Se sei un appassionato di fumetti, conoscerai sicuramente i What If? tipici dei comics americani (in particolar modo della Marvel), ovvero pubblicazioni fuori da qualsiasi serie in cui gli autori immaginano situazioni fuori dal comune ponendosi una sola domanda: E Se…?
In Buildings have feelings too! gli sviluppatori di Blackstaff Games fanno un percorso analogo, basando l’intero titolo su quella domanda\affermazione contenuta nel titolo, che diventa quindi una dichiarazione di intenti.
Cosa succederebbe se anche gli edifici avessero dei sentimenti?
Questa premessa è l’unico elemento che ci occorre per inoltrarci in uno dei gestionali più bizzarri e per certi versi innovativo che abbiamo visto recentemente. Naturalmente non c’è una trama, non serve per il tipo di gioco: il nostro compito, nei panni di un edificio vittoriano un po’ anonimo ma intraprendente, è quello di gestire e amministrare la nostra cittadina facendola prosperare e avanzare in un arco temporale che va dal 1900 ai giorni nostri.
Essendo per l’appunto un gestionale atipico amministreremo gli edifici e non le persone che animano la città e che in questo caso sono ridotte a minuscole sagome stilizzate che camminano per strada.
Se pensi che gestire degli edifici, normalmente solidi e inanimati, rispetto al più volubile essere umano sia più semplice, beh ti sbagli di grosso. Avere dei sentimenti li rende molto simili agli esseri umani, nel bene e nel male ed è proprio questo il cuore pulsante del gameplay di Bulidings have feelings too!
Come detto, dovremo amministrare e fare prosperare la nostra città aiutando i nostri simili evitando che cadano a pezzi e rischino di essere demoliti. Potremmo suddividere questo processo in due macroaree: una relativa agli obiettivi che dovremo sbloccare per completare i compiti assegnati e quindi l’area della città e un’altra che riguarda la gestione vera e propria degli edifici.
Il primo passo da compiere, in ogni caso, è quello di costruire gli edifici. Ce ne sono di varia natura, da utilizzare alla bisogna, suddivisibili in costruzioni residenziali, commerciali e industriali. Una volta scelta la tipologia di stabile da costruire, in base a quelle che il gioco ci mette a disposizione sul momento, per evitare che i nostri nuovi amici si deprimano dobbiamo dar loro uno scopo. Nel far questo siamo abbastanza liberi, per cui sceglieremo sempre e comunque avendo in mente gli obiettivi assegnatici; del resto, le neonate costruzioni sono molto indecise sul loro futuro, qualsiasi attività sceglieremo per loro sarà ben accetta.
Attività e tipologia di costruzione vanno a braccetto, anche se ci viene concessa un minimo di libertà: un edificio residenziale non potrà diventare la bottega di un fabbro ma un edificio di uffici potrebbe riconvertirsi un pub e via dicendo.
Si tratta di una possibilità importante per non dire fondamentale nell’economia del gameplay. Gli edifici a nostra disposizione, e gli slot che occuperanno sul terreno, non sono infiniti e nemmeno i mattoni con cui costruirli, ne consegue che talvolta saranno necessari dei cambi in corsa o (ancora peggio) dovremo ritornare sui nostri passi e metterci all’opera in zone già completate.
Questo perchè i mattoni cui accennavo sono ottenibili solamente in due modi: completando gli incarichi assegnati o migliorando gli edifici.
Nel secondo caso emerge chiaramente la natura puzzle di Buildings have feelings too! dal momento che, una volta selezionato il lotto di terra su cui costruire ed identificata la tipologia della costruzione, dovremo bilanciare il tutto tenendo conto di obiettivi e inclinazioni dei palazzi.
Questo frangente ci farà entrare appieno nel vivo del gioco e ci impegnerà a correre da una parte all’altra del quartiere, a cambiare continuamente strategie e piani d’azione con l’unico scopo di mantenere l’armonia. Se gli edifici non avranno un circondario adatto entreranno in depressione, indicata da un cerchio che si riempirà progressivamente di rosso e li porterà a cadere in rovina se non riusciremo ad intervenire in tempo.
Il criterio che dovremo seguire principalmente è quello della contiguità territoriale: un palazzo di uffici starà bene se avrà edifici residenziali e pub o ristoranti nelle vicinanze, mentre una distilleria potrebbe richiedere una ciminiera come vicina di casa.
Oltre all’evidente logica di questo processo, per comprendere meglio come muoverci potremo parlare direttamente con la costruzione in questione che ci suggerirà cosa è necessario per il suo miglioramento, oppure possiamo aprire una sorta di scheda tecnica che ci indica i parametri da soddisfare e quali sono man mano i vicini di casa più indicati.
Per assolvere ai nostri compiti possiamo ricorrere ad uno schema di comandi molto semplificato e talvolta poco adatto allo scopo a causa della sua rigidità, che non ci consente di essere rapidi come la situazione talvolta chiederebbe. Con il già citato tasto X potremo entrare nella scheda dell’edificio, da cui visionare le eventuali esigenze o chiudere l’attività in essere al momento, mentre con i dorsali andremo a spostare l’edificio alla bisogna oppure controllare se nella sua area di influenza ci sono aggiustamenti da fare e vicini da cambiare.
Purtroppo, come già detto, i comandi non sono sempre precisi e questo diventa un problema specialmente quando stiamo spostando una costruzione e il cursore si sposterà rispetto alla location che avevamo in mente. In questi casi si può generare un effetto domino, dovuto allo spostamento dei palazzi contigui all’area di intervento, che può portare alla chiusura delle attività e a farci ricominciare tutto da capo o quasi in men che non si dica.
Un altro piccolo difetto è invece intrinseco alla presentazione scelta dagli sviluppatori: se in un normale gestionale la tipica visuale isometrica adottata ci consente di avere un colpo d’occhio generale e di intervenire rapidamente dove necessario, in Bulidings have feelings too! la scelta di proporre una grafica in 2D (frutto del retaggio da animatori del team di sviluppo) ci obbliga ad attraversare l’intera area di gioco camminando, rallentando il tutto. Oltre ovviamente a rendere necessaria la suddivisione della città in zone attraverso le quali spostarci.