Probabilmente non hai seguito i contenuti del Season Pass di We Happy Few, dal momento che il titolo non ha avuto una grandissima accoglienza al lancio, a causa di problemi tecnici e di un design che ha mescolato un survival con la narrazione di titoli come Bioshock.
They Came From Below, il primo DLC, ha migliorato leggermente le cose e Lightbearer sta continuando sulla stessa falsariga, seguitando a fornire quello che le persone vogliono da un DLC: un nuovo promettente episodio con personaggi interessanti, gameplay unico e un mondo affascinante.
Glory Days
Lightbearer ci mette nei panni di Nick Lightbearer, una rockstar tossicodipendente che incontriamo brevemente anche nel gioco principale. Con i suoi giorni di gloria alle spalle, Nick si ritira dietro una cortina di droga, più spessa di quella dei cittadini, dipendenti da Joy, che lo circondano.
Le cose volgono al peggio quando si risveglia con i vestiti coperti di sangue, una memoria difettosa e notiziari che diffondono la notizia di un serial killer in fuga; mentre prova a nascondersi dai suoi problemi e dai fan che infestano il suo hotel, Nick scopre quello che è successo. O per lo meno, quello che pensa sia successo. Dopotutto è sotto effetto di droghe pesanti.
Ci si potrebbe chiedere come tutto questo può diventare un gioco in prima persona focalizzato sul combattimento corpo a corpo: beh, non in un modo normale, ovviamente.
Gameplay
Un po’ come il primo DLC, Lightbearer utilizza la cornice di We Happy Few per sviluppare un titolo del tutto differente. Nick è una rockstar, quindi interagisce con il mondo attraverso la sua chitarra: potremo suonare una serenata ai fan di modo da farci difendere da loro, o ancora con un riff delicato potremo sbarazzarci dei paparazzi e infine potremo mettere fuori gioco un gruppo di nemici con un accordo killer.
Si tratta sicuramente di un modo creativo per sviluppare un personaggio, anche se il lavoro non viene portato fino in fondo. Molti puzzle richiedono dei dischi d’oro, un qualcosa che suona come uno stratagemma a buon mercato per aggiungere varietà. Nonostante ciò è un piccolo compromesso in un’esperienza originale e divertente.
Oltre ai combattimenti con la chitarra, l’altro aspetto del gameplay degno di nota è dato dai trip allucinogeni. Il tutto avviene in maniera piuttosto simile a quanto visto nei vari Far Cry, anche se qui emerge un maggior fascino artistico.
Anche se queste sezioni risultano ammantate da una sorta di foschia, che non è propriamente l’ideale, in alcuni casi queste scene colgono nel segno se riteniamo il DLC una sorta di gioco horror. Non si riesce mai ad essere del tutto sicuri di cosa sia un’allucinazione o cosa stia accadendo realmente, che è esattamente quello che ci si aspetta da un narratore inaffidabile.
L’intera campagna è molto breve, si presenta allo stesso tempo come positiva e negativa, visto che uno dei problemi più grandi del gioco originale era dato dal suo essere eccessivamente stiracchiato. Con questo paradigma in mente, delle avventure mordi-e-fuggi risultano essere molto più fresche ma considerato il protagonista, tuttavia, una storia un po’ più lunga non avrebbe guastato.
Sarebbe bastata un’altra oretta per ripercorrere la carriera di Nick, invece di pretendere che i giocatori possano ricordarsi la storia principale fin nei dettagli. Oppure, bastava tagliare un po’ di gameplay superfluo e compensare con la narrazione. Indipendentemente da quante volte compaia, continuo a non trovare un senso al platform in prima persona; lo stesso dicasi per i combattimenti con i boss, fuori luogo per un titolo che è strano sotto altri punti di vista.
Pur essendo per ovvi motivi limitato, è facile divorare ogni angolo delle costruzioni di Lightbearer. La scrittura, vero fiore all’occhiello di We Happy Few, funziona bene anche qui. E’ difficile non pensare male di questo drogato molto stereotipato, durante la partita; eppure Lightbearer porta con sé un viaggio da farci vivere.
E’ piacevole giocare con un titolo che sa quanto è importante lo storytelling in un gioco, e quanto può catturare il giocatore. Un po’ come uscire per una sbronza con i tuoi amici: non sai quello che può succedere.
Segnali di Stile
Sarebbe stato carino anche ascoltare un po’ della produzione artistica di Nick. Abbiamo dei momenti musicali, è vero, ma la chitarra non suona nemmeno note differenti quando la usiamo per tenere a bada i fan. Sicuramente è un problema di budget, ma è comunque un peccato. La musica di mondi alternativi è interessante in titoli come Wolfenstein e nel già citato Bioshock: avrebbe funzionato anche qui.
A proposito di comparto audio, anche in questo DLC non si risolve lo strano problema per cui i personaggi parlano con una voce durante le cutscene, per poi cambiare del tutto doppiatore fuori dalle scene scriptate. Non aiuta granché l’immersività.
Il comparto grafico si comporta molto bene, con uno stile ormai peculiare a tutti gli appassionati del gioco che riesce ad essere sempre sopra le righe in maniera piacevole.