Dopo essersi affermata nel mondo del gaming grazie all’iconica prima console, nel 1999 Sony decide di annunciare al mondo PlayStation 2, console che avrebbe permesso agli sviluppatori di migliorare sensibilmente il comparto tecnico dei propri videogiochi, oltre che aumentare la profondità di gameplay e trama.
Da questo momento, la trafila delle esclusive del colosso giapponese è destinata ad aumentare a dismisura: numerosi studi, first party o meno, rilasciano sempre più titoli che diventeranno, col senno di poi, dei veri e propri colossal: uno di questi è Santa Monica Studio, pronta a pubblicare il suo secondo progetto, chiamato Dark Odyssey.
Sembrerebbe però, che la divisione marketing del colosso giapponese non abbia apprezzato particolarmente il nome attribuito dal team: alla luce di ciò, si è optato per un cambio di nominativi, sia per il videogioco che per il protagonista di questo, che in principio avrebbe dovuto chiamarsi Dominus.
Il titolo è stato ribattezzato God of War, e avrebbe narrato le avventure di Kratos, un guerriero dallo stile di combattimento brutale, che va alla ricerca della sua vendetta: questo capitolo ha dato vita ad una delle epopee più sensazionali che la storia dei videogiochi abbia mai visto.
Dei scesi in terra, le peculiarità del mondo di gioco
Il brand di God of War si sviluppa in varie epoche: attualmente, è in corso la seconda era, iniziata con il reboot/sequel pubblicato nel 2018, con il nostro Kratos alle prese con la mitologia norrena.
Il primo capitolo della saga fa parte della prima era, e si svolge nell’Antica Grecia: una delle caratteristiche distintive del gioco riguarda l’ambientazione del titolo, situato in una versione distopica di queste antiche terre. Mostruosità mitologiche infestano i territori greci, relegando gli abitanti ad una vita estremamente pericolosa.
Un’ulteriore peculiarità del mondo di gioco giunge dalla presenza degli dei e della loro reincarnazione umana: oltre che dei culti da venerare, le divinità greche assumono la funzione di entità realmente esistenti con poteri oltre ogni immaginazione. Non mancheranno versioni rivisitate di figure conosciutissime della mitologia greca, caratteristica che dona un maggiore fascino all’opera finale.
Persino l’origine di Kratos strizza l’occhio all’antica mitologia: il suo nome deriva infatti da Cratos, personaggio mitologico che rappresenta il potere, il dominio sugli avversari. Un nome azzeccato quello scelto dai ragazzi di Santa Monica Studio, considerando la tipologia di personalità che hanno sviluppato nel generale spartano.
Il dio della guerra
Il gioco inizia con una cutscene incentrata su Kratos, intento a suicidarsi gettandosi dalla montagna più alta della Grecia. Proprio mentre il suo corpo sta per scaraventarsi sulle frastagliate coste bagnate dal Mar Egeo, un flashback risalente a tre settimane prima dell’estremo gesto ci conduce nelle fasi iniziali di gioco. Dalla voce narrante del titano Gaia, veniamo a conoscenza del fatto che Kratos serve gli dei da molto tempo per scontare i peccati precedentemente commessi: proprio nei primi istanti in game, ci troveremo a dover uccidere l’Idra che ha attaccato la nave del potente guerriero. Subito dopo, Atena affida a Kratos la sua missione più importante: lo spartano dovrà fermare Ares, il dio della guerra, in procinto di distruggere Atene.
Kratos, tormentato dagli incubi scaturiti dai suoi peccati, accetta l’incarico, a patto che a missione compiuta venga ricompensato con il perdono degli dei, al fine di far cessare gli incubi. Forte di questa promessa, Kratos salpa per raggiungere Atene e riuscire nell’impresa più titanica: sconfiggere un dio.
L’incipit narrativo è affascinante, e con il proseguire dell’avventura riusciremo a scoprire di più sul nostro misterioso protagonista: il colore cinereo della sua pelle e il visibile tatuaggio rosso presente sulla parte superiore del corpo, sono elementi estetici che racchiudono il background personale del personaggio. Sta tutto nelle perseveranza del giocatore, che avanzando nella campagna principale comprenderà maggiormente cosa racchiude il passato di Kratos.
Davide contro Golia
Il gameplay di God of War è il fulcro principale del successo del titolo: nonostante il gioco attinga dal combat system degli hack and slash più classici, questo non è improntato sui tecnicismi, come lo è ad esempio la saga di Devil May Cry. Volendo forzatamente fare un paragone, le mosse eseguibili da Kratos risultano piuttosto risicate, ma ciononostante il divertimento non mancherà mai: il marchio di fabbrica della serie infatti, è il combattimento contro nemici molto più grandi e (all’apparenza) potenti di Kratos, che, unito ai quick time event a schermo e alla brutalità delle esecuzioni, doneranno della pura adrenalina visiva al giocatore, che si sentirà appagato proprio per la maestosità dello scontro.
Le armi di Kratos potranno essere sottoposte a level up, con conseguente aumento di danno e nuove mosse aggiuntive: oltre ai vari armamenti che ci permetteranno di esercitare vari poteri sui nemici, come ad esempio lo sguardo di Medusa che pietrificherà i nostri avversari, è nel primo capitolo che facciamo la conoscenza delle Lame del Caos, spade speciali forgiate nelle sudice profondità dell’Ade, che diventeranno l’elemento distintivo di tutta l’intellectual property.
Nonostante God of War emani l’aura del titolo “tutto muscoli e zero cervello” nel gioco saranno presenti degli enigmi ambientali, da risolvere necessariamente per proseguire nella storia, e talvolta, per recuperare alcuni oggetto utili alla nostra causa: alcuni di questi sembreranno abbastanza intuitivi, ma nel complesso il puzzle game è una piacevole eccezione che ci permette ogni tanto di staccare la spina dai numerosi combattimenti presenti nel gioco.
Una volta terminato il gioco a qualsiasi difficoltà, si avrà accesso all’end game del gioco: la Sfida degli Dei, composta da dieci prove da superare per dimostrare la propria possanza, accoglierà i giocatori più audaci e desiderosi di affermare le proprie abilità, grazie ad una difficoltà incrementata.
Il potere di PlayStation 2
Tecnicamente, God of War ai tempi ha fissato gli standard qualitativi: oltre alla grafica impensabile per l’epoca, la prima avventura della serie ha un valore artistico inestimabile. Vedere Ares gigante in tempo reale che riduce a fuoco e fiamme la cittadina ateniese, oppure accedere al maestoso tempio di Pandora che si ergeva sulla schiena di un enorme titano, erano traguardi tecnici raggiunti che anni prima potevano solo essere sognati. Tutto nel gioco è inserito per inviare al giocatore un sapore “mastodontico”, dalle grandi ambientazioni sino al doppiaggio recitato in modo profondamente teatrale.
La musica di gioco contribuisce ad accrescere il senso di epicità, con musiche drammatiche nelle azioni più concitate, dove è la crudezza dei combattimenti a far da padrone. Tuttavia, alcune tracce risultano essere meno incisive, specialmente alcune musiche da sottofondo ascoltabili durante le fasi meno scorrevoli del gioco.
Il comparto audio invece è ottimo, con effetti credibili e realistici, che confermano ulteriormente la minuzia tecnica di Santa Monica Studio.
La psicologia di Kratos
Parlare di Kratos, del vecchio Kratos, non è mai semplice. Per quanto agli occhi dei meno attenti possa sembrare un personaggio altamente stereotipato, ossia l’antieroe per antonomasia che è nelle forze di distruggere qualsiasi cosa gli ostacoli il cammino purché la sua vendetta si compia, non è cosi facile riuscire ad etichettare lo spartano.
Il personaggio creato da Santa Monica Studios è certamente egoista e pronto a tutto: bastano pochi minuti di gioco del primo capitolo per capire quanto possa essere meschino nei confronti del prossimo. Quando gli si presenta l’occasione di poter salvare vite, questo non accenna alcun tipo di aiuto, lasciando al suo destino chiunque non possa essergli utile per tornaconto personale.
Eppure, Kratos è un uomo pieno di rimpianti: ogni volta che ha dovuto rinunciare a qualcosa, sopratutto alle persone che ama, non ha mai potuto essere all’altezza di una situazione molto più grande di lui. Il suo desiderio di vendetta è scaturito da uno dei mali peggiori che esistano, quello che anche il miglior generale di Sparta ha dovuto provare: il dolore dell’anima.
La sua ostinazione nell’uccidere Ares, nell’affrontare orde di mostri pericolosi o, peggio ancora, sacrificare degli innocenti pur di proseguire, non è altro che una conseguenza dettata dai suoi incubi, dal quale Kratos è tormentato sin dalla notte del compimento dei suoi errori. Ma allora perché il Fantasma di Sparta è un personaggio tanto amato, pur essendo cosi “meschino”?
Kratos rappresenta l’incarnazione della nostra furia, quella che abbiamo segretamente racchiuso in ognuno di noi e che scalcia per uscire fuori ogni qualvolta subiamo dei soprusi: quella stessa furia che, spesso, rinchiudiamo claustrofobicamente per lasciar spazio alla razionalità, al fine di evitare delle conseguenze disastrose. Le stesse che Kratos, invece, sarà pronto ad accettare.
L’inizio della fine
In conclusione, il primo God of War incarna, ancora oggi, la pura essenza del franchise: combattimenti sanguinolenti, violenza e drammaticità stringono le redini della vendetta architettata dal Fantasma di Sparta, in uno dei migliori giochi mai rilasciati su console PlayStation.
Nonostante Kratos sia tornato più in forma che mai grazie allo splendido reboot sequel rilasciato nel 2018, quella che ormai è diventato il precursore dell’esalogia della prima era ha fatto la storia degli hardware Sony, abbattendo delle barriere tecniche mai sconfitte prima e incanalando ogni sequel nell’epicità più estrema.
Ciononostante, l’odissea di Kratos è tutt’altro che conclusa: come da prassi nella serie, God of War reboot si è concluso con un cliffhanger: non vedo l’ora di scoprire cosa Santa Monica Studio ci riserberà per il prossimo capitolo.