Quante volte ti è capitato di dire (o sentirti dire), in merito ad un qualsiasi titolo: “se avesse quell’altra ambientazione lo giocherei pure”, o magari “che peccato che non abbia quella meccanica specifica, mi spingerebbe a provarlo”? Ebbene, è proprio per venire incontro a richieste del genere (almeno in parte) che esistono i titoli derivativi.
Prendiamo ad esempio il più recente prodotto sviluppato da Ubisoft, Immortals Fenyx Rising, presentato agli scorsi Ubisoft Forward (qui il nostro articolo dedicato):
Dal video gameplay, presentato durante la conferenza della software house canadese, è impossibile non notare immediatamente le somiglianze con due dei titoli Tripla A più famosi degli ultimi anni; sto ovviamente parlando di Zelda: Breath of the Wild ed Assassin’s Creed Odyssey.
Per quanto possa risultare banale ed affrettato, anche e soprattutto perché non abbiamo toccato con mano (anzi, con il Pad) il prodotto finito, viene abbastanza naturale inquadrare Immortals Fenyx Rising come uno “Zelda ambientato nell’antica Grecia”.
Del resto lo stile grafico non lascia scampo ad una simile interpretazione, così come il setting dell’interfaccia di gioco, a metà tra il già citato Assassin’s Creed Odyssey e la serie dei Souls.
Quanti di noi vorrebbero cambiare giusto un paio di elementi su determinati giochi ?
Su queste basi, ho deciso di pormi una domanda assai semplice: “I videogiochi fortemente derivativi, sono un bene o un male ?”
Ebbene, sono del parere che la risposta cambi radicalmente a seconda della fazione cui viene rivolta la domanda:
- Da parte delle Software House, la presenza di prodotti così esageratamente simili porta inevitabilmente alla saturazione del mercato; il “fenomeno dei Battle Royale” ne è un esempio lampante. A distanza di pochi mesi l’uno dall’altro un nuovo titolo fa la sua comparsa sul mercato millantando la sua unicità ed il suo valore rispetto agli altri, con il risultato che, nel marasma generale, nessuno di loro viene valutato in maniera obbiettiva, quanto piuttosto sulla base della pubblicità e del gradimento degli streamers/followers (piaga dell’internet che non tratterò oggi).
- Per l’utenza, invece, è tutto grasso che cola; come detto in precedenza, spesso e volentieri ci lamentiamo di volere un dato gioco x con l’unica differenza di giocarlo in una ambientazione y oppure con una meccanica z. Per fare un esempio proprio con Immortals Fenyx Rising, quante persone in questi anni avranno detto: “Quanto mi piacerebbe un Assassin’s Creed Odissey con lo stile grafico di Zelda: Breath of the Wild”.
Insomma, tirando le somme, i titoli derivativi possono essere una vera manna dal cielo per le software house quando vengono indovinati (sarà questo il caso di Immortals Fenyx Rising ?), del resto lo stesso Zelda: Breath of the Wild è ritenuto un capolavoro per avere inglobato al meglio tutti gli stilemi tipici degli ultimi dieci anni videoludici; tuttavia il rischio del già citato “effetto battle royale” è sempre dietro l’angolo.