“Che cos’è, in fin dei conti, un ‘videogioco’?”, “Che impatto avranno i videogiochi sul nostro avvenire?” Queste le domande che fanno da sottotitolo e da tema nevralgico al dibattito annuale del colosso dell’industria videoludica cinese Tencent Games (nome originale Tengxun youxi), la cui registrazione è stata pubblicata sul canale ufficiale della divisione sul sito cinese Tencent Video (Tengxun shipin) il 17 gennaio scorso.
Alla discussione hanno preso parte, tra gli altri, Ma Xiaoyi, vicepresidente senior della divisione e Wu Hao, General manager territoriale di Epic Games Greater China.
Dopo una significativa introduzione in cui si riconosce ai videogiochi il ruolo di ‘protettori della socialità’ che hanno avuto durante l’atipico anno appena trascorso, che ha costretto l’umanità intera a lunghi isolamenti casalinghi, la chiacchierata si apre subito presentando alcuni titoli che hanno contribuito a tale singolare socializzazione.
Primo tra i titoli citati è Fortnite, in particolare per quanto riguarda l’evento in-game con protagonista il rapper Travis Scott di aprile 2020, che Wu descrive come un’opportunità non solo sociale, ma anche di scambio culturale, sottolineando la possibilità che i videogiochi, in futuro, entrino nel mondo della didattica in maniera più stabile e regolare. Si prosegue parlando, a tal proposito, di un professore canadese che avrebbe sfruttato la storicità dei titoli della saga di Assassin’s Creed per fare lezione ai suoi studenti.
Sui cambiamenti che i videogiochi hanno esperito nel corso del tempo e che stanno tuttora subendo, Ma Xiaoyi si esprime raccontando la propria quarantennale esperienza come gamer prima e sviluppatore poi. Prosegue esponendo il proprio punto di vista secondo il quale ogni grande cambiamento tecnologico nel corso della storia è avvenuto partendo da attività ludiche: persino l’invenzione della caccia sarebbe nata dal lancio ‘per gioco’ di una pietra.
Ogni attività ludica, va avanti Ma, sarebbe il prodotto a sua volta di un processo di mimesi operato dall’uomo nei confronti di ciò che lo circonda. Ma paragona tale processo ai livelli di realismo che i videogiochi hanno raggiunto nel corso della loro storia grazie ai progressi tecnologici che ne hanno accompagnato (e ne accompagnano tutt’ora) l’evoluzione.
Passando alla riflessione sull’utilità dei videogiochi in ambito sociale e educativo, si tocca il complesso tema dell’unificazione linguistica della Cina, Paese in cui si parlano centinaia di lingue differenti. Ma riflette sull’argomento, citando in particolare due esperimenti videoludici operati da Tencent Games nell’ambito della diffusione del putonghua (lingua cinese standard, n.d.r.).
In primis menziona un coloratissimo titolo mobile chiamato Putonghua xiaozhen, pubblicato nel novembre del 2020. Il villaggio della lingua cinese, questa la traduzione letterale del nome, è dedicato a un pubblico giovane ed incentrato sull’esercizio della lingua.
Il secondo esempio è costituito da Jian, ossia Vedere, sviluppato nel 2019. Questo titolo, anch’esso per dispositivi mobili, ha la particolarità di essere un ‘simulatore di cecità’. Secondo Ma, questo titolo sensibilizzerebbe il pubblico e la società stessa nei confronti delle persone non vedenti, spingendola ad avere maggiori accortezze verso questa fascia di persone che, a detta di Ma stesso, sarebbe eccessivamente trascurata a livello sociale in Cina.
Il dibattito prosegue interrogandosi su come i videogiochi stimolino la ricerca ed il progresso tecnologico. Interviene ancora una volta Ma, il quale definisce il medium videoludico come “il cotone e il carbone dell’Età dell’Informazione”. Tale affermazione sarebbe dimostrata dai risultati ottenuti nel miglioramento delle intelligenze artificiali. Wu accenna anche ai miglioramenti tecnici sul versante estetico, conferendo la dignità di motore mobile della ricerca anche ad altri media quali le serie televisive, arrivando a citare la disneyana The Mandalorian.
Quanto ai videogiochi del futuro, e al futuro dei videogiochi, il professor Yan Feng, docente presso l’Università Fudan di Shanghai, sostiene che la parola chiave sia ‘interattività’. Egli è infatti convinto che i videogiochi non siamo ancora mutualmente interattivi in quanto ancora confinati dentro dispositivi elettronici, ma che in futuro sarà inevitabile una certa indistinguibilità tra ciò che è carne e ciò che è dati, non solo con gli occhi e con le orecchie, ma con vere e proprie sensazioni fisiche a diversi livelli sensoriali.
Dopo aver lodato questo punto di vista come espressione di più ampie possibilità a livello di modus vivendi umano, Dou Wentao, moderatore dell’incontro, prosegue nel parlare della filosofia secondo la quale i videogiochi richiederebbero molto impegno e allo stesso tempo non avrebbero alcuna utilità. A questa teoria egli stesso controbatte, puntualizzando come la tenacia nel completare e/o platinare videogiochi sia uno stimolo per individui di tutte le età a coltivare la virtù della perseveranza e a non arrendersi mai.
Dou stesso conclude il dibattito con una significativa asserzione: “Qualunque cambiamento subiranno i videogiochi, essi sono un prodotto umano, ergo la responsabilità sarà di tutti noi.”