Il dibattito sul fatto che i videogame siano buoni o cattivi va avanti da anni.
Possiamo dire che se ne discute sin dai tempi di Pong e Space Invaders, ma è sopratutto a partire dagli anni ’90 che le controversie nei videogame hanno assunto un ruolo sempre più importante nella società grazie alla maggiore attenzione attribuitagli dai mass media.
Sfortunatamente, la maggior parte delle persone ha sempre pensato che fossero la causa di molti problemi mentali e fisici, nonostante mancassero del tutto prove scientifiche per dimostrare questa ipotesi.
La nostra natura umana ci porta a cercare e trovare qualcosa da incolpare quando siamo di fronte ad un’anomalia dapprima sconosciuta, optando il più delle volte per soluzioni semplici ed immediate a fronte di problemi ben più complessi: i videogame sono sempre stati un obiettivo troppo facile per non essere il capro espiatorio di turno.
Ma le cose stanno lentamente cambiando. Si sta sviluppando una maggiore sensibilità su questi argomenti, trattandoli in maniera più seria e professionale: vengono condotti sempre più studi professionali da Università di tutto il mondo, per scoprire la verità dietro l’ideologia.
I videogame ci rendono più violenti?
L’accusa più grave che i detrattori dei videogame muovono è che questi creino impulsi violenti nei loro fruitori, e ne ostacolino la loro capacità di apprendere.
In tutti questi anni di battaglie ideologiche non sono ancora mai state raccolte prove significative per offrire una risposta solida ed inequivocabile per avvalorare questa tesi.
Uno tra i più importanti esperimenti a riguardo è stato fatto nel 2013, quando è stato condotto lo studio Failure to Demonstrate That Playing Violent Video Games Diminishes Prosocial Behavior, a cura dei ricercatori Morgan Tear e Mark Nielsen, presso l’Università del Queensland, in Australia: 160 studenti tra i 17 ed i 43 anni hanno giocato per 20 minuti a quattro videogame diversi: Grand Theft Auto IV, Call of Duty: Black Ops, Portal 2 e World of Zoo.
A seguito della sessione di gioco, i soggetti sono stati sottoposti a delle prove in cui dovevano esprimere il loro grado di apprezzamento dei videogiochi provati, determinanti per i ricercatori per comprendere il loro cambiamento nei comportamenti dopo l’esposizione ai videogame, violenti e non.
Ebbene, il risultato della ricerca è che non è stato possibile fare alcun collegamento tra videogame “violenti” ed i comportamenti successivi del giocatore.
I ricercatori hanno poi concluso affermando: “questo test forse non è la prova definitiva che i videogiochi non hanno alcun impatto sulle persone e sui loro comportamenti, ma riteniamo probabile che molte accuse e preoccupazioni nei loro confronti siano sbagliate o sproporzionate“.
La buona notizia è che invece la maggior parte delle ricerche sta scoprendo che i giochi in realtà possono essere davvero utili per noi.
Effetti benefici dei videogame
Il parere di molti psicologi e sociologi, è che giocare ai videogame favorisca la stimolazione del cervello, impegnato ad agire in maniera differente dal normale grazie alla immediatezza degli impulsi audio-video in entrata, sviluppando l’intelligenza del giocatore, la sua capacità di memorizzazione ed il suo pensiero laterale per superare le sfide poste in essere, con il massimo del rendimento.
A questo proposito mi sento in dovere di citare almeno un autore che ha raccolto nelle sue pubblicazioni i più importanti studi di neuroscienze sull’argomento.
Steven Johnson, con il suo “Tutto quello che fa male ti fa bene. Perché la televisione, i videogiochi e il cinema ci rendono intelligenti“, indaga sulla stimolazione dell’attivazione dei circuiti dopaminergici durante l’interazione con un videogame.
Particolarmente interessante la tesi secondo la quale, nel momento in cui giochiamo, saremmo al nostro massimo grado di attenzione ed apprendimento. Sarebbe questo il motivo per cui ci ricordiamo perfettamente le nozioni storiche, geografiche o persino morali apprese anni prima, tra una quest e l’altra, mentre ci siamo già dimenticati cosa diceva quell’oratore noiosissimo alla conferenza a cui abbiamo appena assistito.
C’è quindi un potenziale ancora poco sfruttato: quello dei videogame utilizzati in un contesto educativo. Creati per essere divertenti e stimolanti così da mantenere più a lungo l’attenzione dell’ allievo, inserendo le conoscenze da trasferire nel momento più alto della curva di concentrazione.
L’interattività insita in questo medium potrebbe stimolare l’apprendimento anche nelle persone più riottose e ribelli o persino nei soggetti affetti da disturbo da deficit di attenzione/iperattività, permettendogli di sperimentare novità, curiosità e sfide, stimolando la creatività ed il raggiungimento di obiettivi, individuali o di squadra.
I videogame ci insegnano a prendere in mano la nostra vita
Non dobbiamo pensare ai videogame solo come attività solitaria. Sono sempre più numerosi infatti quelli che prevedono una modalità multiplayer, in cui l’interazione con altre giocatori, spesso sparsi ai quattro angoli del globo, è la prassi.
Se lo desideriamo, giocando, abbiamo la possibilità di conoscere altre persone, imparare e/o migliorare una lingua straniera e perché no, instaurare dei legami di amicizia che trascendono il mondo videoludico, portandoli nel mondo reale, magari in occasione di fiere o eventi dedicati alle varie community.
Perché in fin dei conti siamo e rimarremo sempre degli animali sociali.
Nella vita, la cosa forse più importante, ed allo stesso tempo più difficile, è imparare a decidere.
Essere indecisi può influenzare negativamente la salute mentale e fisica; potremmo prendere dei rischi non necessari,oppure rimanere impantanati in un lavoro o in una relazione che non ci soddisfa, minando seriamente la serenità mentale e ritrovandoci presto esclusi da una vita sociale appagante.
Giocare ai videogames significa che dovremo spesso prendere delle decisioni, in breve tempo e sotto stress, magari sotto il fuoco delle mitragliatrici nemiche durante lo sbarco in Normandia, o sul dischetto del calcio di rigore decisivo nella finale della coppa del mondo.
Nei videogame si arriva a capire che prendere una decisione, anche sbagliata, è meglio di rimanere immobili in balia del fato. Si impara che si può sbagliare, e ad essere responsabili delle nostre decisioni, passando poi all’ostacolo successivo. Citando il generale Patton: “Un buon piano messo in pratica subito è decisamente migliore di un piano perfetto che verrà avviato la prossima settimana.” (ovviamente questa citazione l’ho appresa anni addietro durante una campagna in single player di un vecchio Call of Duty).
Proprio una corretta gestione dello stress è al centro di una buona qualità della vita.
Tutti noi siamo più o meno stressati, per una ragione o per l’altra: il lavoro, dei problemi finanziari, oppure familiari.
Anche qui i videogame possono dare una mano, aiutandoci a svuotare la mente dalle varie preoccupazioni della quotidianità, rilassandoci dopo una lunga giornata, concentrandoci solamente sull’obiettivo da raggiungere.
La cosa migliore sarebbe riuscire a liberarci della causa dello stress, ma in alternativa possiamo impedirgli di prendere il controllo della nostra vita.
Quando a lavoro ci verrà assegnato un importante progetto all’ultimo minuto, non entreremo più nel panico: consideriamolo il personale nostro videogame, e iniziamo dalla prima missione.
Non trarremo benefici solo alla nostra mente, più libera, ma anche al nostro corpo: più ormoni della felicità prodotti implicano che ci saranno molti meno ormoni dello stress in circolo.
Gli esempi positivi di come i videogame abbiamo migliorato delle vite si sprecano, ma vorrei citarne almeno uno, tra i più emblematici e significativi: quello raccontato in un bellissimo articolo dal giornalista Keith Stuart di The Guardian. Suo figlio aveva sette anni quando gli fu diagnosticato di essere affetto da autismo.
Trovava difficile andare d’accordo con gli altri bambini nella sua scuola ed a casa la comunicazione con i genitori era praticamente inesistente. Non per mancanza di volontà, ma perché semplicemente non c’era un modo per farsi capire ed esprimere il sé interiore a parole.
Per puro caso, un giorno, il bambino si mise a giocare ad un videogame appena acquistato dal padre, Little Big Planet, e fu la svolta.
Non solo egli aveva finalmente trovato un canale dove poter esprimere quello che aveva dentro, ma riusciva anche a farsi capire e collaborare con la figura paterna.
Padre e figlio hanno continuato a giocare insieme per anni, a vari titoli, che li hanno aiutati a stabilire un sano rapporto comunicativo ed emotivo, altrimenti impossibile.
Controindicazioni
Come in tutte le cose, anche i videogame presentano alcune precauzioni da prendere, per evitare le ricadute negative.
La più ovvia è la dipendenza da videogame (gaming disorder), inclusa dall’ OMS all’interno dell’ultima versione del manuale diagnostico (ICD-11).
Troppe ore passate a giocare infatti possono compromettere, specie nei soggetti più a rischio, l’equilibrio psico-fisico del giocatore.
Gli effetti sono una tendenza compulsiva al gioco, l’isolamento sociale, sbalzi d’umore, ideazione diminuita, e iper-focalizzazione sui risultati del videogame, con esclusione di altri eventi nella vita.
Un altro possibile conseguenza negativa dell’uso eccessivo di videogame è il cosiddetto “effetto Tetris“.
Con questo termine ci si riferisce ad un fenomeno psicologico abbastanza comune che influisce sul pensiero, le immagini mentali ed i sogni delle persone che hanno dedicato molto tempo ad una particolare attività che richiedeva un alto livello di attenzione (non solo videogame quindi).
Chi gioca per lunghi periodi di tempo ad un gioco impegnativo può essere portato a ragionare involontariamente sui modi di procedere nelle sfide, oppure vedere oggetti geometrici in movimento ai limiti del proprio campo visivo o quando chiude gli occhi.
Infine, scenari o personaggi del gioco possono apparire in sogno, soprattutto nel passaggio dal dormiveglia al sonno.
Queste diverse manifestazioni del fenomeno sono classificate rispettivamente come: abitudini mentali, allucinazioni e immagini ipnagogiche.
Conclusioni
Abbiamo analizzato come i videogame possono avere effetti positivi sulla vita, quando questi vengano utilizzati con cosapevolezza e moderazione.
Come per ogni cosa, anche questo mondo non è esente da rischi e controindicazioni, per questo c’è bisogno che il fenomeno videoludico esca dalla sua nicchia di giocatori e venga compreso anche da chi non ha mai giocato in vita sua.
Perché il videogame è sempre più un’arte e medium culturale dalle molteplici possibilità, e che come tale va compreso e goduto.
Voglio chiudere con un invito. Se sei un videogiocatore ed ami i videogame, apri un bel libro e comincia a leggerlo; se ami la letteratura, prova un videogame: le emozioni che troverai saranno le stesse ed avrai, da un lato che prima ignoravi, la stessa quantità e qualità di bellezza che solo un prodotto della creatività umana sa regalare.