Come sono andate queste feste ormai terminate? Non preoccuparti, per quanto riguarda il nostro viaggio nei ricordi, ne avrai ancora per un pochetto – per altri quattro appuntamenti, nello specifico. Se ti sei perso qualche pezzo, stiamo ripercorrendo la storia di Pokémon dalle origini elencando tutte le feature di gameplay che sono state tagliate e che ci piacerebbe vedere diventare dei capisaldi.
Prima di ripartire, vorrei fornire un po’ di contesto in merito al motivo per cui ci stiamo imbarcamenando in questa impresa. Tutto questo è partito dall’assenza del Pokédex Nazionale in Pokémon Spada e Scudo. Parlando di feature, Junichi Masuda ha risposto alle domande di Polygon così:
“Credo di dover specificare che si tratti sia del personale a disposizione nel team di sviluppo che di una scelta di design. Voglio dire, nel design vanno sempre considerate le risorse e il tempo a disposizione, poiché possono essere limitazioni non indifferenti in un progetto. Ma allo stesso tempo da un punto di vista creativo, è parte di una discussione che noi di Game Freak abbiamo avuto con Nintendo e The Pokémon Company, e siamo giunti alla decisione che, prima o poi, dovremo poter dare la priorità a nuove idee di gameplay. Dobbiamo poter trovare il modo di bilanciare il numero giusto di Pokémon e introdurre comunque nuovi modi per i giocatori di divertirsi con il gioco, nuove idee di gameplay con cui mantenere fresca la serie e godibile anche in futuro.”
Le nuove idee di gameplay non mancano di certo, ma quante di queste ci siamo persi per strada? Fino ad ora abbiamo risposto a questa domanda per quanto riguarda le prime quattro generazioni della serie; oggi proseguiamo addentrandoci nella metà rimanente. L’ultima volta abbiamo visto Sinnoh, seguita dal ritorno a Johto e Kanto. Oggi, ci aspetta la quinta generazione di Pokémon: la regione di Unima.
Quinta generazione (2010-2013)
Pokémon Bianco e Nero
Una trama ben ragionata
Non possiamo esimerci dall’evidenziare il fiore all’occhiello di Pokémon Versione Bianca e Pokémon Versione Nera: la trama. Per quanto la narrazione non sia mai stato il vero punto di forza della saga, è con la quinta generazione del franchise che abbiamo visto cosa può fare davvero la serie se apre le sue ali anche quando si tratta di raccontare una storia. La cosiddetta decostruzione, ovvero mostrare in modo dissacrante le conseguenze reali di una convenzione narrativa, è una pratica facile da effettuare con derisione ma difficile da portare a compimento con un po’ di tatto.
Nel caso di Pokémon e di ciò che ha ispirato, il manga Narutaru si è dimostrato capace di farlo riempiendo di tinte horror le sue pagine; poche opere hanno però decostruito la premessa dei mostriciattoli tascabili con la delicatezza con cui i Pokémon l’hanno fatto con sé stessi nella regione di Unima. Non sarebbe stata l’ultima volta che avremmo visto trame buone (Pokémon X, Y, Sole, Luna, Ultrasole, Ultraluna, Spada e Scudo sono tutte buone storie), ma una narrazione a questi livelli non si è davvero più toccata.
Un buon compromesso per il post-game
A distinguere Bianco e Nero da tutti gli altri, oltre alla trama, è il suo comparto faunistico. Anziché darci solo un assaggino delle generazioni precedenti, i Pokémon selvatici della regione di Unima hanno invece deciso di soppiantare i volti noti delle prime quattro generazioni in toto. Forse sarà per questo che abbiamo apprezzato maggiormente una generazione di Pokémon composta perlopiù da successori spirituali della fauna di Kanto (Roggenrola per Geodude, Timburr per Machop, Klink per Magnemite…), e questo ci ha dato in cambio uno dei post-game migliori della saga.
Il percorso ad est della regione rimane sospettosamente inesplorato fino al climax narrativo dell’avventura, e non a caso ci viene reso accessibile solo una volta ottenuto il Pokédex Nazionale: è qui infatti che magicamente tornano i vari Pikachu, Psyduck e compagnia, come ricompensa per gli allenatori che hanno saputo perseverare davvero.
Le ondate!
Non è che il concetto di ondate di Pokémon sia stato esattamente inventato in questi due episodi, ma di certo è qui che l’abbiamo visto usato al meglio. Nei varchi tra un percorso e l’altro, infatti, dei display in “stile Trenitalia” ci informano dei vari avvenimenti a livello faunistico, che – specie nel già citato post-game – spesso e volentieri ci aiutano ad ottenere Pokémon altrimenti troppo rari o addirittura impossibili da ottenere. Una meccanica simile potrebbe tenere vivo qualunque gioco Pokémon per mesi e mesi, anche al di fuori dello zoccolo duro della sfera competitiva.
Le lotte triple e le lotte a rotazione
Introdotte in quinta generazione, le lotte in triplo sono la naturale evoluzione del concetto delle lotte in doppio, dal potenziale strategico enorme poiché stavolta il posizionamento dei Pokémon in campo influisce sulla portata degli attacchi a bersaglio multiplo. Un potenziale di gameplay tanto ampio, ovviamente, da portare Game Freak ad abbandonare questa meccanica dalla settima generazione in poi.
Discorso diverso, invece, per le lotte a rotazione, usate ancora meno: vengono – pardon, venivano – scelti tre Pokémon alla volta, per poi poterli scambiare tra loro a piacimento prima di ogni attacco. Questo consentiva al giocatore, al grido di “E invece…!”, di scambiare il Pokémon in campo e di attaccare senza perdere il turno, fornendo un’alternativa divertente al continuo gioco di guardie e ladri a cui si è ridotta la scena competitiva. Meritano entrambe di tornare.
Le stagioni
Parlando di cose che tornano ogni anno ma non per Pokémon, viene normale pensare alle stagioni. Una meccanica che stranamente è stata introdotta solo in quinta generazione, per poi sparire dai radar senza nemmeno un’elegia, quella delle stagioni è stata una cometa capace di plasmare il mondo di gioco in metodi sempre sperimentali e fantasiosi (per non parlare dell’ultima recluta del Team Rocket delle avventure di Johto, a cui è stato riservato un finale poetico). Vedere accantonate le stagioni fa davvero male, e meritano di tornare… magari con un approccio più coraggioso come il ciclo stagionale in tempo reale di Animal Crossing. Abbiamo di che sperare?
Le Macchine Tecnica, finalmente infinite!
La natura monouso delle Macchine Tecnica è sempre stata… come dirlo senza offendere… una fesseria, ecco. Ci sono volute cinque generazioni per capirlo, ma alla fine questa limitazione – per il sommo dispiacere di nessuno – è finalmente venuta meno. Comprensibilmente, il prezzo delle MT in vendita è salito alle stelle; citando Thanos, però, è un piccolo prezzo da pagare per la salvezza. Purtroppo stiamo elencando questo progresso perché in Pokémon Spada e Scudo sono stati introdotti i Dischi Tecnica, ovvero le Macchine Tecnica monouso sotto mentite spoglie.
Com’è ovvio che sia, la tentazione di limitare le Macchine Tecnica infinite – comunque presenti nei nuovi titoli per Switch, va detto – alle mosse più inutili si è rivelata troppo irresistibile, e così ci ritroviamo di nuovo al punto di partenza: se vogliamo insegnare Geloraggio a un altro Pokémon, ci toccherà sgobbare di nuovo, di nuovo, di nuovo. Evidentemente, il plebiscito che ha accolto la rivoluzione delle MT in quinta generazione è stato ascoltato da orecchie sorde.
E parlando di orecchie…
L’incessante sirena da ambulanza che accompagnava lo stato di salute critica nelle precedenti quattro generazioni ha saputo dare sui nervi a tutti, così Junichi Masuda e Go Ichinose hanno pensato bene di cambiare le carte in tavola integrando l’effetto sonoro in un brano apposito. Detto così sembra una cosa da poco, ma in realtà ha reso divertenti anche le fasi più difficili delle lotte. E parlando di difficoltà…
La selezione della difficoltà
Per essere tra le avventure Pokémon più bistrattate, quelle di quinta generazione hanno in realtà saputo mettere molta carne al fuoco. Un esempio lampante è la feature che permetteva, da un certo punto in poi, di regolare a piacimento il livello di difficoltà del gioco. Una cosa che qualunque serie videoludica darebbe per scontata, nel caso di Pokémon si è invece fatta attendere per anni, per poi finire come le altre mille meteore di gameplay che contraddistinguono la serie.
Pokémon Bianco 2 e Nero 2
Il rivale migliore di sempre
Premettendo che il gusto personale di questo scriba sta per avere la meglio, evitiamo di girarci intorno: Toni è il rivale migliore della serie. In questo personaggio Game Freak, non si sa bene se per puro diletto, genio creativo o pura casualità, ha riversato il punto di forza di ogni rivale visto fino a quel punto: l’aspetto “figo” di Blu Oak (Rosso, Blu, Giallo) e Argento (Oro, Argento, Cristallo), la bontà d’animo e l’arco narrativo diverso dal solito “voglio essere il migliore” apprezzati in Lino (Rubino, Zaffiro, Smeraldo) e l’iperattività vulcanica di Barry (Diamante, Perla, Platino).
In seguito abbiamo rivisto rivali bonaccioni come il gruppo di Kalos, Hau di Alola o lo stesso Hop di Galar, ma nessuno è riuscito a colpire nel segno con la stessa precisione chirurgica che ha dato alla luce Toni. Il successo di uno dei personaggi più carismatici non del gruppo dei rivali, né della saga in generale ma dei videogiochi in toto è tranquillamente replicabile, basta solo volerlo.
Pokéwood
Purtroppo non c’è risposta ai detrattori del battle system capace di zittirli: la struttura a turni della serie, d’altronde, è sempre quella perché – semplicemente – funziona, punto. Non si può reinventare la ruota senza snaturare un aspetto fondamentale del gameplay che i fan amano da tempo immemore, ma è anche vero che si può costruire una digressione interessante intorno ad esso. Non parlo di nuovi elementi da inserire (vedremo in seguito Megaevoluzioni e Mosse Z), ma di inserire il battle system stesso in contesti nuovi e differenti. Il Pokéwood è forse uno dei più grandi lampi di genio mai partoriti da Game Freak.
Si tratta(va) di battaglie da inscenare scatenando i propri attacchi contro avversari mai visti al di fuori di questa modalità, tra zombi e Tyranitar meccanici. Tra l’altro, i Pokémon a nostra disposizione spesso e volentieri erano in contrasto con il contesto della trama del film che andavamo a girare, e tra attacchi e dialoghi era possibile plasmare finali differenti per ogni pellicola. Un’idea tanto folle quanto azzeccata: vorremmo vedere questo tipo di variazioni anche in futuro.
Il Pokémon World Tournament
Sono un fan di Pokémon semplice: parlami della quinta generazione e ti risponderò Pokémon World Tournament. Abbreviato come PWT, questo stadio è riuscito a unificare – una volta tanto – le molteplici regioni della serie sotto un unico tetto, invitando in un torneo rigiocabile a piacimento tutti i capipalestra delle prime cinque generazioni. Parliamo dunque di otto sfidanti per regione, andando dunque a generare un totale di quaranta capipalestra diversi.
Come se ciò non bastasse, ogni sfidante aveva con sé un riarrangiamento del proprio tema musicale con la strumentazione di Unima, risultando in un trip nostalgico concentrato e dal ritmo serratissimo, senza però sfociare nella chimera irrealizzabile (almeno per ora…) di tutte le regioni in un solo gioco. In aggiunta ai capipalestra, persino i campioni avevano un torneo tutto loro, portando la dedizione di Game Freak dal già lodevole utilizzo dei temi musicali delle palestre delle varie regioni alla passione maniacale con cui abbiamo ottenuto il tema di battaglia di ogni singolo campione visto fino a quel punto. Semplicemente straordinario.
Un Pokédex regionale migliorato oltre ogni parametro
Se Bianco e Nero hanno aperto le finestre per fare un cambio d’aria epocale con la fauna disponibile al giocatore, i loro seguiti diretti hanno trovato un compromesso praticamente perfetto per mettere d’accordo tutti. Come avviene nel mondo reale (ricordi gli scoiattoli americani che si sono integrati nella nostra fauna?), anche nel mondo Pokémon i vari Pikachu e soci hanno trovato il modo di fare dei rimanenti percorsi di Unima il loro habitat.
Il risultato è stato uno dei migliori Pokédex regionali mai visti: verrebbe da dire che Spada e Scudo l’hanno fatto, ma in realtà quei 400 Pokémon non sono semplicemente una parte dei Pokémon ottenibili nel gioco; loro sono i Pokémon ottenibili nel gioco. Niente scappatoie.
Un mondo che cresce e si evolve
Nel periodo di tempo intercorso tra Pokémon Bianco e Nero e i loro seguiti, la regione di Unima è cresciuta, maturando e presentando un segno tangibile degli eventi passati. Il Castello di N è in rovina, buona parte della regione è isolata e il viaggio del giocatore sposta il punto di partenza da Soffiolieve ad Alisopoli.
Quest’ultima in particolar modo ha piacevolmente stravolto molte convenzioni della saga, presentandosi come una città più grande, viva, comprensiva di Centro Pokémon e persino di una palestra gestita da Komor, uno dei rivali dei giochi precedenti. Un seguito in tutto e per tutto!
Palestre tematiche da vedere e da sentire
Le palestre di quinta generazione, dopo un completo anonimato musicale in Pokémon Bianco e Pokémon Nero, tornano in Bianco 2 e Nero 2 con un’enfasi tematica che si estende al tema musicale di ogni edificio. Ecco dunque che la passerella di Camelia, con un po’ di campionamento, faceva il verso a Dancer On The Street di The World Ends With You, mentre i draghi di Aristide infondevano un’atmosfera solenne, quasi sacra nell’intera palestra. In generale, mentre Toni è un manuale vivente su come creare un rivale degno di questo nome, la colonna sonora di Bianco 2 e Nero 2 rimane ancora oggi un compendio del meglio del meglio che Junichi Masuda e Go Ichinose hanno da offrire.
E con la regione Pokémon più discussa di sempre abbiamo finito. L’appuntamento è con la quinta parte, con i primi giochi per Nintendo 3DS: la sesta generazione, con la quale scopriremo Kalos e torneremo a Hoenn!
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