Tra il 1968 e il 1971, l’America fu terrorizzata dalle gesta macabre di un inquietante assassino autobattezzatosi Zodiac, e conosciuto anche con l’appellativo (suggestivo, c’è da ammetterlo) di Killer dello Zodiaco. L’identità del serial killer è tutt’oggi sconosciuta e il mistero che ammanta l’intera vicenda la rende uno dei più misteriosi casi irrisolti nella storia del crimine a livello non solo americano, ma addirittura mondiale.
Al killer si devono cinque vittime accertate (su sette aggredite, dal momento che due sono riuscite a sopravvivere), ma nel corso degli anni l’assassino è arrivato ad attribuirsi un totale di trentasette omicidi, tenendo l’America intera col fiato sospeso fino al 1971, anno dell’ultimo omicidio da lui stesso rivendicato, per quanto alcune testate giornalistiche come il Chronicle abbiano continuato a ricevere lettere fino al 1990.
In questo caso c’è davvero di tutto: un assassino folle, un nome da villain dei fumetti, una simbologia studiata ad hoc (un cerchio con una croce al suo interno) dallo stesso killer, anagrammi da decifrare rimasti parzialmente irrisolti, conicidenze fortuite che hanno permesso la fuga di Zodiac in più di un’occasione… a voler essere cinici, tutto ottimo materiale di base per rendere una vicenda al limite dell’inverosimile un vero e proprio successo mediatico.
Difatti sono numerosi i riferimenti in film, romazi, serie tv e anche videogiochi che rimandano al killer dello Zodiaco, il prodotto più famoso tratto dalla vicenda è indubbiamente il film Zodiac. La pellicola del 2007 è stata diretta dal regista David Fincher e interpretata da volti decisamente noti come Jake Gyllenhaal nel ruolo del protagonista Robert Graysmith, giornalista realmente esistente che ha dedicato due libri inchiesta al caso del Killer dello Zodiaco, Mark Ruffalo e un eccellente Robert Downey Jr.
Nonostante la fama del caso, This is the Zodiac Speaking è la prima trasposizione videoludica della vicenda che non si limiti a essere un mero riferimento alla storia di Zodiac, ma che prende a piene mani dagli eventi originali e da tutta la mitologia che nel corso degli anni si è andata creando attorno agli stessi. Purtroppo, nonostante l’interesse del materiale originale, il titolo si perde in una narrazione confusionaria, accompagnata da un gameplay non del tutto a fuoco e un comparto tecnico decisamente arretrato.
Qui è Zodiac che parla…
Il titolo ci metterà nei panni del giornalista di San Francisco Robert Hartnell, evidente riferimento al già citato Robert Graysmith. Fin dai primissimi momenti del gioco scopriamo che l’uomo è stato contattato direttamente tramite delle lettere dal Killer dello Zodiaco e ne è ben presto diventato ossessionato, arrivando anche a fare incubi ricorrenti nel quale deve tentare i sventare i piani del criminale.
Purtroppo, fin da subito sembra che la narrazione metta davanti al giocatore davvero troppi elementi, cercando di far coesistere a forza più storyline: come già ampiamente spiegato, gli eventi relativi a Zodiac risultano già di loro estremamente interessanti e al limite del verosimile, già questo materiale quindi basterebbe per creare un bel titolo dalle atmosfere thriller, magari con un impostazione procedurale quasi come l’indimenticabile L.A. Noire. Inspiegabilmente invece, gli sviluppatori di Punch Punk Games hanno quasi messo in secondo piano queste vicende, dando maggiore risalto a quelle della vita di Robert, che man mano scopriremo essere stata più complicata di quanto si potesse immaginare.
Il vero problema è che il personaggio protagonista è scritto in maniera superficiale è stereotipata, sembra che gli autori abbiano preso una manciata di traumi scelti a caso e una situazione familiare complicata, una soluzione così vista e rivista non è certamente il mix giusto per creare un personaggio interessante, anzi tutto il contrario!
Inoltre, viene detto fin da subito che il titolo presenta più finali in base alle scelte effettuate durante il gameplay, penso che questa volontà di creare più racconti differenti abbia portato a rendere l’intera trama vaga e confusionaria, incapace di prendere una direzione ben precisa a causa dell’esigenza di lasciare aperte più porte.
Inoltre, proprio le scelte morali che dovrebbero portare a conseguenze in grado di cambiare gli eventi del gioco mi hanno lasciato interdetto più di una volta. Senza fare troppi spoiler, la prima scelta davanti al quale ci troveremo sarà relativa al portare o meno con noi una pistola durante il primo incontro con Zodiac; io ho scelto di presentarmi armato anche solo per difendermi nel caso in cui le cose fossero precipitate, eppure nel momento decisivo non solo non ho potuto sbloccare scelte relative all’arma, ma ho notato che la stessa non era nemmeno presente nell’inventario!
A completare questo quadro indefinito e caotico ci sono anche le prove e gli indizi raccolti nel corso della storia, il tutto si accumulerà (o meglio ammasserà) nel diario del protagonista (un menù di pausa a tutti gli effetti) ancora una volta in maniera indefinita, lasciando il giocatore del tutto spaesato, spesso incerto anche su cosa fare, tanto che di tanto in tanto ho avuto il bisogno di procedere a casaccio e per tentativi tentando di portare avanti la trama.
Sono Zodiac, ho ucciso il gameplay!
This is the Zodiac Speaking parte come un vero e proprio punta e clicca in cui dovremo raccogliere indizi forniti direttamente dal killer per sventare i suoi crimini futuri, ben presto però, quando ci troveremo ad avere un confronto diretto con l’assassino verranno introdotte delle meccaniche stealth, ma a dirla tutta si rivelereranno estremamente basilari, appena abbozzate, e a tratti anche rese molto male e in maniera approssimativa.
Ogni scena del crimine si rivelerà estremamente ripetitiva e metterà alla prova la pazienza dei giocatori in più di un’occasione: si dovranno risolvere di volta in volta dei semplici puzzle ambientali, mentre si cercano al contempo nuovi indizi e prove che andranno a rendere più chiara l’intera vicenda, il tutto sarà però complicato dalla presenza del killer, pronto a fermarci ed eliminarci all’occorrenza.
I problemi che rendono il gameplay pesante e macchinoso però sono due: gli obiettivi saranno quasi sempre poco chiari, ci si ritroverà talvolta a dover tentare tutte le strade possibili per procedere, dal momento che, anche se si proverà a ragionare su cosa fare, la soluzione sarà sempre poco intuitiva; non potremo poi studiare una strategia adeguata a evitare Zodiac, l’assassino segue percorsi estremamente randomici (e fin qui nessun problema, è una scelta di gameplay che in titoli come Alien Isolation si è rivelata vincente), ma l’IA di Zodiac è studiata talmente male che alcune volte riuscirà a trovarci a metri di distanza, altre invece non ci individuerà anche trovandoci faccia a faccia, mandando così all’aria tutta la pianificazione.
Anche i comandi poi presentano qualche problema e si rivelano alquanto imprecisi. La versione da me provata del titolo è quella per Nintendo Switch e inizialmente questi problemi erano talmente pesanti ed evidenti che mi hanno portato a provare più Joy-Con e addirittura un Pro Controller per paura che si trattasse di drifting, solo in un secondo momento mi sono reso conto che il titolo presenta effettivamente un leggero input lag e una generale legnosità che rende snervanti anche le semplici fasi investigative di genere punta e clicca.
Tutto risale agli anni ’60, anche il comparto tecnico!
Come se non bastasse, un’altra nota dolente risiede anche nel comparto tecnico, tanto per l’aspetto grafico che per quello sonoro. Dal punto di vista grafico infatti il titolo è estremamente scarno, con uno stile minimalista che voleva forse ispirarsi a XIII, ma non ci riesce a causa di una fotografia molto più pallida e smorta, per assurdo arriva quasi a ricordare Untitled Goose Game, ma solo per i tratti cartooneschi e leggermente caricaturali di oggetti e personaggi, senza però restituire in alcun modo l’ilarità di quel piccolo gioiello indie di House House; inoltre, provato in modalità portatile risulta troppo scuro e al limite dell’ingiocabilità anche con la luminosità al massimo.
A dirla tutta, dopo circa un’oretta di gioco, si è fatto prepotentemente strada in me il fatto che la grafica ricordasse la versione per PlayStation 2 di GTA Vice City, un titolo dalla grafica tutt’altro che sgradevole… per gli standard di diciotto anni fa però! Inoltre, molte scelte sono incomprensibili, ad esempio non vengono mai mostrati i volti dei personaggi e anche tutte le foto e i quadri appesi alle pareti sono sempre monocromatici, di nuovo, si potrebbe pensare a uno stile minimalista, ma il fatto che gli sfondi del mondo di gioco siano un’imbarazzante copia incolla di texture e siano affetti da un pesantissimo pop-up mi fa intuire che lo studio abbia avuto pesanti limitazioni da questo punto di vista.
Leggermente più interessante il sonoro, ma non per la sua qualità purtroppo. Infatti, la colonna sonora viene ben integrata nel gameplay, aumenta e cambia di tonalità quando l’assassino ci sta individuando o semplicemente è vicino alla nostra posizione; questa trovata riesce anche ad aumentare la tensione delle fasi stealth e anzi, è probabilmente uno dei pochi punti a favore della produzione. Le tracce in generale però risultano talmente anonime che mi hanno dato l’impressione di essere prese direttamente da un archivio gratuito di quelli che si trovano online, tutte estremamente dimenticabili e poco incisive.
In conclusione, il titolo mi è sembrato un’occasione sprecata di trasporre una vicenda interessante, contornato da una realizzazione tecnica e di gameplay raffazzonata e a tratti snervante. Consigliato solo a chi, negli anni, si è appassionato alle suggestive e macabre vicende di Zodiac e vuole esplorare tutte le produzioni relative alle gesta del killer.