Lydia è uno di quei titoli difficili da recensire, dato che vediamo un’esperienza che affianca, ad una storia e un’atmosfera degne di nota, un gameplay praticamente inesistente. In pratica, le interazioni sono limitate ai minimi storici, mentre l’intreccio di fatti e l’atmosfera, entrambi davvero superlativi, la faranno da padrone.
Allegorie a non finire
Il vero cavallo di battaglia di Lydia è la sua storia cupa, collegata a doppio filo con l’atmosfera altrettanto “brutta“. Il gioco, se così possiamo chiamarlo, racconta di una bambina che, purtroppo, vive in una famiglia ben lontana dal concetto di “nido felice”. I genitori, infatti, non hanno per niente a cuore gli interessi di Lydia che, quindi, si ritrova con due irresponsabili. Ogni notte, per esempio, in salotto ci sono dei veri e propri Rave Party con musica altissima e tanto alcol.
Il gioco tratta questo argomento in modo molto diretto, grazie a scene “brutali”. Ad esempio, durante le prime fasi di gioco la protagonista si ritrova in campeggio con suo padre, che le racconta una storia intorno al fuoco. Purtroppo, però, il momento viene infranto dall’arrivo di un amico dell’uomo. Il padre, quindi, costringe Lydia ad andare in tenda a dormire. Qui la bambina non riesce ad addormentarsi e, di conseguenza, sente i discorsi dei due adulti: il genitore descrive senza mezzi termini il rapporto sessuale che ha portato alla nascita della protagonista, aggiungendo che non aveva nessuna intenzione di avere una figlia e che sarebbe scappato via per sfuggire alle sue responsabilità. Ovviamente, tutto questo non è il massimo per una bambina.
Lydia è disseminato di scene simili, che mostrano in modo chiaro la pessima situazione familiare in cui cresce la bambina. Questo è affiancato da uno stile davvero unico, che mostra paesaggi cupi e personaggi rappresentati in modo allegorico. La stassa trama, di fatto, vede la protagonista alla ricerca di un “mostro“, che però resta fino alla fine una grande metafora interpretabile dal giocatore.
Tuttavia, tutto questo ha un difetto: per quanto ben scritta e ben narrata, la trama è davvero troppo corta. Facendo attenzione si capisce il tema del gioco, eppure sarebbero state auspicabili più scene di interazione con i genitori o per approfondire alcuni aspetti del racconto. In pratica, per quanto tutto sia ben amalgamato, poteva decisamente essere fatto molto meglio.
Il gameplay?
Arriviamo ora alla parte più “bebole” di Lydia: il gameplay. Prima di parlarne nel dettaglio, serve una doverosa premessa: un videogioco non deve necessariamente intrattenere. Un titolo potrebbe essere creato con il puro scopo di narrare una storia o per esprimere dei valori e, sicuramente, questo è il caso. Ciononostante, stavolta siamo ai minimi storici di interazione e, in alcuni casi, si sarebbe decisamente potuto chiedere di più.
In pratica, il gameplay di Lydia ci mette davanti a scenari di dimensioni ridotte, dove abbiamo il compito di camminare verso il prossimo punto d’interazione e, occasionalemente, recuperare degli oggetti. In altri frangenti, invece, ci sono dei dialoghi a scelta multipla dove selezionare le diverse opzioni. Di fatto, il titolo è paragonabile a una visual novel, dove sono le interazioni con gli NPC a farla da padrone.
Purtroppo, però, tutto questo è fin troppo semplice. Le interazioni si limitano semplicemente all’esplorazione delle piccole stanze e al click dei punti caldi con cui far proseguire il racconto. In un paio di occasioni possiamo vedere dei piccoli enigmi interessanti (per esempio nel primo scenario dobbiamo far allontanare un cavaliere da un punto specifico), tuttavia la maggior parte del tempo abbiamo a che fare con una progressione talmente lineare da rendere impossibile bloccarsi o fermarsi a riflettere. Chiaramente questa scelta è voluta dal team di sviluppo, ma vedere un pizzico di creatività in più non avrebbe guastato.
Allo stesso modo, i dialoghi a scelta multipla cambiano davvero troppo poco nelle conversazioni e, di fatto, potrebbero anche non esserci. Anche in questo caso sarebbe stato bello vedere qualche differenza tangibile in base alle nostre azioni. Persino la scelta finale, che apparentemente è radicale, in realtà non cambia quasi nulla.
Data la sua durata esigua (circa un’oretta) e l’atmosfera davvero ben riuscita, tutto questo non porta alla noia, nonostante ciò è un peccato vedere un’idea simile parzialmente sprecata. Sia chiaro: Lydia piacerà sicuramente a tutti coloro che apprezzano le esperienze incentrate sulla narrazione o che vogliono semplicemente godere di una storia molto interessante. Nondimeno, per quanto il titolo sia apprezzabile, non si possono ignorare i suoi piccoli difetti.
Alice nel paese degli orrori
Il comparto tecnico di Lydia si difende bene, grazie a dei disegni ben fatti e a dei giochi di luce davvero ben congegnati. L’unico, piccolo, difetto è costituito dalle animazioni approssimative.
La componente puramente artistica del titolo, invece, è eccezionale, e può vantare un’atmosfera cupa, delineata da colori spenti e da allegorie continue. Le ambientazioni surreali e spaventose, in realtà, mostrano chiaramente il punto di vista della bambina, dando modo di capire perfettamente cosa stia provando. In una scena, ad esempio, Lydia andrà nella festa al piano di sotto, piena di gente ubrica. Qui le persone sono rappresentate come figure spettrali e mostruose, esattamente come le vede la protagonista.
Il comparto sonoro del gioco è eccellente, grazie a dei piccoli dettagli che rendono tutto migliore. L’audio è ovattato in alcuni punti in base alla nostra prospettiva e i personaggi parlano con versi senza significato che, però, aiutano a capire nuovamente il punto di vista della bambina.