Seguendo la moda di portare su Switch titoli indie del recente passato stavolta tocca a Trine 3, ultimo esponente di una fortunata serie uscito per la prima volta nel 2015.
Questa terza iterazione della serie segna anche un cambiamento importante nella formula di gioco, che passa dalle 2,5D dei primi due titoli al 3D tout court di questo capitolo.
Quando un franchise popolare decide di rivoluzionare un gameplay consolidato, le cose possono andare molto bene o molto male, senza vie di mezzo.
Prendiamo in esame Metroid Prime, a titolo esemplificativo: passare ad un ambiente in 3D dopo anni di titoli bidimensionali si è rivelata la migliore scelta possibile, con il risultato che parliamo di uno dei titoli più amati e influenti di sempre.
Nell’altra faccia della medaglia, possiamo trovare proprio Trine 3: The Artifacts of Power che è inferiore rispetto ai predecessori a causa di una transizione agli ambienti 3D malriuscita, che sfigura rispetto al gameplay in 2,5D a cui eravamo abituati.
Un mago, un ladro e un guerriero
Non si tratta di un totale fallimento, sia ben chiaro; Trine 3 è un viaggio spensierato in un mondo fantasy, che ci riporta alla mente le situazioni bizzarre e buffe di Fable, mentre viaggiamo per umidi dungeon, spiagge assolate e foreste colorate.
Ritornano i tre eroi dei precedenti capitoli: Amadeus, un mago il cui unico potere è fare apparire delle grandi casse, Zoya la ladra armata di arco e con la capacità innata di appendersi per raggiungere punti altrimenti impossibili e infine Sir Pontius, il nobile guerriero con un enorme scudo.
Anche se la storia è una semplice scusa per avviare il gioco e farci avanzare di livello in livello, il doppiaggio e i dialoghi sono apprezzabili; nulla di eclatante, ma strappano qualche sorriso di tanto in tanto.
Come da tradizione, i primi livelli introducono i tre personaggi e fungono da tutorial per le loro abilità; successivamente il gruppo si riunisce, facendoci entrare nel vivo del gioco con livelli più complessi che richiedono le abilità di tutti gli eroi, che potremo selezionare in qualsiasi momento.
Una situazione tipica ci vedrà affrontare un dirupo pieno di spuntoni letali, con un gancio a cui appenderci per superare il pericolo nei panni di Zoya; subito dopo dovremo salire su una piattaforma apparentemente irraggiungibile, toccherà quindi ad Amadeus far comparire una cassa che ci faciliterà la scalata. Una volta in cima è probabile che dovremo superare un fossato, ricorrendo all’abilità che ha Pontius di utilizzare lo scudo come fosse un paracadute, planando oltre ogni ostacolo.
Attraversando i livelli dovremo raccogliere i Trineangoli, che come suggerisce il nome sono triangoli dorati sparsi dappertutto, indispensabili per sbloccare altri livelli. Passeremo quindi la maggior parte del tempo facendo la spola tra livelli, per recuperare quel Trinangolo che ci era sfuggito e senza il quale non potremo andare avanti; ovviamente questo è un metodo poco efficace, quasi scorretto, per aumentare la longevità di un titolo altrimenti abbastanza breve.
Rispetto ai capitoli precedenti, il cambio di prospettiva ha semplificato, anche troppo, il gameplay; i tre personaggi hanno poche mosse e abilità a disposizione, se inizialmente cambiare di continuo il soggetto, utilizzare Amadeus per manipolare l’ambiente circostante può essere divertente, la novità stufa in tempi rapidi.
Con un albero delle esperienze o mosse sbloccabili tutto sarebbe stato più gradevole, invece così è una mera ripetizione fine a se stessa.
Un altro problema dovuto al passaggio alle 3 dimensioni è dato dal posizionamento della camera, che è rimasta fissa creando problemi nella percezione delle profondità. In questo modo diventa talvolta complicato capire con esattezza la posizione del personaggio rispetto agli oggetti intorno, siano essi piattaforme o collezionabili.
Non si tratta di un problema di grande rilevanza nell’arco del gioco, ma sicuramente è un qualcosa che irrita a lungo andare, rendendo il tutto più frustrante di quanto non potrebbe essere.
La grafica, che non è di livello eccelso, soffre di alcune limitazioni dovute all’hardware di Switch ma nel complesso il lavoro di Frozenbyte, sotto questo punto di vista, è stato discreto. Purtroppo giocare in modalità handheld è molto complicato: il mondo di gioco appare talmente piccolo che, a causa dei problemi con la camera già affrontati, talvolta risulta difficile distinguere a dovere gli elementi del livello.
Per il resto abbiamo una palette di colori molto vivida e piacevole, con bei panorami che spaziano dalle spiagge oceaniche alle foreste piene di flora e fauna.