Risulta molto difficile, oggi, parlare di un gioco che segue un gameplay sulla falsariga dell’inossidabile Worms senza menzionare direttamente lo stesso Worms. La variante “militare” del gameplay di Lemmings, se così possiamo ridimensionare la premessa delirante della serie partorita da Team 17 negli anni novanta, ha dato vita a qualcosa dall’identità così ben definita da stabilire inavvertitamente una sorta di dominio su chiunque osasse varcare la soglia del suo territorio con fini concorrenziali.
Tuttavia, c’è stato un concorrente di Worms che ha sfidato gli anellidi di Team 17 sul loro stesso terreno: Hogs of War, un titolo contemporaneamente tanto vicino quanto lontano al suo concorrente per più di una ragione. Il titolo, ideato dall’ex game designer (e ora politico) Bruno Bonnell per conto di Infogrames, è stato uno degli ultimi progetti della software house prima di venire assorbita da Atari. Il gioco – al di fuori della nicchia che si è saputo costruire – è caduto nel dimenticatoio, ma oggi (dopo una fugace citazione nella nostra recensione di Baron: Fur is Gonna Fly) siamo qui riuniti per celebrarne la memoria.
Nati per soffritto
La storia dello sviluppo di Hogs Of War si è un po’ persa tra le pieghe del tempo, ma da quanto possiamo capire il gioco avrebbe dovuto prendere una direzione artistica differente almeno in parte. Una demo giocabile all’E3 del 1999 metteva infatti in mostra arene più semplici di quelle viste nel gioco finale, a cui facevano da contrappeso filmati in computer grafica che andavano ben oltre quanto visto nel titolo completo in sé.
Anche a livello di valori di produzione, il gioco riusciva a far coesistere un’anima modesta e artigianale con un certo grado di ambizione. Due soli doppiatori hanno dato la voce ai personaggi presenti in Hogs Of War: uno era Marc Silk, mentre l’altro era il compianto attore comico britannico Rik Mayall (da noi noto per il film Va’ all’inferno Fred), venuto a mancare di recente. Il gioco sprizzava uno spirito distintamente inglese da ogni poro: il tema musicale principale era la Liberty Bell March di Philip Sousa, meglio nota come la sigla dello show comico Flying Circus della dissacrante troupe Monty Python.
https://www.youtube.com/watch?v=Jx_lV18bepg
I giocatori del nostro Stivale, però, conoscono il gioco per la sua localizzazione in italiano, alla quale il doppiatore Giovanni Battezzato (già noto come voce “suina” di Spanky Ham nella serie animata Drawn Together e come testimonial per la catena di negozi Expert) ha dato un’identità ben distinta. L’Hogs of War italiano, ormai indissolubile dal suo sottotitolo Nati per soffritto, nel suo piccolo ha inciso il ricordo di sé nel cuore di chi l’ha giocato come un adattamento paragonabile ai Simpson nella loro incarnazione dantesca.
Quella gran porcata che è la guerra
Nel suo approcciarsi al tema bellico, il gioco differisce da Worms nel mirare – gioco di parole non voluto – a un conflitto ben specifico: la Grande Guerra, ovvero la prima guerra mondiale. Nei suoi stereotipi, il gioco non risparmia proprio nessuno: abbiamo americani arroganti, inglesi posati, francesi snob, tedeschi schizzati, russi patriottici e, nel doppiaggio originale, giapponesi incapaci. La tentazione di trasformare quest’ultimo schieramento in un plotone di soldati italiani è stata troppo forte, e l’Hogs Of War nostrano non lo vorremmo in nessun altro modo.
Il filmato introduttivo è ormai iconico per tutti i fan del titolo: il gioco si apre con I.P. Grimly (gioco di parole su “orino crudamente”, da noi trasformato in T.D. Sosso), intento a preparare le proprie reclute con una serie di improbabili cinegiornali (ispirati ai cortometraggi animati del Soldato Snafu durante la seconda guerra mondiale). L’intento satirico – e, per estensione, pacifista – di Hogs Of War è palese: l’esaltazione e la glorificazione della guerra da parte di chi non combatte mai in prima linea servono sempre e solo a nasconderne la mostruosa realtà. Per essere un gioco privo di contenuti espressamente adulti, Hogs Of War sa bene dove colpire.
Il resto, almeno per chi di noi ha avuto modo di giocare ad Hogs Of War, di viverlo e di amarlo, già si sa. I maiali dalle verdi uniformi, i Tommy’s Trotters inglesi, da noi sono diventati gli Hot Hogs, mentre gli azzurri americani Uncle Ham’s Hogs sono i nostri New Porkers, così come i francesi dalle tinte blu, i Garlic Grunts, sono diventati i Cochon, mentre i tedeschi dalle tinte grigie Sow-A-Krauts sono stati ribattezzati Krautentruppen e, infine, i russi dalle uniformi rosse Piggystroika sono stati semplicemente chiamati Porcostroika. In compenso, come già detto, all’ultima squadra è stato riservato un trattamento speciale.
I Sushi Swine, soldati giapponesi, sarebbero stati visti come uno stereotipo razzista – partendo dalle loro uniformi gialle – già all’anno di uscita del gioco, per cui l’adattamento italiano ha pensato di sostituirli con un popolo che avrebbe accolto il tutto in modo più sportivo: gli italiani stessi. Ecco quindi che i vari (e metaforici) ninja, shogun e samurai di turno sono diventati il milanese Gino, il romano Spartaco, il pugliese Rocchino, il napoletano Totuzzo, il bergamasco Bepi, il torinese Giuanin, il sardo Turiddu, il toscano Bartalo e il siculo Rosario.
Questa sostituzione, nell’era prima di internet, ha causato non poca confusione nei giocatori che, se avessero affrontato la campagna in single player di Hogs Of War con i Suini Bellici, si sarebbero ritrovati delle schermate di caricamento scritte in ideogrammi tra una missione e l’altra. Intanto i nostri soldati conquistano l’arcipelago della Maialustralasia (Saustralasia in inglese) per ottenere il dominio dell’atollo dove si produce tutta la sbobba: chi controlla il cibo per maiali, d’altronde, può conquistare il mondo, nelle parole del già citato generale T.D. Sosso.
L’antitesi suina
A grandi linee, l’approccio alla guerra di Hogs Of War è diametralmente opposto a quello di Worms: mentre quest’ultimo si pone come uno scontro tra due fazioni di vermi che hanno a disposizione un arsenale e troppo tempo libero, quello tra i porcelli è un conflitto vero e proprio. Giocato sì a turni, ma pur sempre uno scontro “vero”.
I personaggi sono tutti vestiti con uniformi da soldati che riflettono anche le nazioni di provenienza (un ushanka per i maiali russi, un pickelhaube per quelli tedeschi e così via), e a differenza di quanto avviene in Worms ogni personaggio ha la propria scorta d’armi. C’è un motivo per questo, ma ci arriveremo per gradi… e di gradi ci ritroveremo a parlare ben presto.
Partiamo dal gameplay di base. Come avrai potuto intuire dalle varie schermate che stiamo mettendo nell’articolo, la prima differenza che salta all’occhio è quella di un gameplay gestito su arene tridimensionali. Questo ha anticipato Worms 3D di almeno tre anni, e in un certo senso l’ha battuto sul suo stesso terreno: mentre il titolo citato ha tentato di rendere in tre dimensioni il gameplay verticale di Worms senza compromessi, i più realistici campi di battaglia di Hogs Of War si sono tradotti in qualcosa di più funzionale.
Come già detto, però, l’arsenale condiviso di Worms è del tutto assente in Hogs Of War, e questo è palese sin dalla prima missione della campagna in single player nonostante tutti i soldati siano classificati come “reclute”. Procedendo nel gioco è possibile promuovere i propri maiali ottenendo medaglie. Ce ne viene data una di default con il completamento della missione, ma sin da subito viene introdotta la meccanica del “bonus sopravvivenza”, che aggiunge velocemente del pepe alla formula del gioco di base.
Come implica il nome, il bonus sopravvivenza della campagna single player di Hogs Of War prevede che nessun membro della nostra squadra cada in combattimento. Abbastanza fattibile nelle prime missioni, ma la sfida diventa ben presto ardua, sfiorando il proibitivo verso la fine dell’avventura. In aggiunta a questo, superato il primo “mondo” (Hogshead, o Capo Porcello in italiano), vengono introdotte medaglie aggiuntive da raccogliere sul campo, che talvolta richiedono molta strategia per poter essere raccolte senza compromessi.
Dopo la prima promozione, bisogna scegliere quale ruolo avrà la nostra recluta: le classi votate allo spionaggio non compaiono sulla mappa durante il turno degli avversari, i medici vantano armi curative per i propri compagni, gli ingegneri possono piazzare mine ed esplosivi (e vedere le mine nei campi minati) e, infine, gli artiglieri sono specializzati nelle armi pesanti. Qualsiasi diramazione si riunisce nel rango più alto, il caporale (incapace di annegare), per poi raggiungere l’apice con l’eroe.
In aggiunta a questo, Hogs Of War presenta la possibilità di nascondersi in alcune strutture: i primi a venire introdotti sono semplici tende e rifugi, ma vengono presto affiancati da bunker, ospedali da campo, carri armati, torrette e quant’altro. Ognuno di questi elementi, specie quelli che hanno troppi “punti vita” per essere abbattuti abbastanza in fretta, possono capovolgere interamente le sorti di un’intera partita.
Al di fuori delle armi in dotazione a una certa classe, quando un maiale cade in battaglia lascia a terra tutte le armi che ha raccolto nelle casse (che, almeno in questo caso, funzionano in modo pressoché identico alle loro controparti di Worms). Hogs Of War non vanterà le assurde lapidi viste nel titolo di Team 17, ma gli stivaletti fumanti hanno il loro perché. Il giocatore può farsi qualche risata con gli stivali anche nella campagna, ma fino a un certo punto: dopo la terza morte, il maiale sarà perso per sempre.
Purtroppo, il progresso nella campagna è abbastanza a senso unico. Una volta conquistata l’Isola di Sbobba nell’ultima missione, una sorta di “New Game Plus” – contestualizzato dal finale agrodolce del gioco – ci permette di usare un’altra squadra per riconquistare l’intera Maialustralasia da noi appena soggiogata. In soldoni, questo si traduce in avversari resi più ostici in quanto si tratta della nostra stessa squadra: serviranno strategia, impegno e ulteriore pazienza.
Maremma maiala, il multiplayer!
Non sapremmo dire se in realtà Hogs Of War rappresenti uno di quei casi in cui “la campagna è un lungo tutorial per il multiplayer” come avviene in Pokémon, ma di certo chi ha sviscerato la modalità in singolo potrà godere maggiormente dell’esperienza arcade che il multigiocatore offre. In multiplayer potremo cambiare liberamente il rango dei nostri soldati, che potranno godere del secondo livello di specializzazione. In aggiunta alle quattro carriere militari viste in single player, il multigiocatore presenta anche la classe parà (specialista del jetpack) e il granatiere (esperto delle granate).
La fluidità con cui il gioco permette di cambiare le classi dei personaggi prima dei match è un autentico invito alla versatilità strategica del giocatore. Naturalmente, senza modificare altri parametri chiunque sapesse sfruttare al meglio le abilità del granatiere si ritroverebbe in palese vantaggio, ma la personalizzazione disponibile nelle sessioni multiplayer di Hogs Of War non sfigurerebbe in un gioco contemporaneo.
Oltre alla possibilità di cambiare la specializzazione dei propri maiali, infatti, è possibile impostare altri parametri come durata dei turni, selezione libera del soldato a inizio turno, vita dei maiali (normale, doppia o dimezzata) ed altro. Per aggiungere una variabile in più, Hogs Of War permette anche di generare mappe in base ad alcuni elementi: ora del giorno, tipo di terreno, percentuale di dislivelli, presenza di mine, veicoli, rifugi. Le possibili combinazioni si sprecano.
“Il nostro pensiero sarà con voi… ovunque voi siate!”
Che ne è stato, nel corso degli anni, di questa piccola perla? Purtroppo non è un caso se abbiamo citato il finale agrodolce di Hogs Of War: in seguito alla già menzionata acquisizione di Infogrames da parte di Atari, tutti i piani per un seguito – e ce n’erano – sono stati cancellati. Questo gioco vive ora nel cuore degli appassionati, con canali YouTube (quali Pinstripe e HogsOfWarVideos) che tuttora pubblicano alacremente video dedicati a un titolo altrimenti quasi del tutto dimenticato.
Ci sono dei barlumi di speranza, in tutto questo, partendo dall’altra piattaforma per cui il gioco è stato rilasciato. Naturalmente, se pensiamo all’adattamento italiano, la mente dei pochi di noi che lo ricordano vola alla versione PlayStation; esiste però anche una versione PC del gioco, e siccome uno dei lati positivi dei computer rispetto alle console è che nessun titolo resta mai morto a lungo. Se quanto abbiamo detto finora ti alletta, sarai felice di sapere che Hogs Of War è disponibile su Steam.
L’altro lato positivo è che gli attuali detentori dell’IP, ovvero Alternative Software, sono stati contattati da un gruppo di fan per unire le forze e lavorare a un remake. Hogs of War Reheated, sebbene avvolto da un manto di assordante silenzio a causa della quasi totale mancanza di fama del titolo al di fuori della nicchia che si è scavato, sta mirando a un’uscita su PlayStation 4. Non essendoci stati annunci ufficiali in pompa magna in merito, possiamo solo sperare che il titolo riesca ad unirsi alla sempre più ampia famiglia dei giochi anni ’90 che hanno ricevuto un remake.
Se vuoi supportare ulteriormente questo microscopico e ormai quasi dimenticato brand, è infine stato aperto un Kickstarter per un gioco di carte ufficiale di Hogs of War. Per il resto, tutto ciò che ci rimane (prima ancora di immaginare una versione di Reheated per Xbox One, Nintendo Switch o anche solo PC) è solo incrociare le dita e sperare che le luci della ribalta diano una seconda chance a questi maialini belligeranti.