Prima di parlare di Baobabs Mausoleum EP.3 Un Pato en Muertoburgo, è doveroso fare qualche accenno ai creatori di questo vero e proprio trip mentale sotto forma di videogioco. Il pubblisher è Zerouno Games, gruppo spagnolo che produce giochi per PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC. Il gioco di cui parleremo oggi è sviluppato da Celery Emblem ed è disponibile dal 21 novembre.
L’umorismo e il non sene che aleggiano per tutto il gioco sono una caratteristica peculiare della saga. Vedremo spesso momenti goliardici tra battute sull’aspetto dei personaggi, su cosa fanno, fino ad arrivare a citare altri titoli e a rompere la cosiddetta quarta parete, portando i personaggi a parlare col videogioatore stesso o a dire che “sembra di essere in un videogioco”. Tutto ciò potrebbe essere però un’arma a doppio taglio perché se da un lato c’è chi può apprezzare tutto questo prendersi poco sul serio del gioco con battute varie e situazioni al confine tra l’assurdo e il ridicolo, dall’altro c’è chi potrebbe volere seguire le vicende narrate in modo più serio poiché siamo comunque di fronte ad una storia che tratta di un mistero da svelare.
Si tratta del terzo ed ultimo episodio di una trilogia, non sarà necessario giocare anche ai primi due capitoli, anche se è consigliato recuperarli dato che il tutto è strettamente collegato e ci saranno spesso riferimenti e personaggi degli episodi precedenti. Uno dei tratti particolari di questa serie è l’essere volutamente sopra le righe e questo terzo episodio non sarà da meno mettendoci di fronte a personaggi surreali e dialoghi assurdi.
Il titolo non è adatto a tutti, è molto di nicchia e probabilmente in pochi potranno apprezzare il non sense che fa da contorno all’intero contesto di gioco. A rendere questo gioco ancor più singolare è il mix di generi utilizzato per definirne il gameplay, ma ne parleremo più nel dettaglio in seguito, prima però vediamo cosa ci racconterà questo terzo capitolo.
Watracio Walpurgis, un agente di polizia a forma di melanzana, è alla ricerca della sua Daphne, in una misteriosa città che appare una volta ogni 25 anni ed è composta da soli 64 abitanti. Perché solo 64 abitanti? Questo è uno dei misteri che dovremo svelare.
Gameplay
Come per i suoi episodi precedenti, siamo di fronte a quella che è un’avventura grafica in salsa retrò che ricorda molto i vecchi giochi ad 8bit e a 16bit. Il titolo poi esplode in una serie di minigiochi che non hanno nulla a che vedere con l’impostazione di base del titolo, come ad esempio il minigioco in 3D dove si guida un golf kart, anche se la realizzazione tecnica di quest’ultimo non è delle migliori. In altre situazioni avremo un ulteriore cambio di stile con filmati interattivi dove si potrà proseguire premendo il tasto giusto o andando nella giusta direzione ricordando alcuni giochi dei primi anni ’80.
Tolte queste sezioni che sembrano essere totalmente fuori contesto, la base del titolo è quella classica delle avventure grafiche, con enigmi da risolvere, una buona componente esplorativa, ed NPC con cui parlare dai quali potremo ricavare informazioni utili.
I puzzle sono piuttosto vari e metteranno alla prova l’ingegno del giocatore. Alcuni di essi saranno molto complessi e altri più semplici, tenendo abbastanza alto il livello di sfida proposto rimanendo rigorosamente nell’assurdità e nel non sense delle situazioni che si verificheranno nel corso dell’avventura.
Grafica e sonoro
Graficamente il titolo è volutamente molto semplice ed elementare con uno stile retrò, nonostante ciò è apprezzabile il lavoro fatto con i personaggi, tutti resi riconoscibili e con tratti unici. L’aspetto sonoro è piuttosto buono con musiche e suoni gradevoli e un simpatico “quack” nei menù di gioco.