Tutto ciò che è correlato all’infanzia tende a donarci una sensazione piacevole, con l’aggiunta di un sentimento di malinconia perché si vorrebbe tanto ritornare ai vecchi tempi.
Questo tipo di memoria è ulteriormente rafforzata se ci ricordiamo la “prima volta” di qualcosa, in qualsiasi settore della nostra esistenza. Il saggio proverbio “la prima volta non si scorda mai” è validissimo anche nell’ambito videoludico.
Il mio percorso da gamer in questo straordinario universo è iniziato circa 15 anni fa e il primo videogioco in cui mi sono immerso è Ratchet and Clank, il capolavoro di Insomniac Games.
Quest’articolo di opinione seguirà un andamento paragonabile al romanzo “La Coscienza di Zeno” di Italo Svevo. La comunanza sta nel fatto che scriverò le sensazioni che percepisco ancora, senza aver rigiocato o rivisto nulla dei 4 capitoli della saga di PlayStation 2 e senza seguire necessariamente un filo temporale lineare.
Un po’come fece Zeno Cosini nelle sedute di psicanalisi in compagnia del Dottor S. Questo significa che potrei tranquillamente mischiare i miei ricordi in maniera un po’ viscerale e fortuita, pertanto è raccomandabile che tu abbia già giocato a questi giochi per capire il senso delle mie parole.
Ratchet and Clank: i “Marco Polo” dell’Universo
Sono sempre stato affascinato dalla moltitudine di luoghi proposti in questi 4 videogiochi. Ci sono pianeti, esplorati e salvati da Ratchet and Clank, che mi trasmettono un senso di tenerezza, mentre altri mi caricano di adrenalina o paura, per via della grande pericolosità del territorio.
Diciamo che i primissimi livelli di ogni capitolo mi hanno emozionato dal punto di vista della “tenerezza”.
Il motivo è abbastanza semplice: ogni volta che ho iniziato un nuovo gioco di Ratchet and Clank, sono stato inebriato da quella sensazione di gioia e stupore, tipica emozione che si prova quando si inizia un videogioco.
Quando ho visto per la prima volta il pianeta natale del lombax, Novalis, mi sentivo come se vivessi proprio lì e non sul pianeta Terra.
Nel momento in cui ho iniziato Ratchet and Clank 3 mi sono trovato sempre a Novalis nel primo livello, ma l’apparenza della casa di Ratchet aveva fattezze diverse rispetto al primo gioco.
L’immagine di Ratchet & Clank nel terzo capitolo è matura, perché i due eroi sono universalmente conosciuti come i sergenti di un’armata poliziesca intergalattica, quindi ricoprono un ruolo sociale importante e hanno delle grandi responsabilità.
Invece nel primo capitolo i due erano dei “ragazzini ingenui“, Clank un robottino fuggito dal pianeta natale e Ratchet un semplice meccanico di navicelle spaziali.
Il lombax è un fan di lunga data di un supereroe chiamato Capitano Qwark e per via di questa caratteristica possiamo fare un paragone con un personaggio del mondo degli anime: Deku di Boku No Hero Academia, che vive per rispecchiare il più fedelmente possibile l’eroica figura di All Might.
Ratchet and Clank 2 presenta un set di mappe, che inconsciamente mi ha provocato un senso di mistero. Ciò è dovuto al fatto che gli sviluppatori hanno voluto rendere il mondo più ibrido e tecnologico rispetto al primo gioco, che tutto sommato era più “selvaggio“.
Il ritorno a questo stato selvaggio l’ho sentito in Ratchet Gladiator, data la condizione di “ricatto” che vive il lombax. Per sopravvivere insieme alla crew di Ratchet and Clank 3 deve affrontare delle sfide pericolosissime, che solo un eroe come Ratchet sarebbe in grado di superare.
Tutto questo miscuglio emotivo e sensoriale mi ha portato alla conclusione che Ratchet and Clank non conosce la monotonia: sebbene ci siano dei pattern precisi che si ripetono grossomodo in tutti e 4 i capitoli (un po’ meno in Gladiator), tutte le esperienze sono ben diversificate.
La scoperta della figura del “Boss”
I boss di Ratchet and Clank hanno un fascino intramontabile sotto il mio punto di vista.
E’ proprio a partire dal primo Ratchet and Clank che ho dovuto fare i conti con questi supercattivoni e il primo temibile nemico era un colosso risvegliato dal Capitano Qwark ed è stato affrontato in una specie di cratere.
Ricordo ancora l’ansia e il senso di meraviglia che questo essere mi ha trasmesso e da quel momento in poi ho sempre amato questi scontri epici.
Giocando a Ratchet and Clank 2 ho scoperto una seconda accezione della boss fight, ossia la lotta “opzionale“. Per boss fight opzionale si intende dire avere la scelta di affrontare un villain oppure no, senza avere alcuna incisione sulla trama.
Il mostro che ho combattuto si trovava nel primo pianeta, in una stanza raggiungibile solo con l’ausilio di scarpe magnetiche, che permettevano all’avatar di camminare sui muri.
Secondo il mio parere, la boss fight più emozionante in assoluto di tutta la tetralogia è stata quella finale di Ratchet and Clank 3, contro il temutissimo dottor Nefarius.
Ricordo che ci sono varie fasi da seguire per portare la lotta a compimento e questa strutturazione corposa ha fatto sì che lo scontro col villain robotico durasse parecchio tempo, tenendo conto anche del fatto che i colpi inflitti da Ratchet toglievano davvero poco al boss.
A partire da Ratchet and Clank 2 è stata implementata la meccanica degli scontri nelle arene, tant’è vero che anche in queste occasioni si trovavano vari boss da sconfiggere. Il concetto di arena si è evoluto talmente tanto, fino a diventare il fulcro dell’esperienza videoludica in Gladiator.
A parer mio i boss “delle arene” più carismatici sono quelli di Gladiator, mentre al secondo posto metterei quelli del secondo capitolo.
I veicoli, uno spettacolo incredibile
La guida dei vari mezzi è sempre stata un’esperienza stimolante e appagante. Essi sono molto più presenti in Ratchet and Clank 3 e Gladiator, ma il grande esordio è stato l’utilizzo di un jet militare nel primo capitolo, usato tra l’altro anche nella boss fight contro l’idolo del lombax, Qwark.
Nella famosa boss fight contro Nefarius c’è anche una fase di combattimento svolta con una navicella spaziale, con la quale dobbiamo distruggere l’ultimo robot gigante del magnate della tecnologia.
Nell’avventura di Gladiator abbiamo la massima espressione di creatività in termini di automezzi: i due veicoli che mi hanno impressionato maggiormente sono il “ragno” robotico e il caccia.
C’è un ultimo “veicolo”, che ritengo sia il più originale di tutti: Clank. In alcune sezioni dei primi tre capitoli il robottino si ingigantisce, aumentando esponenzialmente la sua forza distruttiva.
Secondo la mia idea, il migliore amico del lombax riesce a dare il meglio di sé, per quanto riguarda la sua forza bruta, durante le riprese di uno dei suoi più celebri film d’azione, girato durante gli avvenimenti di Ratchet and Clank 3.
Considerazioni finali
Come puoi capire, è molto difficile ricostruire il mosaico narrativo di questa parte della saga perché ti ho accennato pochissimi spunti sulla storia, mentre tutto il discorso si è basato sulle mie sensazioni personali.
Non ho mai avuto l’opportunità di giocare agli altri titoli pubblicati su PlayStation 3 e PlayStation 4.
Probabilmente il fatto che io sia molto attaccato a questa versione “old school” non mi permette di approcciarmi ai titoli nuovi, che trovo molto diversi rispetto a quelli su PlayStation 2.
Ciò non toglie che Ratchet and Clank sia davvero un prodotto valido, degno di essere gustato da qualsiasi appassionato di giochi d’azione.