Ever Forward è un gioco dal fascino immediato, un puzzle game con una forte componente esplorativa che si ispira a molti altri videogiochi simili che di recente hanno ottenuto un considerevole successo nel panorama indie. Mi sto riferendo ovviamente a titoli come The Witness, Journey, RiME e Everybody’s Gone to the Rapture, senza dimenticare la nota saga di Myst, in cui alle tipiche atmosfere sincopate e piene d’azione si sostituisce un ambiente pacifico, rilassato, onirico, ma anche misterioso e che sprona il giocatore ad esplorarlo. Per farlo però dovrai risolvere una serie di enigmi tutt’altro che scontati.
Ever Forward è l’ultima fatica produttiva di Pathea Games, studio di sviluppo indie fondato nel 2010 a Chongqing in Cina. La loro missione è creare videogiochi unici basandosi sulle nuove tecnologie, sulle nuove idee e sul i contenuti creato dagli utenti. E’ loro ferma convinzione, infatti, che il futuro dell’industria dei videogiochi abbia ampio spazio per gli input degli utenti, idee che spesso vengono sottovalutate e guardate con sufficienza e che invece rappresentano il nucleo del lavoro di Pathe Games. Qui a iCrewPlay avevamo già recensito positivamente il prologo del gioco, ma la versione completa avrà confermato le buone impressioni iniziali? Scopriamolo insieme.
Una bambina tra due mondi
Ever Forward ci mette nei panni di Maya, una bambina che indossa solo un vestito bianco e che si risveglia su quella che sembra un’isola deserta, verdeggiante e completamente pacifica con l’unica compagnia di un bizzarro robot cubico galleggiante. Questa viene però alterata da delle apparizioni di “spazi alterati” che ricordano strani connubi di stanze distrutte con frammenti che galleggiano a gravità zero e componenti tecnologiche. L’intero panorama è dominato da strani enormi tubi che ricordano, a tratti, anche delle colossali radici. Entrando in questo luoghi corrotti, Maya entrerà in un altro mondo, più misterioso, asettico e inquietante. Qui dovrà risolvere alcuni enigmi per raccogliere i frammenti dei propri ricordi.
L’intero gioco si costruisce intorno al desiderio di ricostruire il passato di Maya e di capire che cosa è il luogo in cui cammina, come ci è finita e cosa è successo al mondo intorno a lei. Senza fare spoiler, tuttavia, posso dirti che questi dubbi saranno solo in parte risolti. I ricordi raccolti si concentreranno soprattutto sul rapporto tra Maya e sua madre, una figura distaccata e distante che spingerà la ragazza a costruire il suo unico amico, un robot sferico. Si intuirà anche che il mondo è stato devastato da una qualche apocalisse legata alla neve, ma non viene spiegato molto altro. Ovviamente non ti rivelo il mistero dietro l’isola e i due mondi di Maya poiché questo sarà effettivamente l’unico risolto completamente alla fine del gioco in una conclusione che, pur contando la scena post-titoli di coda, è tutt’altro che soddisfacente.
Esplora, Risolvi, Guarda, Ripeti
Peccato perché il percorso che ci porterà verso quel finale è affascinante, pur se non esente da difetti. Andiamo con ordine però. Il gioco, come già accennato, si alterna tra due mondi diversi: l’isola e gli spazi/stanza dove affronteremo i puzzle. Sull’isola potremo in realtà fare ben poco oltre che vagare per la stessa in cerca della stanza successiva. Questa parte è sicuramente quella più affascinante e coinvolgente per il clima pacifico che riesce a creare, tipico dei walking simulator. In uno spazio così grande, però, mancano effettivamente degli obiettivi da raggiungere. A parte muoverci, potremo anche saltare, ma questa sarà una mossa assolutamente inutile e fine a sé stessa (oltre che spesso ostacolata dai molti muri invisibili), così come fine a sé stesso è usare una piccola barchetta presente nel lago interno dell’isola (gli stessi luoghi possono essere raggiunti a piedi).
Si, eseguendo determinate azioni, potremo raccogliere delle foglie (che spiegherò dopo a cosa servono), ma queste sono davvero poche (6 in tutta l’isola). Per il resto sembra di vagare in un enorme deserto senza nulla di utile da fare. Non aiutano i molti muri invisibili presenti che di base rendono l’isola un mero HUB di gioco. Discorso diverso per “l’altro mondo” che cambierà a seconda della stanza in cui entreremo. Questo sarà completamente esplorabile usando il nostro robot cubico che potremo richiamare con un tasto perché ci permetta di “levitare” verso le varie aree. Al primo ingresso in una stanza, vedremo una colonna di luce rossa che rappresenta il prossimo puzzle. Avvicinandosi ad essa, lo attiveremo, ma nelle stanze sono presenti occasionalmente anche altri tipi di ricordi che “iniziano” quando ci muoviamo verso di essi.
Nel momento in cui tocchiamo una colonna rossa, questa trasformerà l’ambiente intorno a noi creando il puzzle da risolvere che avrà sempre il medesimo obiettivo: portare un cubetto da un punto a ad un punto b. Come comandi aggiuntivi potremo alzare e lasciare il cubetto o anche tirarlo a breve distanza. Raggiungere il proprio obiettivo non sarà comunque semplice visto che il percorso da attraversare sarà sorvegliato da dei robot sferici che, se ci vedranno, ci obbligheranno a ricominciare da zero. La visuale di questi robot è evidenziata da un cono blu davanti a loro, ma ci sarà anche una componente uditiva. Se infatti faremo rumore vicino al robot, questo si attiverà, inizierà a cercare un estraneo vicino a sé, il cono diventerà rosso e i suoi sensi percettivi saranno aumentati. Un robot con il cono rosso può sentire un rumore a più distanza di uno con il cono blu (e sappi che questa meccanica sarà usata non poco nel gioco). Durante un puzzle si può salvare in ogni momento (così da non dover rifare tutto se si viene scoperti o se si cade nel vuoto) o si può resettare l’area e ripartire da zero.
Pensi quindi che sia facile? Cambia idea perché i puzzle proposti da Ever Forward sono davvero impegnativi e rappresentano una sfida notevole, soprattutto quando si aggiungono meccaniche come pulsanti da tenere premuti, ponti semovibili, teletrasporti e, soprattutto, il temibile cambio di gravità temporizzato presente nelle ultime stanze. Quest’ultimo è davvero frustrante, ma non sempre per le ragioni giuste. Il principale problema è che tale cambiamento avviene in modo automatico dopo un certo lasso di tempo e troppo presto ti troverai ad attendere che avvenga anche solo per scoprire se la tua idea di soluzione è minimamente valida. Va inoltre denotata una certa ripetitività nel proseguire dei vari puzzle. Si, le meccaniche variano, ma i “nemici” e gli “obiettivi” saranno sempre uguali. Avrei preferito una maggiore varietà in questo senso. Infine, se non si riesce a risolvere un puzzle, si possono sfruttare le foglie raccolte in precedenza sull’isola per ottenere dei suggerimenti (la cui utilità è però molto relativa).
Una pace minacciosa
Quello che invece ho davvero apprezzato in Ever Forward è la realizzazione artistica che contribuisce a creare un’atmosfera davvero interessante all’intero titolo e fornisce un secondo livello di narrazione in congiunzione con i ricordi raccolti da Maya. I colori naturali dell’isola, si oppongono a quelli asettici e tecnologici delle stanze e della corruzione indicando a livello visivo che qualcosa, lì, non funziona. Sembra quasi di star vedendo un virus che contamina lentamente e senza alcuna pietà l’armonia pacifica dell’isola stessa. Quest’ultima è ben rappresentata per quanto ci sia qualche effetto blur di troppo, ma poca roba considerando che si parla di un titolo indie. Senza contare che è difficile capire quali distorsioni sono effettivamente delle imperfezioni e quali invece sono volute. Ottima scelta strategica.
Ho particolarmente apprezzato anche il modo onirico in cui vengono raffigurati i ricordi, tramite luci e ombre ben contrastate e effetti di dissolvenza che non lasciano dubbi sul percorso di narrazione, ma quello che ho davvero amato è il modo in cui molti dettagli della storia vengono accennati e si riflettano sul mondo di gioco. Per esempio il fatto che inizialmente ci sia un piccolo alberello nei ricordi solo per poi scoprire che l’intera isola è dominata da un albero colossale… che appare anche nell’altro mondo solo che è più tecnologico e minaccioso. O ancora il modo in cui l’ambiente in cui ci muoviamo ed in cui si svolgono i puzzle vari andando avanti nel gioco, rendendosi sempre più caotico, confuso, alieno ed inquietante. Tutto questo contribuisce a dare dettagli ad una storia che ne ha disperatamente bisogno e a creare un senso d’ansia crescente che funziona davvero bene nel gioco.
Altro fattore da elogiare sono i molti effetti di luce presenti. Dai riflessi sull’acqua alle venature rossastre che caratterizzano la “corruzione”, passando per le luci dorate che formano i ricordi e che ci mostrano la strada da seguire. La luce è una componente fondamentale di Ever Forward e presto anche questa diventa parte della narrazione complessiva del gioco. I primi puzzle saranno immersi in un bianco asettico che ricorda quasi la minacciosa neve apocalittica esterna (ed è indicativo che i ricordi si svolgano tutti in una specie di notte eterna, un nero/blu a contrasto del bianco) mentre gli ultimi saranno dominato dall’inquietante e opprimente rosso lucente caratteristico degli spazi alterati. Non si può negare che il comparto grafico abbia qui svolto un lavoro eccellente.
Nota positiva anche per la parte “musicale.” Ever Forward è accompagnato da una serie di armonie che ben rispecchiano l’atmosfera e che non distraggono mai il giocatore, né sovrastano gli importanti effetti sonori presenti (tipo i rumori che possono attivare i robot o quelli emessi da quest’ultimi che ne rappresentano proprio l’attivazione). Un compito non facile a ben vedere ed è encomiabile che ancora una volta la musica diventi anch’essa parte della storia. L’isola è rappresentata da delle musiche rilassanti che però iniziano ad alterarsi e farsi più inquietanti quando ci avviciniamo alle stanze. La musica di quest’ultime parte in modo rilassante, per quanto alieno, ma presto diventa, via via che si avanza nei puzzle, una sinfonia cacofonica e ansiogena che contribuisce a creare quel senso di oppressione che ho già citato più volte. Infine, i ricordi hanno un sottofondo musicale malinconico che sembra indicare ad una disgrazia imminente.
Una pietra preziosa da temperare
A conti fatti, Ever Forward ha tutte le carte in regola per essere un altro grande walking simulator indie di successo, ma fallisce in questo obiettivo per la presenza di alcune fastidiose mancanze. Ad una fantastica realizzazione artistica, a delle ottime premesse a livello di storia e ad una serie di puzzle davvero competitivi, purtroppo non corrisponde una realizzazione complessiva così soddisfacente come dovrebbe essere. Ci sono tanti piccoli difetti che inficiano sull’esperienza di gioco rendendola meno piacevole di quanto avrebbe dovuto essere. A tutto questo si aggiunge un ulteriore problema che, secondo me, non è da poco: l’intero gioco dura al massimo 3/4 ore. A dir tanto. Sembra quasi ci sia stata una certa fretta nel volerlo concludere e mettere sul mercato perché un maggior tempo di sviluppo avrebbe permesso di aggiungere puzzle, varietà di meccaniche, ore di gioco, cose da fare sull’isola ed una conclusione della storia più soddisfacente e completa.
In ogni caso, anche in questa sua forma parziale, Ever Forward resta un gioco piacevole. Non è la gemma che sarebbe potuto essere, ma è comunque una pietra preziosa grezza all’interno dell’attuale panorama videoludico. Niente inoltre impedisce a Pathea Games di migliorare il gioco in futuro andando a risolvere i difetti che lo affliggono. Così come è, mi sento di consigliare l’acquisto di Ever Forward solo ai fan dei puzzle game e dei walking simulator che magari hanno alcune ore di tempo libero e vogliono mettersi alla prova. In qualsiasi altro caso non credo che l’acquisto valga i 15 euro su Steam. Viceversa sarei quasi tentato di consigliarti a prescindere la colonna sonora a 1,60 euro, visto che si tratta di un prodotto davvero gradevole.