Orwell’s Animal Farm è un finto gestionale. Come videogioco punta & clicca basato sul primo romanzo di George Orwell, tenta in tutti i modi di replicare l’impatto emotivo del materiale originale ma finisce per tradire la sua stessa natura di videogioco. A dare il colpo di grazia ci pensano i bug. Andiamo a vedere come.
Antefatto
Il libro scritto da George Orwell nel 1945 fa da base per questo videogioco. Ora, la storia dovremmo conoscerla più o meno tutti: nella fattoria di un vecchio contadino ubriacone e violento, gli animali si ribellano, scacciano gli umani e fondano una piccola repubblica. Quello che sembrava un idilliaco inizio per la comunità si trasforma ben presto in un incubo dittatoriale sempre più feroce e spietato, fino al triste e famoso epilogo: “Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri”.
Ebbene è su tutto ciò che il videogioco Orwell’s Animal Farm vorrebbe basarsi, mettendo su un gestionale punta & clicca e affidando al giocatore l’illusorio comando della fattoria. L’idea, va detto, è davvero buona. Tuttavia…
Gameplay
La schermata che vedete sopra sarà il nostro campo d’azione per il 90% della durata del gioco. Ci sono due cose principali a cui prestare attenzione: le provviste accumulate nel granaio a destra e le pecore radunate davanti alla bacheca delle leggi. Minore sarà il grano a disposizione e meno potremo nutrire i nostri animali, farli lavorare per costruire una barricata e per riparare le infrastrutture. Minore sarà il gregge di pecore e meno sarà il consenso degli animali all’animalismo, cioè la corrente politica adottata da Napoleone, Palla di Neve e Clarinetto.
Tramite questi tre personaggi prenderemo decisioni sulla gestione della fattoria.
Le decisioni
Abbufferemo il popolo in stile “panem et circenses” come suggeriscono le pecore? Costruiremo difese contro gli umani come vogliono i cani? Finanzieremo gli studi come vuole Palla di Neve? Eseguiremo controlli serrati sul lavoro e la vita degli abitanti come brama Napoleone? Il più delle volte saranno i due maiali a fornire le scelte da fare.
Ma fin dall’inizio avvertiamo come una strana tendenza del gioco… come se le cose dovessero andare male per forza. Insomma, pur gestendo la fattoria al meglio ci sarà sempre un inverno troppo lungo o una qualche tempesta a rovinare le cose. Qualcosa non quadra.
Gestioni diverse
La nostra prima partita ha visto l’egocentrico e crudele Napoleone scacciare il saggio e mite Palla di Neve, instaurando così la dittatura di cui si narra nel libro. Ciò è accaduto nonostante una gestione completamente sbilanciata sull’approvazione delle decisioni di Palla di Neve, cercando di ignorare il più possibile i deliri di Napoleone.
Così, durante la seconda partita, abbiamo fatto in modo che il maiale cattivo morisse in battaglia contro gli umani. Allora Orwell’s Animal Farm ha iniziato a prendere una piega più che positiva: gli animali erano sempre più alfabetizzati, si stava costruendo il mulino che avrebbe dato elettricità alla fattoria e tutto andava a gonfie vele… poi il gioco ha deciso di rovinare tutto.
Un gioco sbilanciato
Come abbiamo anticipato, il gioco farà di tutto per metterci i bastoni fra le ruote. Ecco perchè lo definiamo un finto gestionale. Per quanto scrupolosa e diligente sarà la nostra gestione, in Orwell’s Animal Farm le disgrazie inizieranno a susseguirsi a ritmo frenetico: tempeste, bufere di neve, provviste che scompaiono senza che ci si possa fare nulla, animali impossibili da tenere in salute che iniziano a morire come mosche, edifici che si disintegrano come se fossero fatti di cartapesta, umani che attaccano ripetutamente la fattoria.
Insomma, il gioco è estremamente sbilanciato e questo mortifica e quasi annulla la nostra abilità gestionale.
I bug
Oltre a questo, il gioco è affetto da numerosi bug. Alcuni andranno “semplicemente” a rovinare l’immersività all’interno di Orwell’s Animal Farm, facendo rispuntare dal nulla, numerose volte, animali che erano già morti o fuggiti dalla fattoria.
Ma c’è un bug che, al sesto anno, bloccherà completamente il gioco: ci ritroveremo davanti la solita immagine della fattoria, con le pecore davanti alla bacheca delle leggi e le provviste senza nessuna interazione disponibile. Si tratta di una feature che sta a comunicare che il gioco è terminato? Fa schifo, c’erano migliaia di modi migliori per farlo, anche solo la scritta di Game Over. Si tratta effettivamente di un bug? Fa schifo, punto.
Grafica e colonna sonora
Insomma, Orwell’s Animal Farm, a differenza del libro, ha moltissima strada da fare per offrire un’esperienza decente o persino interessante. Per il resto abbiamo una grafica minimale, ridotta a disegni con colori pastello e zero animazioni.
La colonna sonora è realizzata degnamente, ma non presenta chissà quali brani emozionanti. Una nota a favore è che essa cambierà a seconda della situazione nella fattoria. Dai temi iniziali, con trombe e marce che sanno tanto di rivoluzione, si arriva a soundtrack tranquilli quando la situazione della fattoria sarà tale ed estremamente deprimenti quando gli animali saranno vicini al collasso.
Orwell’s Animal Farm – Giudizio finale
Orwell’s Animal Farm presenta un’idea anche carina ma la realizza, come spesso accade, in maniera abbastanza indegna. Bug che rovinano l’esperienza fino a costringerti a ricominciare tutto daccapo e un gameplay artificialmente difficile sono i suoi talloni d’Achille. Insomma, tutti i giochi sono belli, ma alcuni fanno veramente schifo. Come Orwell’s Animal Farm. Povero Orwell.