Diciamolo chiaramente e senza prenderci in giro, lo sviluppatore svedese Frictional Games è uno dei capisaldi del genere survival horror. Oserei addirittura dire che, in barba a Konami con Silent Hill e Capcom con Resident Evil, con l’uscita di SOMA nel 2015 la software house svedese sia ascesa all’olimpo dell’horror. Prima di quella pietra miliare – che è SOMA – Frictional si era già imposta nella scena del videogioco con un altro classico; parliamo di Amnesia The Dark Descent, un survival horror del 2010 dalle tinte lovecraftiane, ambientato in un castello in rovina e infestato da una presenza che perseguita il giocatore quasi costantemente.
Tre anni dopo Frictional produsse un sequel indiretto chiamato Amnesia: A Machine for Pigs, un titolo sviluppato da The Chinese Room e che non riscosse minimamente il successo del predecessore, soprattutto per via di un appiattimento del gameplay che poco giovò alla produzione. E ora, ben 7 anni più tardi, Frictional Games torna allo sviluppo con un altro capitolo della serie: Amnesia Rebirth.
Lo sviluppatore ci aveva lasciati estasiati con SOMA, ma come sarà andata con questo nuovo capitolo di Amnesia? Sarà riuscito a creare un prodotto paragonabile al primo capitolo della serie? Scopriamolo insieme!
Amnesia Rebirth è coinvolgente, ma a un prezzo…
Come per Daniel nel primo Amnesia, anche la protagonista di questa nuova storia, Anastasie Tasi Triannon, comincia il suo viaggio con un vuoto di memoria. D’altronde è giusto così: il titolo della serie è quello che è!
Se questo escamotage narrativo risulta quasi sempre efficace nell’invogliare il giocatore a procedere nella narrazione, in Amnesia Rebirth ha anche una funzione più profonda.
Tasi si risveglia dentro un aereo precipitato nel deserto, quasi totalmente priva di ricordi. La donna ricorda di far parte di una spedizione e di essere arrivata in Algeria con la sua squadra, di cui fa parte anche suo marito Salim. Eppure la donna è tutta sola e ogni traccia nei dintorni del luogo dello schianto farebbe pensare all’esistenza di altri sopravvissuti. Perché Tasi non è con loro? E perché non ricorda nulla?
L’amnesia della protagonista inconsciamente ci suggerisce qualcosa che, se dapprima sembra essere solo un dubbio, si rivela via via sempre più concreto: questa donna ha qualcosa che non va.
Alla ricerca degli altri sopravvissuti, fra cui Salim che scopriamo essere ferito, la giovane donna francese dovrà seguire una strada di tracce che la porterà ad immergersi in una fitta rete di gallerie sotterranee.
In questo luogo, oltre a tanta oscurità, troveremo anche dei particolari passaggi per un’altra dimensione, che si potranno aprire grazie ad una bussola dall’aspetto tremendamente alieno comparsa sul braccio di Tasi per motivi inizialmente poco noti.
Un “jump start” di questo tipo riesce a rendere Amnesia Rebirth un titolo estremamente coinvolgente fin dai primi momenti e la possibilità di ritrovare frammenti della memoria perduta della protagonista proseguendo, fornisce al giocatore un valido motivo per tenere la soglia di attenzione altissima.
I colpi di scena poi non mancano fin dai primi minuti; troveremo dopo pochissimo Salim, morto a causa delle ferite riportate dopo l’incidente. A questo punto Tasi ricorderà di essere incinta, un pretesto narrativo che non solo rilancia la trama, ma apre le porte ad una narrazione più matura e intima. Tasi, distrutta dalla morte di Salim, ha ora un nuovo motivo per vivere: deve portare in salvo il bambino che porta in grembo.
Ci fermiamo qui, onde evitare di incappare in spoiler importanti, ma ci teniamo a sottolineare che, benché questo porti ad un’involuzione della componente horror, la narrazione è la colonna portante di Amnesia Rebirth.
Meno mostri e meno paura lasciano spazio ad una storia che sente l’urgenza di essere raccontata nella sua interezza. In nome di una narrazione più chiara e limpida, Frictional ha sacrificato un po’ di mistero e di ignoto di cui non possiamo negare di aver sentito la mancanza.
In compenso siamo stati letteralmente trasportati dalla trama di Amnesia Rebirth: cosa sta succedendo a Tasi? Perché la sua pancia cresce a vista d’occhio? Cosa sono quei passaggi verso una dimensione così distorta ed aliena?
Se da questo processo evolutivo di storytelling l’ultima creatura di Frictional ha guadagnato molto, possiamo confermare che per quanto riguarda l’horror qualcosa si è perso per strada. Le prime location, come i tunnel o il forte, sono in grado di caricare il giocatore di una fortissima ansia. La mancanza di risorse, la continua esposizione al buio, ambienti stretti e claustrofobici conditi dalla sensazione di essere continuamente inseguiti, riescono a tenere il giocatore con il fiato sospeso.
Benché si riaffaccino momenti di grande ansia e spavento nel corso della narrazione, il ritmo con cui vengono a proporsi si frammenta in modo piuttosto critico. Talvolta, abbiamo avuto la sensazione di giocare a un gioco d’avventura con elementi creepy piuttosto che a un survival horror.
Non perdere il controllo, Tasi!
Gran parte del gameplay di Amnesia Rebirth verrà proposto al giocatore durante la fase iniziale del gioco, in particolare durante la sezione dei tunnel sotterranei. Qui il giocatore si scontrerà con l’avversario più ostico di Amnesia Rebirth: l’assenza di luce.
Come nel primo capitolo, vagare in luoghi privi di luce causerà la perdita di sanità mentale. Qui però, avremo la conferma della particolare situazione di Tasi, la paura innescata da un’esposizione prolungata al buio o da visioni macabre porterà la donna ad avere delle vere e proprie crisi; inizialmente avrà dei (terribili) flash di immagini tanto spaventose quanto incomprensibili. Rimanere ulteriormente al buio in questo stato farà sfociare le visioni in una sorta di perdita di controllo, da cui ci si dovrà liberare. Sembra quasi che qualcosa di oscuro dentro la donna prenda il sopravvento, qualcosa di corrotto che si nasconde sotto la pelle di Tasi.
Una condizione che fra l’altro, le impedisce di passare a miglior vita. Questo aspetto, benché narrativamente coerente, ci ha deluso profondamente. Cadendo da troppo in alto o finendo catturati da un mostro, Tasi perderà il controllo. Questa si allontanerà, in sequenze caratterizzate da flash piuttosto deliranti, per poi riprendere dopo poco i sensi. Una soluzione che avrebbe anche funzionato, se solo i mostri non scomparissero nel processo.
Una volta che il giocatore verrà catturato, gli basterà ripercorrere una piccola porzione di strada per poi non trovare più nessuno ad aspettarlo. Quindi, non soltanto il gioco non punisce il game over, ma addirittura lo premia facilitando l’avanzamento; una scelta totalmente anticlimatica di cui non abbiamo capito il senso. L’intelligenza artificiale dei mostri ha subito un ottimo miglioramento e quella di dover superare un mostro per forza avrebbero reso queste (rare) sezioni sicuramente più stimolanti.
Nel suo gameplay Amnesia Rebirth rimane molto fedele alla serie, seppur apportando qualche modifica. In questo capitolo avremo a disposizione fiammiferi e una lanterna ad olio per creare luce. I fiammiferi hanno una duplice funzione che consiste sia nell’illuminare che nell’accendere oggetti disposti nell’ambiente circostante come candele, torce e via dicendo. Una particolarità, in grado di aumentare l’ansia, è che i cerini si consumeranno con grande velocità nel caso in cui il giocatore si vada a muovere troppo velocemente.
Il bilanciamento con cui sono disposti fiammiferi e ricariche di olio per la lanterna è abbastanza sballato. Nelle fasi di gioco iniziali, in cui peraltro non avremo la lanterna, la quantità di fiammiferi sarà davvero minimale, costringendo così il giocatore a dover affrontare il buio. La particolare condizione di Tasi sembrerebbe venire incontro al giocatore, visto che riuscirà a vedere nell’oscurità; ciò non implica che la donna non proverà paura, per cui nelle fasi iniziali capiterà spesso di dover affrontare le visioni terribili e improvvise con una grande frequenza, un aspetto che potrebbe generare in qualcuno frustrazione, ma che sicuramente riesce nel compito di tenere alta la tensione.
Il bilanciamento della gestione delle risorse lascia a desiderare visto che, se inizialmente trovare fonti di luce sarà un evento piuttosto raro, con l’avanzare del gioco ci si ritroverà spesso con l’inventario pieno. La scelta di mettere un limite alle risorse ottenibili nell’inventario risulta una scelta infelice, considerando che l’esubero di fiammiferi e d’olio porterà spesso il giocatore ad utilizzare le risorse anche quando non strettamente necessarie, così da raccoglierne di nuove. Poter aggirare il problema dell’oscurità grazie a una sovrabbondanza di risorse è una delle componenti che contribuisce all’abbassamento della tensione generale che si avverte nel avanzamento del gioco.
All’epoca dell’uscita di Amnesia The Dark Descent in molti criticarono la semplicità dei puzzle promossi dal gioco; benché in effetti qualcuno di questi fosse pigro e poco ispirato, Amnesia Rebirth ci insegna che dietro questo “difetto” c’era una scelta di design voluta. Nell’ultimo capitolo della serie infatti vengono proposti molti enigmi, molti dei quali stimolanti e ben strutturati. Questa loro natura, che richiede in alcuni casi una buona dose di riflessione, ha costretto gli sviluppatori a creare delle vere e propri momenti morti, in cui la tensione si abbassa vorticosamente. In the Dark Descent invece la semplicità degli enigmi consentiva al giocatore di risolverli anche se inseguito.
Per onestà intellettuale non possiamo considerare la buona riuscita degli enigmi un difetto, ma anche questa componente finisce irrimediabilmente per limare la componente horror.
Un vero e proprio difetto invece sono meccaniche poco utilizzate o addirittura mai sviluppate nel corso dell’avventura. Nel deserto, al risveglio di Tasi nell’aereo, il giocatore si troverà in pieno giorno sotto il sole cocente; nel tutorial verrà fatta menzione di non rimanere troppo tempo sotto il sole, un problema che però non verrà mai a ripetersi con l’avanzare dell’avventura. L’idea dell’insolazione sembra essere stata inserita all’inizio dello sviluppo e poi abbandonata, ma a questo punto, perché tenerla?
Anche la possibilità di sporgersi dai muri risulta embrionale e raffazzonata, inutile per l’avanzamento del gioco. Per fortuna, rivelandosi inutili, questi due elementi non vanno a influire direttamente sul titolo. La possibilità di aprire varchi verso l’altra dimensione, invece, ci ha lasciato abbastanza delusi, visto che viene utilizzato solo nelle gallerie o quasi. Le possibilità offerte da questa meccanica a nostro avviso potevano essere sfruttate maggiormente nel corso del gameplay.
Dove non arriva la tecnica arriva l’arte
Frictional Games non è mai stato uno studio di sviluppo dalle grandi qualità tecniche, con una resa grafica che è sempre risultata più vicina a quello di uno studio indie. Amnesia Rebirth è l’ultimo figlio dello stesso engine proprietario che diede vita a SOMA, HPL Engine 3. Questo povero motore grafico è stato tirato al suo massimo, ma risulta evidente che nonostante lo sforzo non regga più il passo con i tempi odierni. Texture non esattamente dettagliate e modelli non troppo convincenti si contrappongono a un’ottima illuminazione degli ambienti.
Definiremmo l’aspetto tecnico di Amnesia Rebirth discreto, godibile ma al contempo ben lontano dall’essere straordinario. È tempo per Frictional Games di mandare in pensione questo motore grafico.
In compenso però, potresti non accorgerti minimamente delle imperfezioni tecniche che caratterizzano questo Amnesia, dato che vengono lungamente soppiantate da una direzione artistica che definiremmo monumentale. Gli ambienti sono curati con una perizia maniacale e i disegni di Tasi sono davvero spettacolari, soprattutto quelli che compaiono fra un caricamento e l’altro.
La scelta di ambientare il gioco nel deserto rivela azzeccata, proponendoci un ecosistema che sa essere alieno anche se non si trova in un’altra dimensione. La varietà di ambienti non manca mai e nessuno di questi risulterà meno curato di altri, anche se probabilmente il più suggestivo risulterà essere la dimensione alternativa, il vero fiore all’occhiello della produzione.
Anche dal punto di vista dell’audio siamo ai massimi livelli. Il doppiaggio inglese è magnifico, in grado di comunicare tutte le emozioni della protagonista e non soltanto. Anche il sound design risulta eccellente, con dei suoni convincenti e realmente in grado di mettere vera inquietudine.
Il risultato di una direzione artistica così espirata e di un comparto audio così convincente portano Amnesia Rebirth molto lontano da quell’atmosfera indie che invece traspariva dai primi capitoli e in parte anche da Soma. Nel bene o nel male.