Dopo l’esperienza accumulata durante lo sviluppo del valido War Party, lo studio Warcave è a un passo dal presentarci Black Legend, un nuovo progetto che abbandona la strategia simultanea in favore di un sistema di combattimento a turni, tipico dei più classici videogiochi di ruolo.
Questo giovane team belga nato nel 2017 e da allora interessato all’esplorazione dei due generi, si riconferma dunque motivato ad ampliare il bacino creativo delle Fiandre, a oggi rappresentato straordinariamente dalle opere di Larian Studios.
Da un lato abbiamo quindi chi, negli ultimi anni, è riuscito nell’impresa di svecchiare la formula dei GDR occidentali senza per questo andarla a snaturare, mentre dall’altro un tentativo più modesto di rivolgersi alla stessa fetta di utenza.
Ovviamente un confronto diretto tra le due realtà non avrebbe motivo di esistere, ma trovo sia utile avere ben chiari quali possano essere gli standard qualitativi raggiunti dal genere, soprattutto nel momento in cui mi appresto ad analizzarne un nuovo esponente come Black Legend.
La nuova fatica di Warcave sarà riuscita nel suo intento di avvicinarsi al classico e smussarne alcuni degli aspetti che in molti definirebbero scabrosi? Prima di scoprirlo, direi di fare un tuffo nell’oscurità del mondo fantasy creato intorno all’IP e ispirato al folklore del XVII secolo, periodo storico in cui lo sviluppo del colonialismo era secondo solamente a quello dell’alchimia.
Tra le vie di Grant, dopo il Pandemonio
A causa della sua ottima posizione strategica, non ci volle molto prima che Grant venisse adocchiata dalle nazioni vicine, specie dopo che tra queste scoppiò una guerra i cui venti non sembravano essere destinati a placarsi. Appresa la notizia, il consiglio a capo della città-stato scelse quindi di reagire, motivato a difendere a qualsiasi costo la preziosità di quel dominio.
La migliore delle opzioni, se non l’unica, sembrava essere quella di affidarsi al talento di un alchimista giunto in città: Mefisto. Grazie alle sue conoscenze, egli creò uno speciale intruglio capace di scatenare una nebbia venefica che contrastasse l’avanzata delle truppe nemiche, insieme a un rimedio che avrebbe invece permesso a ogni abitante di sopravviverle senza problemi.
Il piano funzionò e i soldati inviati per mettere a ferro e fuoco le vie di Grant cedettero uno dopo l’altro agli effetti della bruma. Purtroppo però, quando tutto sembrava andare per il meglio l’alchimista misterioso scomparve nel nulla, privando così l’intera popolazione della sola persona in grado di aiutarli.
“Io ero lì, anni fa, durante il Pandemonio, il giorno in cui l’antidoto è finito. Ho visto cosa succede alla gente. L’ho vista trasformarsi in selvaggi nel giro di un istante”.
È all’interno di questo scenario desolato in cui morte e disperazione hanno già ampiamente fatto il proprio corso che Black Legend inserisce i giocatori, chiedendo loro di dare forma a un mercenario che possa in qualche modo rivestire il ruolo di protagonista, pur non mostrando neanche l’ombra di un solido background. I primi segni di quella che potremmo definire una manchevole profondità, si hanno proprio a partire dalla creazione del personaggio.
Persi nella nebbia, in cerca di salvezza
Catapultati alla guida di un piccolo gruppo di mercenari ci troviamo dunque di fronte alle porte di Grant, pronti a raggiungere la cosiddetta Gilda dei Mercanti; il luogo che fungerà da HUB centrale per l’intera durata del titolo. Ha inizio così il nostro viaggio che ci porterà a scandagliare la città in cerca di una soluzione a quel disastro, fra ronde di fanatici e belve mostruose che ne popolano ogni via e recesso.
Sono proprio le fasi esplorative, insieme al sistema di combattimento che tratterò più avanti, a rappresentare uno degli elementi fondamentali di Black Legend. A renderle tanto importanti, oltre al loro permetterci di accumulare risorse come i fantastici beveroni curativi, è la meccanica relativa allo sblocco di nuove classi strettamente vincolata all’equipaggiamento raccolto.
Setacciare la città in cerca di bauli è indispensabile per ottenere ognuna delle 15 classi presenti nel gioco, tutte munite del proprio set di mosse che può essere imparato in battaglia e sfruttato nella creazione del party perfetto. A tal proposito, l’apprendimento delle abilità mediante utilizzo così da poterle equipaggiare liberamente, come d’altronde la facoltà di assegnare a qualunque personaggio qualsiasi dotazione in qualsivoglia momento, riescono a rendere le soluzioni miste un’opzione vantaggiosa e appagante.
Peccato solo che a questo primo sentore di complessità Black Legend affianchi note dolenti come: una gestione dell’inventario inutilmente macchinosa, la mancanza di una mappa consultabile che avrebbe funzionato meglio dei soli cartelli sparsi per Grant e il poter arruolare nuovi mercenari senza che ci sia alcun bisogno di farlo.
Il cuore di Black Legend e la sua aritmia
Vista la banalità delle missioni e l’assenza di dialoghi a scelta multipla degni di questo nome, che avrebbero se non altro potuto acuire quel fiacco senso di immedesimazione, la sola cosa in cui Black Legend sembra impegnarsi è la strutturazione del suo sistema di combattimento. Anche in questo caso però, se da un lato troviamo fattori positivi come le citate classi, dall’altro non mancano soluzioni che mi sento di definire meno brillanti.
Tralasciando un sistema di progresso e level-up semplicemente incapace di dare soddisfazioni, a convincere più di ogni altra cosa è prima di tutto il funzionamento delle cosiddette alchimie corporee, che oltre a caratterizzare ogni conflitto alla pari di quel che avrebbero fatto delle più banali debolezze elementali, aggiunge ulteriore profondità all’insieme di riferimento.
In Black Legend esistono infatti 4 colori ben distinti: rosso (Rubedo), giallo (Citrinitas), nero (Nigredo) e bianco (Albedo), che grazie ad abilità e oggetti consumabili possono essere applicati piú volte su un qualsiasi bersaglio. Dopo aver abbinato tra loro questi diversi accumuli alchemici è sufficiente infierire sul nemico con ciò che viene definito un catalizzatore, ovvero un colpo utile a convertire gli accostamenti cromatici in ingenti danni extra ed eventuali malus.
Per il resto: le abilità passive derivate da classi ed equipaggiamento, il graduale aumento del tasso di critico (Adrenalina) e la maggior efficacia dei colpi inferti lateralmente o alle spalle, non fanno che impreziosire l’elemento strategico di Black Legend. L’ultimo appunto, la cui importanza non dev’essere sottovalutata, va alla discutibile gestione dei nemici che tornando in vita a ogni nostro frequente cambio di zona, spezzano in modo eccessivo i ritmi di gioco già claudicanti.
Il comparto tecnico
Ora che abbiamo passato al setaccio le due principali componenti di Black Legend, prima girovagando per i quartieri di Grant e poi affrontando la gerarchia cultuale dei pazzi che venerano Mefisto, è giunto il momento di dedicarci al modo in cui il prodotto si presenta a noi. Per farlo al meglio, senza l’intenzione di approfondire allo stesso modo aspetti che reputo meno influenti di altri, direi di iniziare dalla pura estetica.
Rimanendo nel campo di tutto ciò che riguarda l’immersività è il caso di elogiare anche il comparto audio: dall’accompagnamento musicale agli effetti sonori, senza dimenticarci del doppiaggio inglese. Inutile dire che non stiamo parlando di una qualità eccelsa, ma gli evidenti sforzi fatti in questo senso rimangono certamente meritori.
Le stesse parole dolci non possono invece essere usate per descrivere gli elementi a schermo che formano l’HUD. La mia speranza, data la stabilità del gioco e il suo essere apparentemente privo di bug rilevanti, è che nelle future patch venga per lo meno aumentata la dimensione di alcune scritte ai limiti del leggibile. Non poter capire facilmente cosa si è appena raccolto è davvero fastidioso.