Salve! Ti do il benvenuto in questa nuova recensione, qui è Leo Skywalker e oggi ti mostrerò un gioco tanto raffinato e particolare che racchiude in sé una storia malinconica. Il titolo in questione si chiama Dear Esther e a dire il vero si fa fatica a considerarlo un videogioco. L’ideale sarebbe definirla avventura grafica a tematica artistica e presto ne scopriremo la ragione. Quest’opera dunque non è per niente adatta a tutti i tipi di giocatori, bensì è dedicata esclusivamente a una determinata cerchia capace di vivere una storia emozionante e lasciarsi commuovere dalla dolcezza delle melodie che avvolgono e valorizzano il messaggio che gli sviluppatori intendono lanciare. Per cui, se cerchi un titolo dal gameplay corposo come qualsiasi classico videogioco in circolazione, ti dico subito che questo ti annoierà a morte, ma se sei alla ricerca di bei momenti da trascorrere all’insegna del coinvolgimento emotivo, allora questo è il genere di opera che fa per te. Senza indugiare oltre, ti presento Dear Esther.
C’era una volta…
La storia ci catapulta nei panni di una figura maschile a noi sconosciuta, che approda su di un’isola deserta situata nelle Ebridi, all’interno dell’Arcipelago scozzese. La sua intenzione è quella di rievocare i bellissimi momenti appartenenti al passato, trascorsi in pace e armonia con Esther: sua moglie. Il tuo obiettivo è quello di accompagnare l’uomo in un pellegrinaggio silente, ascoltando nient’altro che i suoi pensieri e i dolci suoni della natura. Durante il suo cammino affronterà dei monologhi e rileggerà alcune vecchie lettere scritte dalla consorte. Queste sono le poche volte in cui il nostro protagonista apre bocca, se non per commentare saltuariamente l’ambiente circostante. Durante quest’avventura fatta di nostalgia, solitudine e amore, scopriamo finalmente la storia del nostro misterioso signore e del dramma a cui è legato. Per quale motivo il protagonista sceglie di leggere le lettere di Esther su di un’isola sperduta? E soprattutto, perché lei non è con lui?
Il gioco…
Dear Esther è un titolo indie sviluppato da The Chinese Room, che inizialmente venne destinato ai PC Microsoft, Mac e sistemi Linux. Successivamente entra anche a far parte della famiglia delle console grazie all’uscita delle versioni per PlayStation 4 e Xbox One. Soltanto a fine 2019, a ben sette anni di distanza dalla sua prima apparizione, ecco che ne arriva un’altra sui dispositivi mobili IOS. Si tratta di un’avventura grafica molto suggestiva per un singolo giocatore, è rivolta a un pubblico che abbia già compiuto o superato i 12 anni e con una buona propensione per i titoli di questo genere. Dear Esther può essere scaricato direttamente dall’App Store al costo di 5,49€. Come unico requisito minimo è richiesta la versione 9.0 di IOS. Se possiedi un iPhone 6S o uno più recente, potrai giocarci senza subire rallentamenti o problemi simili. Mentre se hai a disposizione dispositivi più datati, potresti riscontrarli. Rispetto alle versioni uscite in passato, questa supporta meno lingue, tra cui abbiamo: inglese, francese, tedesco, russo e spagnolo. Clamorosamente viene a mancare l’italiano e questa scelta purtroppo svalorizza in modo significativo l’intera esperienza di gioco. Dear Esther infine offre ben 5 livelli di gioco che il giocatore dovrà esplorare al fine di scoprire il vero senso dell’opera.
Il Gameplay
Come abbiamo già appurato poco fa, il gameplay all’interno del titolo è del tutto inesistente. Esso infatti viene totalmente sacrificato a favore della narrazione e dello svolgimento della storia, che si rivelerà man mano che entreremo in contatto con luoghi del paesaggio ormai dimenticati. L’unica azione che il giocatore deve compiere è muoversi all’interno di questi spazi. Per farlo hai a disposizione le due estremità dello schermo del tuo telefono, che si trasformerà in un controller. La parte sinistra difatti è dedicata al movimento del personaggio, la destra invece serve per ruotare la visuale di gioco, permettendoti di osservare tutto ciò che ti circonda. Purtroppo la tipologia di gioco a cui appartiene è molto di nicchia, quindi la scelta di eliminare la sessione interattiva di gioco può essere condivisa soltanto dagli amanti del genere. Le restanti categorie di gamer invece troveranno il gioco molto lento e pesante da digerire, tanto da far passar loro la voglia di giocarci. Il coinvolgimento su cui puntano gli sviluppatori resta dunque legato al comparto artistico invece che al gameplay. Se la musica, la grafica o la storia non riescono a farti scaturire nessuna sensazione al di fuori della noia, sappi che non è il gioco a essere brutto, bensì non si adatta al tuo modo di giocare.
Come sarebbe stato se…
Questa profonda discrepanza tra gusti e generi videoludici ha stimolato la mia mente, portandola a sviluppare un pensiero: “Come sarebbe stato Dear Esther se gli sviluppatori avessero provato a proporre lo stesso format ma senza rinunciare alla sua giocabilità?” Effettivamente non sarebbe stata la prima avventura narrativa ad avere un gameplay valido. Ne troviamo moltissime provenienti dalle software house giapponesi, ma la differenza sta nel fatto che almeno propongono anche parti divertenti, con la quale il giocatore può variare il ritmo di gioco. A mio parere un titolo come Dear Esther doveva offrire attività alternative alla sola esplorazione, proprio perché in questo modo diventerebbe meno lento e adatto a molti più giocatori. Questa piccola aggiunta non lo avrebbe di certo rovinato e non avrebbe neppure modificato la sua lore.
Realizzazione tecnica: comparto artistico
A fare da padrone nell’opera dello studio britannico è senza ombra di dubbio la sfera inerente i comparti audio e grafici. Questa coppia arricchisce Dear Esther in maniera sublime e dona al titolo ulteriore fascino e un tocco di qualità in più. La componente grafica è spinta al massimo della sua capacità, considerando che si tratta di un‘app per cellulari. Gli scenari danno la sensazione di essere reali, grazie a un gioco di luci e ombre che rendono il paesaggio molto nitido. Nonostante ci sia quest’impatto molto appagante, ci vuole ben poco a notare alcuni piccoli errori. Facendo attenzione ai particolari, ci si accorge che alcuni elementi naturali come gli scogli in riva al mare e gli arbusti selvatici sono stati realizzati con poca cura. Questo, così come altri elementi simili, smozzeranno l’aria di perfezione appena assaporata. Ciononostante ci sono anche dettagli degni di nota: l’ambientazione notturna, le caverne e le zone illuminate naturalmente, incantano grazie alla naturalezza con la quale i disegnatori sono stati capaci di esprimerli
La colonna sonora e la componente audio è il fiore all’occhiello in Dear Esther, in quanto contiene delle melodie capaci di trascinarti letteralmente all’interno del dramma dei personaggi, facendoti sentire parte delle emozioni vissute in quei specifici momenti. La musica invero riesce a catturare ogni momento importante del gioco e a renderlo speciale. Queste emozioni però non sempre saranno positive: gli effetti sonori come il vento, il suono del mare, dell’erba e delle goccioline d’acqua battenti all’interno delle grotte, danno quel senso di forte solitudine, rendendo più cupa la situazione.