Into the Dead 2 arriva su Nintendo Switch, insieme a diversi titoli concepiti originariamente per il mercato mobile. Infatti, la natura ibrida della console Nintendo sembra renderla perfetta per qualsiasi gioco, sia esso sviluppato per una home console o per una fruizione in mobilità. Eccoci quindi a recensire questo particolare endless runner a tema zombie, che propone al giocatore un’accattivante visuale in prima persona e una storia lineare, ma comunque interessante.
La corsa per la vita
Se hai già visto Into the Dead 2 su mobile, allora saprai che, a differenza del primo capitolo, questo secondo episodio ha una vera e propria trama principale e diverse piccole storie secondarie. Quindi non parliamo di un endless runner con corse fini a se stesse, ma di un gioco con una vera e propria progressione e con un intreccio da seguire, seppur molto lineare.
Il protagonista della trama è un uomo che sulla via del ritorno verso la sorella e la figlia, distrugge il suo furgone a causa di un incidente. Purtroppo questo avviene in una zona molto lontana dalla sua destinazione, in mezzo ai campi. Ciò che resta da fare, quindi, è percorrere a piedi i chilometri che separano l’uomo dalla sua famiglia, cercando di evitare tutti gli zombie sul tragitto.
Andando avanti nel gioco, alla fine di ogni livello possiamo assistere a un breve dialogo attraverso un walkie tolkie tra il protagonista e, di solito, la sorella. Queste brevi scene di intermezzo portano avanti la storia vera e propria, che vede la famiglia dell’uomo in fuga dagli zombie. Non mancano momenti carichi di tensione e frustrazione, in cui si percepisce chiaramente che il nostro alter ego vorrebbe poter fare qualcosa di più per aiutare i suoi cari. Piccoli dettagli come il buon doppiaggio e la mano che trema in alcuni casi, infatti, rendono tutto molto più godibile.
Sicuramente siamo davanti a una storia lineare, piena di alcuni momenti “classici” dell’apocalisse zombie, ma comunque tanto basta per dare al giocatore un buon motivo per svolgere i vari livelli, tenendolo sempre con il fiato sospeso, grazie alla classica domanda: “come andrà a finire?”
Corsa al punteggio?
Pur essendo un’esperienza dalla natura “arcade”, Into the Dead 2 non propone soltanto una semplice corsa al punteggio, ma una progressione vera e propria. Ci sono anche delle sfide basate sul record, come la Strage Quotidiana, ma la modalità principale resta la campagna. Quest’ultima si articola attraverso diversi livelli separati tra loro, che propongono delle brevi corse dalla durata di pochi minuti ciascuna. In questo modo è possibile giocare velocemente un paio di stage, oppure farne cinque di fila.
Durante il gameplay vero e proprio controlliamo un personaggio che corre automaticamente in avanti, senza che la corsa possa essere fermata in alcun modo. Al giocatore si chiede solo di utilizzare lo stick sinistro per spostarsi a sinistra e a destra e di sparare agli zombie lungo il cammino. Ad ogni corsa sono disponibili due armi, che possono essere alternate in qualsiasi momento. Nei momenti critici, poi, è possibile utilizzare delle granate (oggetti rarissimi) per fare piazza pulita di interi gruppi di nemici.
Solitamente gli scenari sono molto ampi e consentono di “dribblare” gli zombie muovendosi a zig-zag, tuttavia ci sono dei casi in cui i nemici non possono essere evitati e, di conseguenza, vanno uccisi con le armi a disposizione. Difatti, i diversi livelli propongono ambientazioni abbastanza varie, che spaziano da foreste, a campi di grano, o a luoghi più clustrofobici come le gallerie dove l’uso delle armi diventa quasi obbligatorio. Queste ultime hanno munizioni molto limitate, che però possono essere trovate nelle casse sparse negli scenari.
Nonostante sia possibile concludere i diversi livelli senza sparare nessuno, ognuno di essi propone delle sfide che invitano il giocatore a uccidere un certo numero di nemici o a utilizzare una determinata arma. Per questo motivo, spesso e volentieri si arriva ad intercettare gli zombie per poterli eliminare. Una scelta che aumenta sicuramente il divertimento, ma che cozza con il limitato numero di munizioni a disposizione. Qualche cassa di munizioni a disposizione in più non avrebbe guastato.
Tendenzialmente Into the Dead 2 è fin troppo facile, e sono davvero pochi i momenti di vera tensione in cui la difficoltà si fa davvero interessante. Un vero peccato, dato che un gameplay simile sarebbe molto più frenetico e appagante se richiedesse un pizzico di impegno in più.
Poco oro?
Alla fine di ogni livello è possibile ottenere una ricompensa aprendo una borsa (in pratica, una vera e propria loot box gratuita) che permette di ricevere oro, munizioni speciali o altri oggetti utili. L’oro, in particolare, era la valuta premium della versione mobile di Into the Dead 2 ed è necessario per tutte le operazioni importanti (come acquistare nuove armi, per esempio). Questo modo di ricompensare il giocatore deriva direttamente dalla versione free to play di Into the Dead, ma in questo caso possiamo vedere dei premi molto più generosi, che riducono al minimo i meccanismi freemium. Allo stesso modo, potenziare alcuni oggetti è meno oneroso, proprio per limare il grinding.
Purtroppo la progressione del personaggio e l’acquisto di nuovi oggetti sono ancora affidati all’ottenimento dell’oro. Nonostante quest’ultimo sia ottenibile in quantità maggiori rispetto alla versione mobile, siamo comunque davanti a un sistema di sviluppo macchinoso e che richiede parsimonia al giocatore. Le armi sbloccate, ad esempio, vanno acquistate e lo stesso si può dire per i cani che ci aiutano. Questa scelta impone di saltare qualche acquisto per non ritrovarsi subito a corto di valuta.
Come ho accennato prima, l’ottenimento dell’oro è comunque molto più rapido rispetto alla versione free to play, ma un minimo di grinding resta sempre necessario.
Qualche extra
Into the Dead 2 propone anche qualche modalità extra per aumentare la longevità complessiva del gioco. Oltre alla campagna principale, il titolo può vantare diverse storie secondarie. Queste sono delle vere e proprie sotto-trame con delle variazioni sul tema, sia per quanto riguarda la trama, che per il gameplay. Ad esempio, in una di esse impersoneremo una soldatessa che cerca di raggiungere il suo plotone. Questo ci permette di avere una nuova protagonista, una trama diversa e dei piccoli cambiamenti nel gameplay (come altri soldati che corrono con noi).
In aggiunta, possiamo trovare una modalità arcade che ci permette di imbracciare un’arma specifica e di uccidere quanti più zombie possibile prima di morire. Totalizzando un punteggio abbastanza alto è anche possibile ottenere dei bonus da utilizzare nella storia principale. Un extra gradito, che permette di avere un pizzico di difficoltà in più rispetto alle altre modalità.
Anche nella campagna possiamo trovare qualche piccolo incarico secondario. Completare i diversi capitoli con un buon numero di stelle (ottenibili completando le sfide di ogni livello) permette di sbloccare delle armi elité particolarmente potenti. Anche in questo caso si richiede di rigiocare più volte i vecchi livelli, ma gli amanti delle sfide troveranno sicuramente pane per i loro denti.
Purtroppo c’è da dire che complessivamente Into the Dead 2 è abbastanza ripetitivo. Nonostante la varietà degli scenari e i piccoli cambiamenti, in fin dei conti il gameplay ci chiede solo di schivare e uccidere zombie, con armi sempre più potenti. Sicuramente carino per passare qualche ritaglio di tempo o da giocare nelle pause, ma il prezzo richiesto per l’acquisto è davvero troppo alto per un gioco fruito in questo modo.
La realizzazione tecnica
Il comparto tecnico di Into the Dead 2 fa il suo lavoro, senza riuscire a eccellere. Il gioco ha degli scenari poveri di dettagli e lo stesso si può dire per gli zombie. Fanno eccezione le armi, che invece sono molto dettagliate. Inoltre, durante la corsa si può notare un evidente pop-up degli zombie e degli oggetti più lontani. Le animazioni, invece, sono molto curate e rendono tutto molto più bello.
L’atmosfera del gioco è ottima, grazie a un sapiente uso della nebbia e di scenari poco illuminati, che nascondono molto bene i pochi dettagli di alcuni modelli; creando degli scenari complessivamente soddisfacenti.
Il comparto sonoro fa semplicemente il suo lavoro, proponendo poche musiche che accompagnano alcuni momenti clou. Gli effetti audio, invece, sono molto più curati, grazie a piccoli dettagli interessanti (come il respiro del protagonista che diventa più veloce quando è stato quasi catturato).