Bentornato per la seconda parte della storia dei Picchiaduro. Se ti è sfuggito l’articolo precedente, lo puoi comunque raggiungere cliccando qui. In quell’occasione avevo precisato che, per comodità, avevo diviso l’intero percorso evolutivo in “ere” e avevo parlato delle prime due: dall’esordio del genere fino al debutto di Street Fighter, Fatal Fury e Mortal Kombat che avevano dato il via ad una vera epoca d’oro per i Picchiaduro.
Senza indugiare oltre, riprendiamo il discorso dove l’avevamo lasciato.
Terza Era – L’avvento del 3D
Gli anni ’90 sono spesso ricordati come quelli più frenetici per il mondo dei Picchiaduro e non a caso. Nel 1994 esce infatti la PlayStation (oggi chiamata anche PlayStationX o PlayStationOne per differenziarla dalle console Sony venute dopo). Questa provoca un vero e proprio terremoto nel mondo dei videogiochi visto che, per la prima volta, una console casalinga possiede la stessa potenza (se non superiore) di un gioco arcade. Tutti i videogiochi possono ora essere convertiti alla perfezione e giocati comodamente a casa. L’avvento della PlayStation porterà al veloce declino del mercato Arcade, non a caso poco dopo anche gli eSport (si, esistevano già allora, magari un giorno ne parleremo più nel dettaglio) inizieranno a sfruttare le home console per le proprie competizioni.
Il secondo avvenimento importante di quest’era (1994) è l’uscita del primo Tekken (Namco), quello che viene considerato il capostipite dei Picchiaduro 3D. In realtà è una definizione sbagliata visto che questi era stato preceduto sia dal primo Virtua Fighter (arcade nel 1993) che da Battle Arena Toshinden (1994, uscito però solo per PlayStation). Tuttavia Tekken riesce a perfezionare le proprie meccaniche ad un livello tecnico-qualitativo che fa letteralmente impallidire la concorrenza. Tekken 2 e Tekken 3 diventano i titoli più rappresentativi del genere su PlayStation e Arcade (penso di aver consumato una marea di paghette sul cabinato di Tekken 3 che avevo al bar sotto casa), simbolo della potenza stessa delle tecnologie di nuova generazione. Come per Street Fighter e Mortal Kombat, non manca il solito esercito di “cloni,” realizzati spesso a bassissima qualità. Solo pochi di questi riescono ad imporsi e da segnalare c’é soprattutto il rinomato Dead Or Alive. Namco diventa la concorrente di se stessa nel 1995 quando fa uscire il primo capitolo della Soul saga, Soul Blade, praticamente un Tekken con le spade. Questo è l’unico titolo capace di rivaleggiare con questo in termini di vendite durante questi anni.
Inizialmente i vecchi picchiaduro 2D si approcciano con ottimismo alla nuova era, forti soprattutto della possibilità di avere conversioni perfette dei propri titoli Arcade. Capcom sfrutta la rinnovata potenza della console per produrre la serie Street Fighter Alpha (un prequel a Street Fighter II) che però non riesce ad ottenere l’attenzione sperata (pur facendo la gioia dei fan). SNK porta testardamente avanti le proprie serie (Fatal Fury, King of Fighters e Samurai Shodown su tutte) mantenendo uno stile grafico retrò ed un gameplay altamente tecnico.
I titoli 3D, però, vendono di più, forti del fatto che risultano più realistici agli occhi del pubblico. Le case di produzione tendono così a dare sempre meno spazio ai giochi 2D e spariscono completamente le piccole produzioni. Midway, dopo aver tentato la via tradizionale con Mortal Kombat Trilogy, prova a fare qualcosa di diverso con Mortal Kombat 4 (un incrocio tra gameplay 2D e grafica 3D), fallendo completamente il tiro per la bassa qualità del prodotto finale. Sarà il primo, ma non l’ultimo, di molti disperati tentativi simili, un accenno dei tempi bui che stavano per colpire il (sotto)genere dei Picchiaduro 2D.
Quarta Era – Il Periodo Buio
L’uscita di Playstation 2 nel 1999/2000 non migliora la situazione, ma, anzi, rende ancora più piccola la fetta di pubblico disposta a dare possibilità ai Picchiaduro 2D. Mentre Namco è l’unica che macina successi su successi (Tekken 4 e 5, Soul Calibur II e III), lo stesso non si può dire per Capcom, SNK e Midway. Tutte e tre provano a convertire i loro titoli di punta in 3D con risultati disastrosi. La serie Street Fighter Ex, per quanto affascinante, era realizzata con i piedi. I titoli di Samurai Shodown e Fatal Fury 3D sono forse quelli meglio riusciti del mucchio, ma restano anni luce dietro alla precisione tecnica di Namco, incapaci di arrivare anche solo vicini alla qualità di Tekken 3 (che apparteneva alla precedente generazione), e i Mortal Kombat su PlayStation 2… ecco, loro fanno semplicemente schifo. Riescono a buttare nel gabinetto praticamente tutto quello che di buono aveva fatto la serie fino a quel momento e rappresentano il punto più basso mai raggiunto da una serie Picchiaduro di successo.
PlayStation 2 vede anche il “boom” di due generi margine del mondo dei Picchiaduro. Il primo è quello dei Picchiaduro Arena. Alcuni esponenti di questo genere erano già in giro da tempo (Evil Zone, Destrega), ma è solo nel 1999, con Super Smash Bros, che si ha il primo Picchiaduro Arena di successo. Questo titolo infatti è molto divertente e si può imparare a giocare in pochi minuti, ma nasconde anche una profondità tecnica enorme, al punto che ancora oggi è molto attivo nel settore eSport (soprattutto nell’iterazione Super Smash Bros Melee). L’esplosione delle potenzialità del web, inoltre, alimenta ulteriormente in modo indiretto questo sotto-genere favorendo la diffusione a occidente di Manga e Anime. Il pubblico di riferimento di videogiochi legati all’animazione giapponese è spesso e volentieri nuovo al mondo dei Picchiaduro e così la variante Arena (caratterizzata da pochi comandi intuitivi) è la scelta perfetta. Il successo delle serie Dragon Ball Z Budokai e di Naruto: Ultimate Ninja ne sono la prova vivente.
L’altro genere limite che ottiene un successo enorme in questi anni è quello delle simulazioni di combattimento, soprattutto quelle relative al wrestling. I videogiochi che simulavano sport di combattimento non si erano mai fermati in realtà, ma le basse potenzialità grafiche li avevano sempre ostacolati ed i risultati, nove volte su dieci, erano pessimi. Con WWE Smackdown! Here Comes The Pain (2003) la situazione cambia radicalmente. Il motore grafico PlayStation 2 si dimostra capace di realizzare simulazioni “realistiche” e dà il via ad una tendenza che prosegue ancora oggi. L’unica cosa che i Picchiaduro classici prenderanno da questi nuovi giochi era la modalità CAW (Create-A-Wrestler) che viene prima sfruttata dalla serie Soul Calibur (nel CAS aka Create a Soul) e poi adattata nelle “personalizzazioni” dell’aspetto dei lottatori (fino ai cambi di costume moderni).
I Picchiaduro 2D quasi spariscono dalla circolazione fino al 2001 quando, dal nulla, emerge Arc System Works con Guilty Gear X, seguito di un titolo per PlayStation che aveva ottenuto poca attenzione (probabilmente necessitava del periodo giusto). Guilty Gear X sembra voler fare un grosso dito medio ai Picchiaduro 3D. Dove questi ricercano il realismo, il titolo va volontariamente sopra le righe con mosse assurde ed una resa grafica 2D impreziosita però da effetti grafici 3D ad alta qualità. Il tutto rafforzato da una storia profonda ed articolata, degna di una serie di fumetti, ed una complessità tecnica notevole. Il successo è immediato e viene confermato dal seguito: Guilty Gear XX. I titoli non raggiungono gli ingressi economici di Namco, ma permettono ai Picchiaduro 2D di sopravvivere, mostrando soprattutto la strada da seguire.
Il sottogenere a due dimensioni diventa quindi un prodotto di nicchia, che richiede una grossa abilità manuale ed esperienza per essere approcciato. Un genere per pochi fan irriducibili che lo preferiscono a qualsiasi altro gioco simile. Capcom, ormai sull’orlo della fine dopo il (mezzo) fallimento di Street Fighter III (che verrà comunque rivalutato in seguito per la sua indubbia qualità grafica e tecnica), adotta la lezione di Arc System Work e riesce a sopravvivere grazie ad una proficua serie di titoli crossover (i vari Marvel vs Capcom, Capcom vs SNK e simili) che uniranno lo stile ibrido e fracassone di Guilty Gear alla forza di poter contare su di un grosso pubblico già presente, quello Marvel e SNK. Quest’ultimo rimasto completamente orfano delle produzioni della software house.
SNK aveva infatti provato a salvarsi con Garou: Mark of the Wolf, ma, complice il fatto che il titolo era uscito solo sulla sfortunata Dreamcast e che la casa di produzione fosse ormai nota per la poca attenzione verso l’innovazione, fallisce completamente. Per lei è ormai troppo tardi per salvarsi. SNK chiuderà i battenti nel 2001 per riaprire poi nel 2003 come SNK Playmore. Sotto tale veste tuttavia produrrà solo collection di vecchi titoli (supportata dall’ex rivale Capcom) e pachinko… una triste realtà che è rimasta tale fino a pochi mesi fa.
E con la conclusione della quarta era, si chiude anche questa seconda parte del nostro viaggio. Tra qualche giorno uscirà la terza e ultima parte con le ultime due ere quindi, se sei interessato a sapere come siamo arrivati alla situazione attuale, continua a seguirci!