E3, abbreviazione di Electronic Entertainment Expo (fiera dell’intrattenimento elettronico), per noi che trattiamo di videogiochi ogni giorno è una tanto temuta quanto attesa presenza fissa, ma qualcuno si ricorda che manca poco più di un mese al suo ritorno online per l’edizione 2021? Se la tua risposta è no, in realtà ti capisco anche. Il tempo scorre in modo diverso in una pandemia, che lo rallenta in modo quasi letargico solo per chi lo vive (in attesa dei vaccini). Se invece voltiamo lo sguardo verso il calendario del 2020, sembra quasi che il tempo sia volato. Enfasi su “quasi”, ovviamente.
L’E3 che non ti aspetti… letteralmente
Facendo mente locale, però, ci accorgiamo che sì, in realtà buona parte del 2021 ce lo siamo già lasciati alle spalle, e l’annuale buffet di novità dell’industria noto come E3 è quasi tra noi, ma in un’inedita veste online (che, francamente, non sarebbe stata tanto impensabile l’anno scorso). Il motivo per cui potresti averlo scordato è che, se anche le trasferte aeree fossero il tuo pane, stavolta non ci andrai e, organizzatori a parte, non lo farà nessun altro. Non ci sono voli o alberghi da prenotare e, grazie al cielo, non c’è nemmeno da mettersi le mani nei capelli pensando di dover guidare a Los Angeles.
Non c’è 3 senza il Summer Game Fest
L’E3 del 2021 sarà solo online, ed è la prima volta che gli organizzatori hanno effettivamente arrangiato una versione pandemic-friendly dell’evento. Se la memoria ti dovesse ingannare, potresti pure pensare che l’anno scorso la fiera ci sia stata. In realtà no, ci siamo solo accontentati della palla che Geoff “The Game Awards” Keighley ha colto al balzo con il suo “Summer Game Fest”, ovvero un adesivo che i soliti partecipanti hanno potuto applicare alle proprie presentazioni indipendenti. In tal senso, diluire le informazioni da maggio (Xbox) fino a luglio (Ubisoft) a noi avrebbe anche fatto comodo.
Ma in fondo, perché uscire?
Se, come tanti, ricordi lo scorso Summer Game Fest come “la scorsa E3”, allora hai di fronte il problema di fondo che l’evento dovrà affrontare nel 2021 con la sua edizione online. Per anni, si sono susseguiti i più disparati argomenti contro ciò che l’evento ha da offrire. In un’era in cui ogni consumatore armato di interesse (e di connessione ad internet) può accedere alle informazioni con un click, trovare una risposta al perché trascinare lo staff dell’industria da ogni parte del globo ad un grande, costoso e chiassoso evento nel bel mezzo della California ogni anno è sempre più difficile.
Chi non va…
L’E3 ha cambiato forma più volte nel corso degli anni, nella disperata ricerca della propria ragion d’essere con fare adolescenziale, compresa la parentesi del 2007 in cui ha riscoperto le proprie origini elitarie invitando la sola stampa di settore per amor di budget. Con buona pace di siti e riviste che ne hanno rispettivamente beneficiato in visite e copie vendute, nessun esperimento si è dimostrato un successo convincente quanto basta da fare il bis l’anno successivo. Il campanello d’allarme è stato, o quantomeno avrebbe dovuto essere, l’abbandono di Sony due anni fa (e non solo).
… e chi se n’intende
Non che gli altri abbiano abbandonato la nave in massa, naturalmente. Tuttavia, la centralità dell’E3 stava decisamente venendo meno. Prendiamo ad esempio Nintendo, di cui ho avuto il piacere di parlare a oltranza in tutti questi mesi di attività su iCrewPlay. Nella sua lungimiranza, il compianto Satoru Iwata creò un formato così vincente con i Nintendo Direct che tuttora la presenza della Grande N alla fiera si limita a cambiarne il nome in “Digital Event” o, più di recente, evitando di lasciare nulla all’immaginazione chiamandoli “E3 Direct”, con l’occasionale demo che ci evita un volo e un soggiorno in hotel per trenta minuti di gameplay.
Tutto e subito
Proprio per questo dopo quanto visto l’anno scorso non ero sicura che l’E3 sarebbe tornato nel 2021, online o meno. Con la medesima capacità di attirare l’attenzione dimostrata da altre compagnie con presentazioni a sé stanti, viene da chiedersi quale sia oggigiorno il valore dell’evento. La lineup di quest’anno non è male, con la presenza finora confermata di Nintendo e Microsoft, ma è presto per parlare di una risposta alla nostra domanda. A noi sembra solo di rivedere il Summer Game Fest concentrato in un lasso di tempo più stringato, il che può portare anche a meno attenzioni.
Cos’è l’E3 nel 2021?
Se l’E3 è solo un logo da applicare ad uno stream conducibile da chiunque, viene difficile immaginare molte altre edizioni al di là del 2021. Probabilmente ci sono tocchi di classe a cui gli organizzatori hanno pensato per elevare l’esperienza online sopra ogni nostra aspettativa, ma serviranno esperimenti e la conseguente innovazione a cui portano per trarre il meglio dal nuovo formato. Sono corse voci in tal senso sulla possibilità di partnership tra publisher e servizi di streaming, comprensive di demo a tempo limitato per dare l’idea di uno showfloor digitale. Dubito che l’idea regga il confronto con il clamore della demo di Resident Evil Village, ma è un inizio.
E cosa sarà nel 2022?
La pandemia in realtà ha solo anticipato l’inevitabile: ora quel che vogliamo sapere è, l’edizione 2021 sarà un apripista per il futuro online dell’E3, o una rara eccezione per i “comuni mortali” dotati solo di browser al dogma imprescindibile della stanza in hotel sulla costa ovest? L’evento ha giocherellato con una via di mezzo per anni, ma questo ha fatto perlopiù da contentino ai publisher meno inclini alle spese che la fiera comporta. Dopo un paio di edizioni in cui l’esposizione ha fatto il suo lavoro senza palchi e biglietti, giustificare un evento fisico nel 2022 sarà più arduo che mai.
Visibilità ai piccoli
Persino per l’aspetto più puramente industriale ci sono alternative migliori come la GDC (Game Developers’ Conference) ed eventi similari, quindi l’aspetto di pilastro del marketing è l’unica eredità rimasta all’E3. L’anima da “showbiz” dell’evento vive solamente in chiave ironica con le deliranti presentazioni di Devolver Digital, mentre gli unici che ne avranno ancora un gran bisogno sono sviluppatori e publisher minori che necessitano di pubblicità. Ce ne ha dato prova, per fare un esempio come un altro, il “Day of the devs” visto nella prima “edizione” del Summer Game Fest (che, per inciso, tornerà anche quest’anno).
Poterselo permettere
Non che i più piccoli membri dell’industria ne abbiano mai beneficiato enormemente, ma di sicuro (nel loro caso, almeno) la mancanza di un’E3 non farebbe altro che danni. Il passaggio ad un evento solo online aiuta a tenere a galla la barca, ma resta il problema del “troppo in troppo poco tempo”: un publisher di poco conto può ben poco contro una Ubisoft a caso, capace di brillare sia nel dream team losangelino che nel proprio Ubisoft Forward. Quel che sappiamo per certo, ora, è che l’equilibrio tra marketing per i soliti noti e scoperta di nuove perle è la sfida più grande per il futuro della fiera.