IIDEA, conosciuta anche come ex AESVI, ha rilasciato da poche ore il quinto censimento riguardante l’industria videoludica in Italia. I dati forniti direttamente sul sito ufficiale di IIDEA, da cui è possibile scaricare il documento in questione, sembrano essere sia buoni che cattivi. Ma cos’é IIDEA?
IIDEA è ufficialmente l’associazione che rappresenta il mondo videoludico, e il suo sviluppo, su suolo italiano. Abbiamo già avuto modo di parlare di IIDEA grazie al decreto sostegno Tax Credit Videogame firmato il 15 maggio 2021 dal Ministro della Cultura e dell’Economia. E grazie a questo decreto, finalmente possiamo dire che i videogiochi italiani sono a tutti gli effetti parte della cultura italiana, ovviamente se approvati dalla commissione esterna dopo un’attenta analisi.
L’associazione si è battuta tantissimo per poter vedere questo spiraglio di luce infondo al tunnel e la sua missione non è finita qui. Grazie alla collaborazione con IDG Consulting, è stato effettuato questo quinto censimento in grado di stabilire l’andamento dello sviluppo italiano. Il censimento è stato fatto su base quantitativa e qualitativa, osservando le varie potenzialità che, in futuro, l’Italia potrebbe offrire.
Il tutto è stato effettuato online tramite un questionario partito il 24 febbraio e terminato il 1° aprile dell’anno corrente. A rispondere alla chiamata sono stati i liberi professionisti (il 18%), le imprese videoludiche (il 73%) e altri enti (il 9%), tutti italiani e che sviluppano videogiochi su suolo italiano. Le risposte prese in esame, di quelle valide, sono state sulle 160 circa, registrando così un aumento pari al 26% rispetto al 2018.
Però non sembra essere tutti così positivo, in quanto IIDEA ha chiaramente messo alla luce come questo settore abbia ancora bisogno del sostegno politico italiano mettendo nero su bianco un piano di crescita per l’Italia.
Ecco i dati rilevati da IIDEA
Le imprese crescono in maniera esponenziale, tanto da raggiungere un fatturato annuo di 500mila euro. Le società, in questi anni, hanno assunto più personale aumentando i propri dipendenti, un quinto di loro infatti a più di 20; un terzo di loro può essere comunque definita PMI, sigla che viene accostata alle imprese con più di 10 dipendenti. Un ottima percentuale se pensiamo che nel 2018, l’83% di questi dati era formato da microimprese e solo il restante avevano assunto più di 10 dipendenti.
Come specificato prima, il settore videoludico italiano sta creando tantissimi posti di lavoro. Parliamo di professionisti del settore (con competenze tecnologiche, di arte e design, management, supporto e tantissime altre specialistiche) impiegati nella produzione di videogiochi. Rispetto al 2018, abbiamo un incremento di 500 posti in più, per un totale di 1600. Non tutti, però, sono stati in grado di assumere nuovo personale.
Parliamo di una percentuale del 35% negli ultimi due anni, mentre il 59% è in procinto di creare nuovi posti di lavori in questi due anni. A beneficiare di queste opportunità sono soprattutto i giovani sotto i 36 anni. Purtroppo questo dato risulterà essere ancora un po’ traballante a causa della pandemia, che ha costretto tantissime imprese a chiudere contratti con investitori, editori e partner. E questo significa anche che moltissime non potranno assumere.
Almeno per coloro che lavorano fisicamente, dove la pandemia da SARS-CoV-2 ha colpito maggiormente. Infatti, coloro che operano da remoto hanno visto un aumento del proprio business pari al 70%, mostrando interesse a continuare con questa metodologia.
Dove è improntato questo settore, in Italia?
Attualmente, i team di sviluppo creano un fatturato del 94% sul mercato internazionale. L’Italia deve ancora arrancare un pochino per raggiungere i livelli del Regno Unito che ha un’importanza del 73% su scala globale, quindi si è aggiudicato il primo posto; a quanto rilevano i dati sembriamo procedere bene, dove l’aumento dell’appetibilità del Paese a livello videoludico è aumentato del 46%. Al secondo posto troviamo gli USA al 72%. Questi dati, ovviamente, non parlano delle imprese a livello locale che, in Italia, si aggirano attorno al 6% sul fatturato, dato che punta ad aumentare nel corso degli anni espandendosi.
Questo grazie ai contributi dati da investitori pubblici, banche e publisher (gli stessi a cui molte imprese hanno dovuto recidere i propri contratti) dove creano non solo un aiuto concreto alle aziende, ma aumentano anche l’interesse monetario di tantissimi altri verso il settore videoludico italiano. Aumentando questo interesse, ovviamente la percentuale di fatturato si espanderà a macchia d’olio.
Al momento, però, la situazione rimane critica nonostante il miglioramento fatto dal 2018, dove quasi due aziende su cinque, sono attive da più di sette anni, mentre almeno il 73% è attiva da quattro.
“La rilevazione di quest’anno ci restituisce segnali positivi di crescita per le imprese e l’occupazione nel settore e ci dimostra la grande flessibilità e capacità di adattamento che ha avuto l’industria locale rispetto alla pandemia Covid-19”, ha dichiarato Luisa Bixio, Vice Presidente di IIDEA in rappresentanza dei soci developer.
“Per sostenere la crescita del settore in Italia e rafforzare la sua competitività internazionale, è importante che vengano disegnate e messe in atto delle politiche di sostegno a 360 gradi in direzioni diverse e complementari come: supportare lo sviluppo di nuove proprietà intellettuali, rendere l’Italia più attrattiva per gli investitori e per i talenti nazionali e internazionali, investire nell’internazionalizzazione del settore e consolidare e rafforzare il know-how delle imprese italiane”.
Ma questo non inficia sull’interesse delle imprese verso PC e realtà aumentata. Infatti, al primo posto sulle piattaforme d’interesse rimane il tanto amato PC, seguito da mobile (avendo una decrescita rispetto al 2018, dal 29% al 27%), mentre le console sembrano un po’ arrancare nonostante la continua crescita. La realtà virtuale, però, è quella a cui moltissime imprese stanno puntando, tra chi ha già sviluppato titoli a riguardo (circa il 27%) utilizzando le piattaforme Oculus (almeno il 60% dei prodotti) e chi ha in lavorazione alcuni progetti, almeno il 41% di loro.
Le società italiane si stanno facendo talmente tanta strada da permettersi di creare partnership internazionali, come ad esempio Ubisoft Milan che è riuscita a convincere Nintendo sullo sviluppo di Mario + Rabbids Kindom Battle.