Benvenuto appassionato videogiocatore a questo episodio di Old But Gold, dedicato a un titolo che tutt’ora, è considerato uno dei capostipiti del medium videoludico; il gioco che ha reso Hideo Kojima uno dei director più amati e famosi della storia del videogioco. Stiamo parlando ovviamente di Metal Gear Solid.
Con un pizzico di buona volontà e sano amore per questo medium, si potrebbe scrivere un saggio sulla storia di Hideo Kojima e il percorso che lo ha portato a realizzare una delle icone più famose del mondo videoludico, ma, non sia qui per questo. Noi di iCrewPlay vogliamo raccontarti Hideo Kojima attraverso il suo titolo di punta, il più rivoluzionario, che ha cambiato il modo di fare intrattenimento.
La storia di Metal Gear Solid
Nel 1986 Konami non rimase particolarmente impressionata dal lavoro del giovane Hideo ma decise comunque d’investire ulteriormente sul designer, commissionandogli un gioco di guerra. Questa scelta di Konami si dimostrò azzeccatissima data l’enorme passione di Kojima per il cinema americano, quel cinema che aveva reso iconici personaggi del calibro di 007 (interpretato da un superbo Sean Connery) e Snake Plissken (interpretato da Kurt Russel in 1997: Fuga da New York).
Il primo Metal Gear, uscito nel 1987 per MSX, è proprio una lettera d’amore a quei film di spionaggio in cui, attori del calibro di Mel Gibson interpretavano un soldato cupo e solitario in missione per salvare il suo paese o persino il mondo intero. Non a caso, è proprio al personaggio di Snake Plissken, interpretato da Kurt Russel, che si ispirerà Kojima per creare l’eroe della saga, Solid Snake e non a caso sarà proprio Plissken il nome che Solid Snake userà sotto copertura durante le vicende di Metal Gear Solid 2, ma questa è un’altra storia.
Una grafica pixel in 2D e tanto amore per lo spionaggio, questo era Metal Gear, il gioco che diede origine a un genere, il tactical espionage action, e padre di giochi come Splinter Cell.
L’avvento del 3D
Con l’avvento della PlayStation 1 e della 3D grafica, Kojima volle realizzare un seguito per la sua serie di successo. Con l’avvento della 5a generazione console, Konami decise di lasciare carta bianca al designer e affiancò al team di sviluppo un giovane character designer, il suo nome era Yoji Shinkawa.
Shinkawa è stato a tutti gli effetti il braccio destro di Kojima. Colui che ha dato forma alle idee del director realizzando alcuni dei concept art più iconici della storia del medium videoludico. Non a caso Shinkawa affiancherà Kojima anche durante la produzione di Zone of the Enders come mecha designer, per poi seguire il director all’interno della Kojima Production per lavorare a Death Strandig.
Ma quale nome dare a un gioco che avrebbe sicuramente rivoluzionato il mondo del videogioco? Metal Gear Solid è a tutti gli effetti un sequel di Metal Gear 2: Solid Snake (l’ultimo capitolo uscito per MSX nel 1990), quindi inizialmente si optò per un banale Metal Gear 3, ma l’idea non piacque a Kojima. Il nuovo capitolo sarebbe stato a tutti gli effetti un nuovo inizio, l’inizio dell’era 3D, quindi per enfatizzare e sottolineare l’avvento di questa nuova tecnologia Kojima decise di chiamare il nuovo capitolo Metal Gear Solid.
Nel 1996 durante l’E3, Konami rilasciò un trailer del progetto. Nonostante il video mostrasse un Metal Gear Solid ancora in fase embrionale, per l’epoca si rivelò un vero successo. La critica dell’epoca ne rimase impressionata, tant’è che il trailer di lancio successivo, quello definitivo, viene ancora ricordato come uno dei trailer di lancio più iconici della storia di PlayStation, insieme a quello di Final Fantasy VII.
Il Tactical Espionage Action
Il gameplay di Metal Gear Solid non si discostava molto dai precedenti capitoli della serie. La visuale a volo d’uccello e il suo sistema di movimento semplice, permettevano al giocatore di muoversi agilmente all’interno della mappa.
Proprio come i suoi predecessori, Metal Gear Solid accompagnava il giocatore nella scelta di un approccio più furtivo. Questo approccio era favorito dal radar che, oltre a fornire una mappa stilizzata delle varie aree di gioco, evidenziava con dei coni luminosi il campo visivo dei nemici. Il radar è il primo strumento messo a disposizione del giocatore per destreggiarsi all’interno del mondo di gioco, in modo da rendere viva e palpabile l’infiltrazione e lo spionaggio, caratteristiche fondamentali di Metal Gear Solid.
All’interno del gioco Solid Snake poteva vantare una vasta scelta di armi ed equipaggiamenti. Binocoli, una SOCOM silenziata, un radar per le mine antiuomo, un lanciarazzi e molto altro ancora, tutto ben custodito e inventariato all’interno di una comoda tuta attillata.
Molti sono gli equipaggiamenti messi a disposizione del tenebroso “enfant terrible”. I più iconici sono senza ombra di dubbio le varie scatole di cartone che Snake può usare per occultarsi nei magazzino o il mitico CODEC, una ricetrasmittente che il giocatore poteva usare per ottenere informazioni aggiuntive sulla missione. Un oggetto importantissimo che non solo servi a Kojima per inserire all’interno del gioco dialoghi importantissimi ai fini della trama ma permetteva al giocatore d’interagire con il mondo di gioco.
Quando il cinema incontra il videogioco
Ma cos’è che rende Metal Gear Solid uno dei capostipiti del medium videoludico? Cos’è che tutt’ora riecheggia nella mente di tutti gli appassionati e che ha reso Hideo Kojima uno dei designer più apprezzati della storia? Beh, se conosci anche solo in parte questo titolo saprai che Metal Gear Solid è stato il primo gioco a unire cinema e videogiochi.
La trama di Metal Gear Solid è letteralmente un film. Che si parli di sceneggiatura o si parli di regia, Hideo Kojima è stato in grado di realizzare un’opera che non solo attirasse il pubblico videoludico, ma che riuscisse ad appassionare anche gli amanti del buon cinema. Con l’avvento della grafica in 3D Kojima poté finalmente realizzare il sogno di una vita, dedicandosi anima e corpo alla regia, sua grande vocazione.
Qualsiasi appassionato di cinema riconosce all’interno di Metal Gear Solid quel minuzioso uso della telecamera, quei campi e controcampi, le panoramiche mozzafiato e i primi piani struggenti che hanno contraddistinto non solo questo particolare capitolo ma bensì tutta la saga di Metal Gear Solid, dal primo capitolo fino al più sfortunato The Phantom Pain.
L’amore incondizionato di Kojima per il buon cinema è stata la chiave di volta per la realizzazione di un titolo che tutt’ora è considerato forse il primo esempio di cinema videoludico. Basti pensare che per la realizzazione delle aree di gioco, il team di sviluppo usava dei modelli 3D fatti con i lego, così da avere dei luoghi fisici dove posizionare delle piccole webcam e decidere quali inquadrature sfruttare sia all’interno delle cinematics che proprio durante il gameplay.
Ovviamente non possiamo non citare una delle boss fight più iconiche della storia, la boss fight che probabilmente ha reso famoso il titolo. Il combattimento contro Psycho Mantis è l’esempio palese di come Kojima fosse un passo avanti rispetto alla concorrenza. Il suo incredibile ingegno gli permise d’inserire all’interno di un videogioco la rottura della 4a parete, uno dei topos narrativi più iconici del cinema, ma che prima di allora non venne mai inserito all’interno del gioco.
Il gioco dava l’impressione che Psycho Mantis fosse in grado di far vibrare il gamepad a comando e che riuscisse persino a leggere la nostra mente estrapolando i dati dei nostri salvataggi dalla memory card. Semplicemente leggendario.
Conclusione
Il 22 febbraio del 1999 rimarrà per sempre l’anno di nascita di una delle saghe più belle e importanti della storia del medium. Grazie a Metal Gear Solid oggi possiamo vantare titoli del calibro di The Last of Us e Uncharted, titoli che fanno dello storytelling il loro punto di forza e che cercano, grazie a un ottimo uso della regia, di emozionare il giocatore.
Potremmo continuare per ore a parlarti di questo magnifico titolo, anche perché non abbiamo minimamente parlato del meraviglioso comparto sonoro contraddistinto non solo da delle colonne sonore incredibili, ma anche da un doppiaggio che per l’epoca era tutt’altro che banale.
Speriamo davvero che questo episodio di Old But Gold ti sia piaciuto. Ti invitiamo a rimanere connesso su iCrewPlay per non perderti un nuovo appuntamento con la storia del medium videoludico.