Il tanto semplice quanto riconoscibile logo di Alienware, brand rinomato per i suoi hardware da gaming performanti e scenici al tempo stesso, è scomparso dalle inserzioni e dalle trasmissioni di Riot Games, mamma di League of Legends e Valorant, tra gli altri. A spingere la sussidiaria di Dell ad interrompere la partnership è stata una vertenza legale a carico di Nicolo Laurent, CEO della software house statunitense. Questi si sarebbe reso colpevole di molestie sessuali ai danni di Sharon O’Donnell, sua ex-segretaria la quale si sarebbe licenziata proprio in seguito ai comportamenti insidiosi del suo datore di lavoro.
Sessismo e discriminazione
Le accuse mosse dalla signorina O’Donnell a Laurent sono esacerbate dal fatto che il CEO di Riot è sposato, oltreché dalle ripicche al limite del mobbing alle quali sarebbe andata incontro dopo essersi rifiutata di condiscendere a certe richieste poco professionali.
Riot Games non è nuova alle accuse di maschilismo: si dà il caso che già nel 2018 la casa videoludica abbia subito una burrasca mediatica a causa delle testimonianze di una sua recruiter, la quale, in tre anni di lavoro presso Riot avrebbe ricevuto continui veti riguardo l’assunzione di donne in ruoli di leadership. Le argomentazioni dei suoi superiori dipingevano le donne come “arrampicatrici sociali“, “eccessivamente rigide” oppure “dall’ego smisurato“. Ciò ha portato ad una battaglia legale conclusasi a fine 2019 con il pagamento di dieci milioni di dollari americani di patteggiamento da parte di Riot, accusata di discriminazione di genere.
Questi ultimi sviluppi, uniti ai precedenti di cui sopra, hanno spinto Alienware ad accelerare i tempi d’interruzione della partnership con Riot. Tale cessazione era infatti prevista per il gennaio del 2022, vale a dire dopo circa tre anni di collaborazione. Perdere un partner del calibro di Alienware in questo momento si rivelerà sicuramente un duro colpo per la software house statunitense, la quale di recente ha avviato la ricerca di nuovi collaboratori per la produzione di un nuovo MMORPG ambientato nell’universo di League of Legends.
A tutt’oggi non è stato emesso alcun verdetto riguardo la colpevolezza o innocenza di Laurent, tuttavia se le accuse si dimostrassero fondate, ciò costituirebbe una macchia indelebile sia nella Storia di Riot che in quella del mondo videoludico in generale, che da sempre si propone come inclusivo e contrario ad ogni genere di discriminazione, da quella di genere fino ad arrivare a quella razziale o culturale.