Molto spesso il videogioco viene visto come una fuga dalla realtà, un piccolo momento di quiete nel caos della giornata, un modo per staccare il cervello e magari scatenare un po’ di quell’adrenalina rimasta sopita durante il tram tram quotidiano. Proprio per questo si tende a vedere quasi sempre il videogioco come qualcosa di dinamico e veloce, soprattutto al giorno d’oggi, in cui sempre più utenti scelgono di tuffarsi in esperienze online come i battle royale che permettono partite veloci e spesso totalmente prive di contesto narrativo.
Certo, è un discorso molto riduttivo, ma è anche una generalizzazione che in sé cela una parte di verità relativa a quello che è il mercato videoludico odierno. Scrivo questa recensione quando, appena poche ore fa, Ubisoft ha annunciato Assassin’s Creed Infinity, titolo in arrivo non prima del 2024 che cambierà radicalmente la saga degli Assassini per come la conosciamo. Ho bramato il primo capitolo della serie che vedeva come protagonista Altair, non essendo in possesso di PlayStation 3, Xbox 360 o di un PC particolarmente performante ho dovuto ritardare l’appuntamento con la storia fino al 2009, anno in cui ho preso il controllo di un neonato Ezio Auditore che urlava a pieni polmoni i suoi primi vagiti da infante.
L’incontro con Assassin’s Creed II e con quell’avventura tutta italiana mi ha letteralmente stregato e la serie, coi suoi alti e (purtroppo) bassi, ha accompagnato la mia crescita come giocatore e anche come persona, portandomi a proporre i capitoli più validi come utile supporto allo studio della Storia ad alcuni alunni delle medie. Perciò Infinity rappresenta, soprattutto per il me videogiocatore, un segno evidente che le cose stanno cambiando, e purtroppo si allontanano da ciò che vorrei.
Da grande appassionato di narrativa, nel medium videoludico e non, è sempre un piacere rimanere stregato da una storia ben raccontata, soprattutto se, pad alla mano, posso decidere cosa ne sarà degli eventi e delle azioni del protagonista; pertanto è sempre una gioia mettere le mani su opere del calibro di Heavy Rain e Detroit Become Human. Proprio in questo senso, Where the Heart Leads, l’oggetto di questa recensione, si è rivelato essere una sorpresa più che positiva, un titolo che abbandona ogni orpello di gameplay per puntare il tutto su una trama sorprendente.
Di solito le opere Quantic Dream si identificano come film interattivi, nel caso di Where the Heart Leads invece ci troviamo davanti a qualcosa di ancor più narrativo, quasi un libro interattivo, che decide anche di lasciare le immagini, per quanto evocative e ben realizzate, sullo sfondo, mettendo ancora più in risalto la parola e i dialoghi. Analizziamo però più nel dettaglio il titolo, un’avventura narrativa che difficilmente non toccherà le corde dei cuori di più di un giocatore.
Una, nessuna, centomila storie…
Fare constatazioni sulla trama di Where the Heart Leads sarà davvero difficile dal momento che, a dirla tutta, sarebbe preferibile non parlarne! Gli sviluppatori di casa Armature Games infatti si sono raccomandati con tutti i recensori che hanno ricevuto un codice preview di evitare alcun tipo di spoiler sulla trama. Sebbene sia una richiesta abbastanza comune da parte di uno sviluppatore che vorrebbe evitare di mandare in fumo una sceneggiatura scritta, magari per mesi o anni, con cura e amore, da parte degli sviluppatori c’è stata una particolare attenzione su questo preciso punto.
Il perché di questa richiesta è comprensibile avviando il titolo e giocandone i primissimi minuti! Ad accogliere il giocatore ci sarà una terribile tempesta, un evento che sulle prime potrebbe sembrare normale e solamente enfatizzato per rendere il tutto più spettacolare, ma ben presto questa tempesta rivelerà il suo carattere a tratti sovrannaturale e capiremo che dietro il titolo c’è molto più di quanto il giocatore potrebbe aspettarsi a prima vista.
Nella fattoria di Whit, il protagonista di cui vestiremo i panni, questa tempesta ha letteralmente creato un enorme voragine che sembra condurre direttamente al centro della Terra. A scatenare gli eventi però sarà il cane di famiglia, Casey, che ha deciso di avventurarsi sul bordo di questa voragine rimanendo però bloccato lì. Whit si lancerà prontamente al salvataggio e nel recuperare Casey sprofonderà nell’abisso!
Esattamente in questo momento Where the Heart Leads invertirà i ruoli e inizierà a giocare col giocatore stesso! Se il salvataggio di Casey è sembrato in pochissime battute il leit motiv principale del gioco andando a riportare alla memoria l’indimenticabile Heart of Darkness, capiremo ben presto che la vicenda assumerà tratti ben più intimi e onirici, trasportando Whit (e con lui il giocatore) sul viale dei ricordi facendogli rivivere ciò che è stato, o che sarebbe potuto essere.
E sento di aver detto già abbastanza! Sarebbe davvero un peccato rivelare qualcosa che vada oltre l’incipit, in primis perché il titolo si rivela una sorpresa continua e riesce a proporre una narrazione che riesce continuamente a cambiare ritmo e a tratti anche genere, ma anche e soprattutto perché a un certo punto ci sentiremo noi in prima persona gli autori e allo stesso tempo i protagonisti della storia di Whit, più saremo consapevoli del nostro ruolo però e più la narrazione stessa si farà sfuggente, assumendo tratti sempre meno definiti e sempre più onirici fino alle battute finali che rimetteranno in discussione l’intera natura del nostro viaggio.
El Sendero
Come già accennato in precedenza, il gameplay di Where the Heart Leads si rivela a dir poco minimale. Se dovessi proprio inquadrarlo in un genere si potrebbe dire che è poco più di un walking simulator; in questo peculiare genere ci si limita molto spesso a camminare o compiere poche interazioni prescriptate con l’ambiente circostante. Di solito in questi titoli ci si ritrova a esplorare luoghi disabitati (basti pensare a Everybody’s Gone to the Rapture), invece il cammino di Whit cambierà le carte in tavola.
Infatti nel corso del nostro viaggio incontreremo diversi personaggi che hanno contribuito alla formazione di Whit e si sono rivelati importanti per la crescita del ragazzo, che lo hanno reso l’uomo che nelle prime battute del titolo si mostrava più o meno affezionato a Casey o più o meno amorevole nei confronti di sua moglie Casey o dei suoi figli. Sul nostro cammino tra i sogni e i ricordi ci troveremo continuamente davanti a dialoghi che ci vedranno protagonisti o che rimarranno letteralmente sullo sfondo e ognuno di questi contribuirà a farci prendere le decisioni che riterremo più opportune.
Infatti il gioco si regge costantemente sul confronto con gli altri personaggi che si rendere indispensabile per guidare le nostre azioni. Tuttavia, Where the Heart Leads adotta anche la peculiare filosofia del fatto che non possiamo sempre essere i protagonisti di tutto, come accennato in precedenza infatti, alcuni dialoghi si svolgeranno lontano da noi, e se in un primo momento il tutto potrebbe sembrare confusionario, ci renderemo invece conto che si tratta di una precisa scelta stilistica che richiederà al giocatore di fare attenzione (o meno) sul mondo e sui rapporti tra personaggi in continua evoluzione.
Insomma, il titolo ci lascia liberi di creare la nostra storia, di far prendere a Whit scelte che solo apparentemente potrebbero sembrare superficiali, ma che potrebbero rivelarsi sempre più profonde e così da “poco più di un walking simulator” diventa un life simulator, ma nel senso più intimo e introspettivo del termine, soprattutto nel momento in cui le scelte morali si faranno sempre più concrete e sempre più influenti sul mondo onirico che, un po’ alla Inception, stiamo modellando, ma su cui ci renderemo conto di non avere il totale controllo.
Un piccolo accorgimento per godersi al meglio il titolo è quello di regolare le impostazioni prima di iniziare a giocare. Uno dei pochi difetti del titolo infatti riguarda la dimensione dei font, che potrebbe risultare davvero ridotta e rendere il tutto particolarmente frustrante, soprattutto perché la lettura di lunghi dialoghi sarà l’attività principale proposta dal titolo. Fortunatamente, con la patch del day one troverai già delle opzioni che ti permetteranno di regolare la dimensione di font e balloon.
Where the Art Leads
Anche dal punto di vista del comparto tecnico Where the Heart Leads si rivela minimale, eppure davvero convincente! Graficamente, il titolo presenta una grafica quasi cartoonesca da quanto è abbozzata, ci si ritroverà spesso a pensare di essere davanti a un incontro tra Untitled Goose Game e Life is Strange, dal primo vengono ereditati i colori ben definiti e i tratti minimali, dal secondo quei tipici tratti che sembrano pennellate acquerello che rendono i paesaggi quasi indefiniti pur nella loro concretezza.
Per quanto riguarda invece il comparto sonoro, il titolo non propone nulla di nuovo, il tutto sarà accompagnato da una colonna sonora estremamente piacevole e rilassante, composta principalmente da violini e piano, che saprà però rendersi più dinamica e ritmata in concomitanza con gli eventi più significativi del gioco.
In definitiva, Where the Heart Leads si rivela un titolo davvero sorprendente, che lascerà spiazzato più di un giocatore per la sua natura indefinita e originale pur nella sua semplicità; un gioco però non per tutti perché potrebbe risultare a tratti noioso a chi è in cerca di azione, ma imperdibile per tutti gli amanti delle storie che sanno emozionare e far riflettere anche dopo i titoli di coda.