Una delle più celebri commedie di Oscar Wilde si intitola, nell’originale inglese, “The Importance of Being Earnest” rappresenta la volontà dello scrittore di mettere in risalto attraverso il teatro la cura maniacale della forma e dell’apparenza tipica dell’alta società vittoriana. Il titolo si fonda sul gioco di parole, quasi impossibile nella traduzione italiana, della parola Earnest, che in inglese ha la stessa assonanza nel significato dell’aggettivo “onesto” e del nome Ernest e che rappresenta il fondamentale paradosso alla base di tutta la commedia.
Ma cosa c’entra tutto questo con CD Projekt RED e, nello specifico, con Cyberpunk 2077, ti chiederai?
In apparenza niente, ma possiamo usare questo spunto letterale per fare una riflessione sulla triste vicenda che sta coinvolgendo l’rpg open world della Casa polacca uscito pochi giorni fa, domandandoci fino a che punto, anche nei videogiochi, la forma sia anche sostanza.
La vicenda è nota, e parla di uno dei giochi più attesi dell’anno (forse, dell’intera generazione), annunciato nel lontanissimo 2012 da parte di una poco conosciuta software house che era salita agli onori della cronaca per la saga dedicata ad un rpg fantasy intitolato The Witcher, il cui primo episodio è uscito nel 2007.
CD Projekt RED: la fama inizia a precederla
La popolarità a livello planetario, però, arrivò solo con il meraviglioso terzo capitolo, quel The Witcher 3: Wild Hunt che fece incetta di premi e riconoscimenti, tra cui il Game of the Year 2015, per quello che rappresenta senza ombra di dubbio uno dei simboli della generazione PlayStation 4 e Xbox One.
Il credito guadagnato su appassionati e addetti ai lavori, di conseguenza, divenne presto elevatissimo, così quando le voci dello sviluppo di questo nuovo gioco ambientato nel futuro iniziarono a susseguirsi, l’attesa divenne spasmodica. Ma il percorso per CD Projekt RED non è stato certo esente da ostacoli, anzi: Cyberpunk 2077 subisce diversi rinvii, suscitando dapprima disappunto tra gli utenti salvo poi mettersi il cuore in pace un po’ per l’impossibilità di fare altrimenti, un po’ nella speranza e fiducia di avere alla fine un gioco ripulito da ogni tipo di problematica, confidando nel fatto di essere “onesto/Ernesto” dello sviluppatore polacco. Dopotutto, dopo The Witcher 3, come non esserlo?
Il 10 dicembre, giorno spasmodicamente atteso dell’uscita di Cyberpunk 2077, cosa ci siamo trovati di fronte?
Beh, gli utenti con un Pc di fascia alta, quasi tutto quello che potevano desiderare: un gioco vasto, spettacolare, profondo, coinvolgente, sfaccettato; insomma, un sogno per ogni amante dei gdr open world.
Ok, tutto è bene quel che finisce bene. O no?
Beh sembrerebbe proprio di no, anzi molto presto i possessori delle console per cui il titolo era originariamente pensato, ovvero PlayStation 4 liscia e Xbox One, si sono presto resi conto di avere tra le mani un gioco al limite dell’ingiocabile: dettaglio grafico povero, frame rate che spesso e volentieri scende sotto i 20 fps, texture dozzinali, crash continui, glitch in ogni dove e chi più ne ha più ne metta. Quello che secondo alcuni sarebbe dovuto essere il vero canto del cigno di questa generazione (ogni riferimento a The Last of Us Part II è puramente voluto) si è invece rivelato qualcosa di molto più simile ad una presa in giro.
Ma come? Un colpo basso del genere proprio da CD Prokekt RED? Colei che ci ha deliziati con un titolo come The Witcher 3: Wild Hunt? Come hanno potuto farlo?
Beh, in un modo o nell’altro è successo, e la gravità della cosa è arrivata al punto non solo da spingere lo sviluppatore polacco a concedere rimborsi anche degli acquisti in digital store, soprattutto su Xbox One per via della maggior efficacia in questo senso della politica dei resi di Microsoft, ma addirittura Sony a rimuovere il gioco dal PlayStation Store.
Di chi è la colpa di tutto questo?
Su chi puntare il dito per questa situazione incresciosa? Beh i candidati possono essere più di uno: possiamo tirare in ballo certa stampa specializzata che, in maniera a volte smaliziata, nelle recensioni prima dell’uscita di Cyberpunk 2077 ne elogia gli enormi (e legittimi) meriti dall’alto però di un test effettuato solo su Pc il più delle volte molto performanti e senza menzionare, spesso non per colpa loro ma per via dei codici che arrivano alle redazioni, lo stato dell’arte del gioco nella versione delle console “base”.
Possiamo prendercela con gli utenti e la loro cronica mancanza di consapevolezza negli acquisti che, spesso in preda all’hype più sfrenato, si gettano a comprare prodotti di cui non sanno nulla circa il loro livello di qualità e di affidabilità, e in questo senso gli ovvi problemi che stanno manifestando molti acquirenti del day one delle nuove console ne sono un chiaro esempio.
Ma, più di tutti, secondo noi il vero “colpevole” in questa storia ha un solo nome, ed è quello di CD Projekt RED. Perché se quanto abbiamo descritto sopra ha di sicuro senso, tutto questo caos non ci sarebbe stato se la software house si fosse mossa in maniera diversa e comunque con una comunicazione più chiara. In che cosa ha sbagliato, nello specifico?
Il peccato originale è probabilmente stato quello di anticipare il gioco rispetto alle tempistiche di cui avevano evidentemente bisogno: se lo fai uscire dopo diversi rinvii, gli utenti si aspettano di avere tra le mani un gioco pronto, non in fase “beta”. Le logiche del mercato a vario titolo ti impediscono un ulteriore rinvio? Beh i mezzi a disposizione possono essere diversi, primo fra tutti quello di far uscire Cyberpunk 2077 solo nella versione in cui rende a dovere, quella Pc, e solo DOPO in quella per console, considerato poi che anche se su PlayStation 5 e Xbox Series X il gioco funziona abbastanza bene, va ricordato che la patch per next gen uscirà solo nel corso del prossimo anno.
Nelle varie sedi di presentazione CD Projekt RED poteva specificare che quanto visto NON riguardava le console base ma hardware molto più performanti, in modo che quantomeno gli utenti sapessero con che cosa avrebbero avuto a che fare; se un gioco nasce per una generazione che, peraltro, ancora non aveva cominciato il suo ciclo vitale (PlayStation 4 e Xbox One sarebbero uscite solo nel 2013, mentre il gioco è stato presentato un anno prima) è legittimo pensare che funzioni bene su tali piattaforme.
La politica delle scuse e dei resi basta? Per quanto ci riguarda no, e il recente crollo delle azioni della Casa polacca ne sono la chiara testimonianza; a pensar bene, si sono comportati in maniera estremamente approssimativa, e giustamente hanno avuto il loro danno di immagine. Quanto di buono fatto negli anni passati deve essere dimenticato? Anche qui, assolutamente no, ma questo non deve giustificare il fatto che ci si possa comportare con superficialità prendendo anche un pochino per il naso i consumatori che sì, spesso si comportano in maniera diciamo poco avveduta, ma che hanno il diritto/dovere di dire la loro quando le cose non vanno nel modo giusto.
In buona sostanza, tornando a citare Oscar Wilde, questa vicenda ci ha dimostrato come non basti chiamarsi CD Projekt RED per “essere” CD Projekt RED perché il mercato, quando vuole, sa renderti pan per focaccia.