Se ti dovessi chiedere, quali sono quei simboli videoludici che solo guardandoli ti permettono di capire il titolo da cui sono tratti? Si potrebbe pensare alla Lambda di Half Life, al Crimson Omen di Gears of War o all’elmo Spartan di Master Chief. Ma tra tutte queste iconografie una delle mie preferite in assoluto riguarda sicuramente l’amatissimo visore notturno a tre lenti di Sam Fisher, legato alla saga di Splinter Cell.
Ed è per questo e mille altri motivi che ti spiegherò a breve, che il nuovo episodio di Old But Gold si concenterà proprio su Sam Fisher e sulla saga che lo ha reso immortale.
Splinter Cell è la definizione di Stealth Game
Splinter cell vede la luce nel lontano 2002 in esclusiva temporanea per l’allora console primogenita di casa Microsoft ovvero Xbox. Si tratta di uno dei primi veri e propri Stealth puri in cui il protagonista, Sam Fisher lavora per una cellula antiterroristica segreta dell’NSA.
La saga ha sempre avuto una trama il cui core principale era lo spionaggio e la fantapolitica in se ma, soprattutto nei capitoli più recenti, è stato fatto anche un grande lavoro di approfondimento circa il personaggio stesso di Sam, culminato poi con Conviction, il capitolo meno riuscito ma al tempo stesso più strettamente legato al personaggio di Sam Fisher che a una trama classica della saga.
In generale l’obbiettivo di ogni capitolo di Splinter Cell sarà quello di sventare la minaccia di un criminale che ha come obbiettivo il compromettere la salute nazionale, solitamente attraverso attacchi nucleari o informatici.
Il gameplay come punto cardine
Ciò che da sempre ha caratterizzato Splinter Cell e che, durante tutto il corso della saga è sempre stato sapientemente evoluto è il gameplay, che ha sempre mantenuto tratti coerenti e caratteristici andando però a migliorarsi di titolo in titolo.
Il gioco è in terza persona e ci muoveremo all’interno di ambienti realistici disseminati di guardie armate e trappole, come mine antiuomo. Per farla breve lo scopo è andare da un punto A, a un punto B della mappa cercando di non farsi vedere dai nemici sfruttando il level design e senza sparare nessun colpo.
Più facile a dirsi che a farsi, dato la natura molto realistica del titolo, la pazienza, il guardarsi intorno e l’abilità del giocatore sia nel muoversi che nell’utilizzo dei vari gadget che Sam avrà a disposizione sarà fondamentale per il completamento degli obbiettivi e della missione.
Per questo Splinter Cell è un titolo che gode di una certa difficoltà e che sicuramente non è adatta a tutti i giocatori, sopratutto ai meno addicted agli stealth, vista anche l’IA piuttosto scaltra dei nemici.
Oltre ai gadget, Sam può avvalersi di vari movimenti e abilità molto importanti, come arrampicarsi su pali muri e grate, rimanere sospesi su un muro con una spaccata, poter sparare da queste posizioni, scalare con una corda in alcune aree predisposte e varie tecniche corpo a corpo di soffocamento per mettere KO il nemico e che permettono di muoversi con una certa libertà all’interno del level design certosino degli ambienti.
Un’altra cosa che è andata migliorando col tempo è stata la rigiocabilità che, con il terzo capitolo si è sempre poi attestata su altissimi livelli, grazie a un sistema di punteggio che premiava, in base a come avremo giocato, il giocatore stesso con un voto in percentuale che andava dallo zero al 100% di stealth. Questo spingeva gli appassionati (me compreso) a raggiungere la tanto agognata perfezione all’interno di ogni missione che il titolo offriva.
L’aspetto tecnico e i personaggi
Graficamente ci troviamo davanti a dei titoli che non hanno mai avuto niente da invidiare, con un ottima gestione sia dell’illuminazione, che in questo titolo è fondamentale, sia nella cura di ambienti e modellazione dei personaggi, dai principali alle guardie e civili.
Sam ovviamente non sarà da solo durante la missione, ma sarà costantemente contattato da alcuni supervisori di missione nonché amici e personaggi principali della saga. Ci saranno quindi parecchi dialoghi legati alla missione ma anche aneddoti divertenti che ben si sposano al contesto del titolo, il tutto ovviamente in tempo reale durante la missione.
Un altra componente molto divertente riguarda gli interrogatori, infatti è possibile afferrare le guardie per poterle interrogare e ottenere cosi informazioni utili riguardo l’obbiettivo che stiamo cercando di raggiungere e non solo, potremmo costringerle a cooperare per farci superare determinati sistemi di sicurezza o, se la situazione si scalda troppo potremmo utilizzarli come scudi umani.
Il doppiaggio italiano è di ottimo livello con uno spettacolare Luca Ward che presta la voce proprio a Sam Fisher.
Perché è cosi importante?
Questi sono i motivi per cui ritengo Splinter Cell oggettivamente importante per il genere degli Stealth Game, prima di tutto perché ha offerto una visione totalmente nuova e in chiave molto più realistica rispetto a Metal Gear Solid ad esempio, e secondariamente perché Splinter Cell ha saputo sviluppare meccaniche che poi sarebbero state prese da tantissimi altri titoli, compresi titoli che non fanno dello stealth il loro punto focale.
Il personaggio di Sam Fisher non è una semplice comparsa, ma ha un carattere che esce fuori durante le missioni, con reazioni umane e con vicende personali che, alcune volte in modo marginale e altre volte no, va a incrociarsi con la trama dei singoli capitoli.
Il senso di ansia che ti pervade poco prima di afferrare una guardia, il dover muoversi con concentrazione e circospezione cercando di completare al meglio la missione, il tutto contornato da una musica e un atmosfera molto incalzante, fanno di Splinter Cell una pietra miliare che spero, possa tornare a breve con nuovo capitolo.
L’ultimo capitolo della saga si chiama Blacklist, è uscito nel 2013 per Xbox 360, PlayStation 3 e PC.