Per quanto concerne la qualità dei titoli che possiamo trovare su Nintendo eShop, che si tratti di giochi indie o meno, non sembra esserci via di mezzo: l’opinione comune tende a vedere solo videogiochi artistici e pretenziosi da una parte e shovelware dall’altra. Non è sempre questo il caso: la zona grigia (per i titoli al di fuori della “Tripla A”) esiste, come testimonia l’esistenza stessa di Baron: Fur Is Gonna Fly.
Il gioco si pone subito come un’esperienza improntata verso il multiplayer, mirando all’ambizioso numero di giocatori che ha anche contraddistinto Runbow e Super Smash Bros. Ultimate: un massimo di otto persone, se ci basiamo sulla modalità battaglia su cui si regge in piedi l’intera esperienza di gioco che Baron: Fur Is Gonna Fly ha da offrire. Vediamo di andare più nel dettaglio.
Hogs (and dogs) of War
Non c’è una trama di cui parlare, ma non per questo Baron: Fur Is Gonna Fly si nega un po’ di sana personalità. Le atmosfere si ispirano palesemente alle gesta di Manfred von Richthofen, ovvero il Barone Rosso dell’aviazione tedesca, che con il suo triplano rosso ha detenuto il record per il maggior numero di piloti nemici abbattuti durante la prima guerra mondiale. Lo dice il titolo stesso, d’altronde.
Il tema degli otto animali antropomorfi che compongono il roster (puramente estetico) di personaggi selezionabili, invece, ci riporta alla mente una delle perle dimenticate dell’enciclopedica libreria della prima PlayStation, la “risposta suina” a Worms chiamata Hogs of War. Selezionare un personaggio o un altro è solo una questione di gusti che non influisce minimamente sul gameplay.
Quel poco che possiamo carpire della trama (la presenza della sola lingua inglese non rappresenta una barriera in alcun modo) lo vediamo nel quotidiano che funge da schermata di caricamento: l’aviazione è l’ultima frontiera, e gli animali hanno voglia di avventura. Di nuovo, l’utilizzo dei giornali durante i caricamenti ricorda la campagna in single player di Hogs of War, ma Baron: Fur Is Gonna Fly è di diverso avviso – nessuna modalità del gioco, salvo l’allenamento, è mirata all’esperienza in singolo.
Ad ogni modo, la personalità degli otto aviatori pelosi (o squamati, o piumati) che danno vita al minuto – ma variopinto – cast del gioco si può facilmente riassumere nelle clip audio con le quali esprimono il loro sarcasmo mentre sono intenti a scannarsi a vicenda. Inoltre, sulle pagine dei già citati quotidiani i protagonisti di Fur Is Gonna Fly hanno sempre una parola da spendere sugli avversari (o per lodare sé stessi).
Mad Bombers
Citando l’ultimo livello “bellico” di Crash Bandicoot 3: Warped, passiamo a descrivere il gameplay di Baron: Fur Is Gonna Fly. Sarò onesto sin da subito: quel che c’è da vedere lo si può spolpare nel corso di una singola sessione di gioco. Non per questo però abbiamo a che vedere con un titolo mediocre, tutt’altro. Di cose da dire ce ne sono, e pure parecchie.
Le modalità principali del gioco sono tre: una modalità battaglia che, come menzionato qualche riga fa, prevede un numero di giocatori da uno a otto; una modalità per fare pratica, destinata al gioco in singolo; infine, una modalità di sopravvivenza da affrontare in single player o in co-op. Vediamo di sviscerare come si conviene quanto ha da offrire Baron: Fur Is Gonna Fly.
Per farlo, però, dobbiamo prima descrivere il gameplay di base. Pilotare i nostri velivoli non è per nulla complicato: nella versione Switch del gioco, dobbiamo premere A per darci la spinta sulla pista, per poi decollare in automatico. In seguito, per quanto alzarci di quota verticalmente ci porterà (prevedibilmente) ad andare in stallo, ogni virata può essere effettuata nella direzione apposita senza problemi.
Per dire, in Baron: Fur is Gonna Fly non potremo virare automaticamente da sinistra a destra e viceversa; dovremo prima scendere in picchiata o alzarci di quota, per poi cambiare la direzione di volo. Tutto questo suona molto complicato su carta, ma una volta preso in mano il controller impareremo i comandi nel giro di due minuti al massimo.
A questo si aggiunge un comodo wrap-around che collega tra loro i due bordi ai lati dello schermo, in stile Mario Bros. (o “effetto Pac-Man” per i terrapiattisti nel pubblico). Le manovre di volo, poi, si estendono a piroette con cui schivare i proiettili nemici, power-up speciali da usare strategicamente e rallentamenti tattici. Insomma: “facile da apprendere, difficile da padroneggiare appieno”.
Sulla modalità di pratica non c’è molto da dire: abbiamo un tempo limite (di cui non appare alcun timer) per raccogliere le monete che appaiono su schermo. Questa modalità ci permette, oltre ad apprendere i rudimenti di Baron: Fur is Gonna Fly, anche di superare i nostri limiti mettendo alla prova le nostre abilità. Qui possiamo schiantarci quante volte vogliamo, ma il tempo impiegato a tornare in gioco si mette tra noi e il record che cerchiamo di raggiungere.
Discorso diverso, invece, per la modalità “Pecora”. Qui si può giocare in co-op fino a due giocatori, affrontando un esercito di pecore volanti che aumenterà gradualmente di numero. Se l’idea di “pecore volanti” ti ricorda Spyro 3, ti reindirizzo più verso le Mischie Multiple di Super Smash Bros., nelle quali bisogna andare avanti a oltranza. Avremo a disposizione solo una vita; una volta che ci schianteremo al suolo, verranno contati i nostri punti.
Il fulcro del gioco, come già detto, è però la modalità battaglia, dove si può giocare in singolo o in multiplayer fino ad otto giocatori. Anche qui, dolente o nolente, devo prendere Super Smash Bros. come esempio: l’impostazione delle battaglie, infatti, si può dividere in scontri a squadre o battaglie “tutti contro tutti”. Si può anche decidere se giocare un deathmatch (dove i punti/le uccisioni vanno a salire) o una battaglia a vite (le quali, invece, vanno a scendere).
Ogni modalità di Baron: Fur is Gonna Fly prevede la creazione di un “mini-profilo” dove ogni giocatore può decidere quale personaggio usare, quale velivolo affidargli/affidarle (ed è qui che risiedono le vere differenze di gameplay), quale logo applicare sull’aereo e quale colore debba avere il mezzo in questione. Altrimenti, c’è il profilo “Guest” (ospite) per i giocatori occasionali.
La modalità battaglia prevede inoltre una sorta di albero delle abilità tra un match e l’altro, con il quale potrai scegliere quale aspetto del tuo aereo potenziare e potrai cambiare il già citato power-up (che puoi utilizzare una volta caricata la barra a loro dedicata). Ogni progresso in tal senso verrà però resettato non appena un giocatore raggiunge il numero di vittorie necessarie ad accaparrarsi la partita.
Baron: Fur is Gonna Fly vanta anche una quarta voce nel menù principale: quella delle opzioni. Qui vengono elencate le impostazioni, i titoli di coda e la voce “canzoni”. Sì, ci sono dei veri e propri brani musicali – intesi come autentiche canzoni! Ne parleremo a breve, mentre tiriamo le conclusioni.
Il Barone Orso
Per chiudere i conti con Baron: Fur is Gonna Fly dobbiamo partire dalla grafica, croce e delizia del gioco. A livello di motore grafico non c’è molto da dire: è uno shoot-em-up, del resto, e la ruota si può reinventare fino a un certo punto. Però va anche detto che ci sono titoli capaci di eccellere nella loro ambizione, come è stato con Jamestown+, quindi non dobbiamo fermarci alle convenzioni (e, per estensione, agli stereotipi) associate al genere.
Tuttavia, il discorso cambia se parliamo dello stile artistico. Chiaramente, anche qui la cosa non viene sfruttata appieno, ma il design dei personaggi riporta piacevolmente alla mente i gatti del webcomic Lackadaisy (di cui consigliamo la lettura agli anglofoni), non a caso ambientato negli anni venti. Inoltre, chiudiamo le nostre considerazioni sulla grafica di Baron: Fur is Gonna Fly con un plauso alla nitidezza dell’azione, visibile chiaramente anche con la console in modalità portatile.
Passiamo ora al fiore all’occhiello del gioco, sebbene esuli dal suo genere: la musica. Abbiamo già menzionato la colonna sonora di Baron: Fur is Gonna Fly, ma non ci siamo spinti nel dettaglio sulle sonorità ragtime (la musica suonata al pianoforte tipica del cinema muto) che contraddistinguono il comparto audio che il gioco ha da offrire.
Il gioco non si limita solo ad avere dei brani cantati, che solitamente appartengono al reame della blasonata “Tripla A”, ma la voce “canzoni” del menù delle opzioni riporta anche testi e versioni karaoke per ciascun brano. Se c’è un motivo artistico che da solo vale l’acquisto a prezzo pieno del gioco, sebbene sia un mero supplemento all’atmosfera che fa da contorno al gameplay, è questo.
In quanto alla longevità, ci siamo già passati più di una volta: in casi come questo, il gioco vive di un’anima prevalentemente arcade. Se non hai amici con cui giocarlo, dunque, a meno che le CPU di Baron: Fur is Gonna Fly ti divertano in particolar modo non c’è molto che ti potrà intrattenere più di cinque minuti. Ciò detto, la versione del gioco recensita è quella per Nintendo Switch: la possibilità di giocare con un Joy-con singolo significa che potrai organizzare facilmente sessioni multiplayer anche al bar.
Baron: Fur is Gonna Fly, per i 20 euro che chiede, non ha granché da offrire a livello di contenuti, ma rimane comunque un titolo molto godibile. Colonna sonora a parte, non c’è nulla qui che faccia gridare al miracolo, ma non per questo un rapporto di qualità/prezzo non esattamente ottimale deve allontanarti per forza da un gioco molto adatto a Nintendo Switch. Se riceve uno dei famosi “sconti del 75%”, assicurati di farlo tuo.