano meglio per merito di una narrazione più avvincente.
Purtroppo l’uomo qualunque coinvolto in eventi più grandi di lui non è Kiryu o Geralt, e tutta la superficialità delle missioni viene a galla immediatamente: ciò è un vero peccato perché date le premesse della trama il potenziale per qualcosa di migliore c’era tutto.
La storia è in effetti simile a quella di Star Wars; detta così può sembrare un’ assurdità, ma se ci ragioniamo un pò su, possiamo dedurre che: abbiamo un’organizzazione nata per scopi benevoli, l’EDF, che instaura una dittatura con una ribellione pronta a farsi valere e l’eroe della storia, proprio come Luke Skywalker, si unisce alla resistenza spinto dagli eventi – e tutto sarebbe meno che un eroe -.
Ma c’è una importante differenza: quello che rende Star Wars un capolavoro, amatissimo dai fan, è l’universo dentro cui è ambientato, pieno di personaggi interessanti, culture esotiche e una galassia di pianeti da esplorare, mentre per quel che riguarda Red Faction: Guerrilla, il punto debole è dato dal fatto che tra una missione e l’altra c’è il vuoto.
Non viene fatto alcuno sforzo per dare a Mason una personalità, e nemmeno è stata posta particolare attenzione nel creare un mondo vivido, con abitanti e culture tangibili: gli edifici servono solo per essere distrutti e i personaggi sono solo pixel da salvare o riempire di piombo.
Come detto, si tratta di errori di gioventù dovuti alla poca esperienza degli sviluppatori del 2009 con titoli open world; la stessa sorte di Guerrilla è condivisa dai titoli dello stesso periodo, dove la storia rappresentava il punto debole. Con l’aumentare della popolarità degli open world, l’approccio degli sviluppatori a questo tipo di giochi si è evoluto rapidamente, con il rovescio della medaglia che i titoli dei primi anni 2000 non sono invecchiati per niente bene.
Il gameplay
Le esplosioni sono il nocciolo di Red Faction: Guerrilla, come di tutta la serie, grazie al motore grafico GEO-MOD 2.0, che conferisce al giocatore un’ampia capacità distruttiva, qui tutto nel mondo di gioco può essere disintegrato, aggiungendo un elemento importante nel gameplay del titolo.
Diversamente dagli altri titoli della serie, non si potranno distruggere le montagne ma tutto il resto può essere polverizzato, ed è un qualcosa che ci verrà chiesto di fare piuttosto spesso.
Perlustrare gli edifici, capirne le debolezze strutturali, piazzare le cariche per poi fare qualche passo indietro e godersi i fuochi d’artificio, è qualcosa che diverte sempre, senza invecchiare, grazie all’ottimo lavoro del già citato motore di gioco.
I controlli non sono del tutto pessimi, anche se i Joycon di Switch non sono adattissimi al sistema di mira che è molto delicato e spesso ci costringerà a sparare alla cieca e consumare numerosi proiettili per abbattere un singolo nemico, oppure ad esporci avvicinandoci il più possibile per poterlo inquadrare, senza avere possibilità di scampo.
Se possibile, Guerrilla andrebbe giocato con il Controller Pro.
Dove il titolo pecca totalmente di realismo è nella gestione della fisica dei veicoli; qualsiasi mezzo presente nel gioco, dai blindati dell’EDF, ai camion più grandi, risponde nella stessa identica maniera senza tenere in considerazione la mole o la tipologia. Per fare un esempio specifico, in una delle prime missioni verrà chiesto di abbattere delle antenne dell’EDF, utilizzando un furgone appositamente rinforzato: bene, il veicolo si comporta esattamente come il triciclo leggero che spesso troveremo vicino alle basi, saltellando e rimbalzando dopo ogni impatto al punto da essere quasi ingestibile.
Si giunge quindi ad un altro problema, eredità anch’esso dell’età del gioco, ovvero i picchi di difficoltà.
E’ vero, ci viene lasciata una certa libertà su come completare le missioni e una volta ottenuti jetpack e armi esplosive a lungo raggio, ci sembrerà che Mason sia diventato un one man army, per sopravvivere, però, servirà ricorrere ad ogni trucco disponibile, dato che i nemici sono le solite spugne di proiettili e hanno l’abitudine di attaccarci su più fronti, rendendo i combattimenti dinamici e al tempo stesso frustranti.
Esiste anche un comparto multiplayer, che ha poca o nessuna utilità in questo gioco. Non sfruttare questa modalità, non lascia la sensazione di avere perso una fetta importante del gioco, essendo basata sulle stesse sparatorie ed esplosioni che già abbondano nell’avventura single player.
Segnali di Stile
Il porting per Switch di Red Factio: Guerrilla dà la sensazione di essere un ibrido old/current gen, con un risultato comunque dignitoso dal punto di vista visivo.
Il livello di dettaglio generale è senza dubbio migliore della controparte di 10 anni fa e riesce a restituire un’ambientazione polverosa e desolante, come potrebbe essere quella marziana.
Questo è particolarmente vero giocando in modalità portatile che, nonostante una minore risoluzione rispetto alla modalità dock, riesce a sfruttare al meglio l’ottimizzazione in quality mode.
Anche in questo caso siamo davanti a un titolo completamente localizzato in italiano, con un comparto sonoro che assolve pienamente al proprio dovere senza picchi di eccellenza.