Se sei un amante dei gestionali e sei curioso di scoprire un titolo unico nel suo genere dove l’unico obiettivo è osservare degli sconosciuti, annotare qualsiasi informazione possa riguardarli e riferirli alla loggia massonica di turno in cambio di prestigio sociale, allora Do Not Feed the Monkeys potrebbe stuzzicare la tua attenzione.
Benvenuto nel club di Osservazione dei Primati
La trama è molto semplice e quasi irrilevante: scelto l’avatar in-game e avviata una nuova partita, dei disclaimer a schermo ci narrano dell’esistenza del club di Osservazione dei Primati. Un club molto esclusivo di cui stiamo entrando a far parte (firmando realmente per il trattamento dei dati personali e della privacy) e che ci fornirà una “nuova ragione di vita”.
Infatti, accettate le condizioni del club, ci ritroveremo ad installare la loro app proprietaria sul nostro pc. Quest’app ci consentirà di rendere i nostri servigi al club in cambio di una scalata gerarchica all’interno dei suoi ranghi.
“Ma in cosa consistono i lavori richiesti da questa setta zoofila?” Ti starai sicuramente chiedendo. Ebbene, da buona loggia massonica e cerchia di illuminati che si rispetti, l’app che ci hanno costretto ad installare fornirà l’accesso ad una serie di telecamere, installate indistintamente in luoghi pubblici o abitazioni private (all’insaputa degli inquilini, ovviamente). Il nostro compito altro non è che osservare tutto ciò che viene ripreso dalle telecamere ed annotare qualsiasi fatto rilevante all’interno del nostro quaderno.
Accumulando compulsivamente informazioni sui soggetti osservati, acquisteremo sempre più potere e considerazione all’interno del club, scalando la vetta fino ad arrivare alla rivelazione ultima della mitica Scimmia Primordiale.
In sostanza questo sarà il nostro compito all’interno di Do Not Feed The Monkeys, gioco che si definisce un Digital Voyer Simulator. Un qualcosa di simile ad un “simulatore di leoni da tastiera in smartworking” dove gestire un’infinità di compiti da svolgere preservando il nostro equilibrio psicofisico.
Detto così, è molto difficile riuscire a spiegare al meglio in cosa consiste esattamente il titolo sviluppato dalla società spagnola Fictiorama Studios e pubblicato da Alawar Premium nel 2018 originariamente su PC, quindi cercherò di snocciolarlo il più possibile (evitando possibili spoiler) andando ad analizzare il gameplay.
Vita e lavoro all’interno di un monolocale
Comincio a spiegarti il gameplay mettendoti immediatamente in guardia sul fatto che, per quanto il gioco sia semplice nelle sue meccaniche, il tutorial è assente e le prime ore saranno tutt’altro che intuitive, soprattutto per un utente che non mastica molto la lingua inglese. Infatti il gioco non ha una localizzazione in italiano. Non ha bisogno di una conoscenza da madrelingua, ma comunque trattandosi un di un titolo puramente testuale, in alcuni frangenti si potrebbe avere qualche difficoltà.
Dopo aver stipulato il contratto con il Club di Osservazione dei Primati come citavo in premessa, verremo direttamente catapultati davanti al PC nel nostro monolocale dove una barra di installazione ci avvertirà che da adesso possiamo usare l’app fornita dal club: Monkey Vision.
Tramite quest’app abbiamo accesso inizialmente a 4 videocamere (aumentabili dietro pagamento successivamente) installate in quelle che sembrerebbero location randomiche.
Per chiarezza di esposizione, mi limiterò a descrivere le sezioni di gameplay relative alla prime telecamere, per non rovinare l’esperienza a chi magari è interessato all’acquisto.
Prima ancora di avere il tempo di cominciare il nostro spionaggio, riceveremo una notifica dal programma di chat presente sempre sul nostro computer. Si tratta del nostro amico che ci ha introdotto al club fornendoci le sue referenze. In pratica sarà una sorta di un mini tutorial a cui potremmo chiedere ulteriori spiegazioni sul concept del gioco ed ulteriori delucidazioni sui nostri compiti. Ma qui avremo già la prima instillazione di inquietudine che ci accompagnerà durante tutta la partita.
Infatti il tizio in questione (di cui non è dato sapere il vero nome, ma soltanto il nickname) ci metterà in guardia sul fatto che il club è molto esigente sui suoi operatori, sul lavoro da essi svolto e (soprattutto) sulla loro salute psicofisica.
In sostanza è una gimmick di drammaticità per avvisarci che, mentre svolgeremo i nostri compiti da guardone, dovremo sempre tenere d’occhio i nostri status di salute, sonno e fame. Tre barre che caleranno man mano nel tempo e dovremo recuperare dormendo e mangiando.
Piccola parentesi sul cibo. Potremo procurarci dei viveri in due modi: andando classicamente a fare la spesa (traducendosi in “seleziona la quantità dei cibi desiderati e paga”), ma ci consumerà un’ora del nostro prezioso tempo a disposizione da dedicare al club; altrimenti, come il lockdown insegna, avremo a disposizione il nostro bel depliant di cibo a domicilio, decisamente più caro, ma ci eviterà di allontanarci dal PC e continuare a dedicarci al club.
Ma come si traduce in gameplay “osservare e reperire informazioni”? Osservando alternativamente le telecamere fornite da Monkey Vision, cliccando su dei punti di interesse all’interno dell’inquadratura o cliccando su delle keyword (evidenziate in giallo) all’interno dei dialoghi dei soggetti osservati, annoteremo tutte le parole chiave all’interno di quaderno.
A questo punto, una volta reperite abbastanza parole chiave, si tratta soltanto di creare collegamenti fra di esse. Ad esempio, dopo aver estrapolato “window” e “rooftop” dalla prima telecamera, nel quaderno queste parole verranno automaticamente cerchiate insieme ed il gioco ci chiederà se, secondo noi, quello che stiamo guardando si tratta di un attico, uno scantinato o un garage. Selezionare la conclusione corretta ci consentirà di fare collegamenti più complessi in seguito, altrimenti saremo bloccati e dovremo riconsiderare le nostre conclusioni.
Una volta racimolate abbastanza informazioni e passati un paio di giorni, il club ci invierà delle email chiedendoci di fornire alcune di queste informazioni che abbiamo ottenuto. Solitamente sono informazioni molto sensibili, come nome dell’inquilino, numero di telefono o indirizzo. Una volta selezionata l’informazione richiesta passeranno un altro paio di giorni, al termine dei quali il club ci ricompenserà in caso di risposta corretta.
Il loop di gameplay, solitamente, si conclude così. Informazioni per ricompense in denaro. Denaro utile per acquistare nuove videocamere, obbligatorie se si vuole salire di rango all’interno della setta.
Inoltre il denaro non servirà soltanto per i vari upgrade alla nostra postazione, ma soprattutto per vivere e mantenerci in salute. Infatti non capiterà di rado spendere un’intera giornata dedicata solo a lavoretti part-time (sempre selezionabili all’interno del monolocale) utili per racimolare un gruzzoletto per cibo e affitto. Sì, affitto. Perchè, anche piuttosto di frequente, la padrona di casa verrà a riscuotere ciò che le spetta. Avrà una soglia di tolleranza di un paio di giorni, dopo i quali, se ancora insoddisfatta, significherà game over.
Perchè “Do not Feed the Monkeys”?
Mi riallaccio al titolo del gioco per spiegare quella che, secondo me, è la particolarità più interessante.
Il nome deriva dal fatto che, nelle varie policy che il club ci farà firmare, viene ripetutamente sollecitato “Do not Feed the Monkeys”, appunto “non dar da mangiare ai primati”. Metaforicamente significa di non interagire con i soggetti osservati. Questo perché il giocatore potrà sì limitarsi a fornire informazioni sensibili al club, ma nulla ci vieterà di “giocare” con i poveri sfortunati, ignari di essere osservati.
Come sempre eviterò di spoilerare tutto il raggio d’azione di possibilità che ci sono concesse, ma mi limiterò a ciò che è possibile fare nelle prime ore di gioco. Una volta ottenuto il numero di telefono della vittima, nulla ci impedirà di chiamarla per importunarla e spingerla ad impazzire. O addirittura, dopo essere saliti di livello, ci verrà sbloccato un marketplace sul nostro PC che ci consentirà (sempre dopo aver ottenuto l’indirizzo) di spedire articoli di varia natura ai soggetti. Articoli che spaziano da una bambola gonfiabile ad una confezione di Viagra, da lattine di energy drink ad un flacone di veleno.
Se saremo dei bravi osservatori, sapremo riconoscere l’oggetto giusto da spedire per causare una reazione nel soggetto, che potremmo registrare ed inviare a qualche ente locale. Questo a lungo andare scatenerà le ire del club, ma potrebbe fruttarci un sacco di soldi.
Le nostre scelte all’interno del gioco saranno fondamentali, difatti porteranno ad una serie di finali alternativi, alcuni buoni, altri meno buoni e altri ancora disastrosi.
Un gestionale molto valido e particolare, ma un porting discutibile
Giunti alle conclusioni, dopo aver cercato di far capire in cosa consiste il gioco, molto valido nel suo genere e abbastanza particolare da affermare di essere unico, urge una puntualizzazione.
Il titolo è stato ideato originariamente per PC, quindi pensato per essere giocato con mouse e tastiera. Su Switch ciò si traduce con l’utilizzo degli stick, di comandi rapidi e del touch screen. Il risultato purtroppo non è dei migliori. Gli stick non sono minimante precisi quanto un mouse ed il touchscreen di Switch non è mai stato l’ideale per alcun titolo a mio parere, risultando anch’esso molto impreciso, peggiorato anche dai 6 pollici scarsi dello schermo (e l’interfaccia del gioco non è sicuramente minimal). I comandi rapidi ci vengono in aiuto, ma potrai ben capire che usare sia touch che pulsanti comporta un costante e fastidiosissimo cambio di impugnatura.
Il gioco non è esente neanche da bug proprio nell’aspetto più dolente: i comandi. Peranto, se in alcuni momenti decidi di utilizzare gli stick per muovere il puntatore perché hai bisogno di rapido accesso ai comandi rapidi, potrebbe capitare che il gioco, per degli abbondanti secondi, non riconosca più il cambio di imput tornando ad utilizzare il touch screen, facendo perdere del tempo prezioso e magari (come mi è capitato spesso) anche delle preziosissime keyword da annotare, costringendoti ad aspettare il prossimo ciclo di routine del soggetto.
Alla fine il fascino del gioco, quindi, viene demolito da una mala gestione di imput e comandi, fino a renderlo quasi del tutto ingiocabile. Veramente un peccato.
Nulla da dire invece su comparto grafico e sonoro, praticamente identici all’originale versione PC. La grafica in pixel art conferisce quel tocco di leggerezza ad un gioco altrimenti troppo cupo per le tematiche affrontate e le azioni da compiere. Magari poteva essere leggermente curata meglio ed infatti non è sicuramente la miglior grafica pixelosa in circolazione, né la più originale. Basti pensare ai capolavori (a mio avviso) di Lucas Pope come Papers Please, gioco sotto certi versi molto simile come approccio al gameplay.
Per quanto riguarda il sound design, invece, si limita al compitino. Un buon compitino, ma senza pretese. Non ha una raccolta vastissima di sample registrati, rimanendo sul minimal, ma riesce comunque nell’essere efficace. A volte basta poco per rendere immersivo un titolo e Do Not Feed The Monkeys ci riesce con dei buoni (ma pochi) accorgimenti, come ad esempio ricrearti l’ambiente sonoro ideale che sentiresti in un condomino fatiscente nelle peggiori periferie. Indossando le cuffie, ho apprezzato molto le urla e qualsiasi rumore molesto provenisse dagli appartamenti adiacenti.
Do Not Feed The Monkeys è disponibile per PC (via Steam), per PlayStation 4, Nintendo Switch e su entrambe le piattaforme mobile, iOS e Android. Sconsiglio caldamente l’acquisto su console. Il gioco è stato pensato per PC e (essendo un punta e clicca) va giocato con mouse e tastiera. Al limite, se hai un tablet sufficientemente grande, propenderei anche all’acquisto su App Store e Play Store.